Tony Gentile – Il fotoreporter che fece l’icona e ne pagò le spese
Gentile di cognome e di fatto. Chi ha avuto la fortuna di conoscere Tony lo sa, ci si trova di fronte ad un uomo particolarmente prestante, alto, sorridente con lo sguardo vispo e curioso, parla in modo pacato ma fermo. Tradisce un accento che volteggia tra il palermitano e il romano, d’altra parte è natio della Sicilia ma la sua carriera viene poi intercettata dall’agenzia fotogiornalistica Sintesi di Roma con cui pubblica reportage sulle più importanti testate nazionali ed internazionali, fino ad approdare alla celebre agenzia Reuters diventando “staff photographer” per coprire eventi di attualità, sport e costume da tutto il mondo.
Avrei voluto poter scrivere di Tony Gentile senza parlare della “sua fotografia” ICONA, ma non credo sia possibile. Come puoi parlare di Alberto Korda senza citare il ritratto di Che Guevara? Impossibile pensare a Dorothea Lange e non farsi venire in mente la “Madre Migrante” o guardare la “Bambina con il pallone” e non immaginare Letizia Battaglia. Questa connessione avviene in tutte le arti. Come puoi raccontare qualcosa di Leonardo Da Vinci senza fare riferimento alla Monna Lisa, eppure il grande maestro produsse opere maggiori di grande valore, ma niente, il pensiero va a finire lì.
La Nona di Beethoven. La Primavera di Vivaldi. I promessi Sposi di Manzoni. Shindler’s list di Spielberg. Il David di Donatello. Picasso e Guernica. Carla Fracci in Giselle. La fontana di Trevi nella Dolce vita di Fellini.
Le icone sono anche un po’ condanne che cancellano il resto e diventano proprietà dell’osservatore. A volte possono anche vivere in piena autonomia. È una storia complicata. A tal proposito mi torna in mente un aneddoto che riguarda Claudio Baglioni: durante un concerto arrivò il momento della sua più celebre canzone, “Piccolo grande amore”. Il cantautore romano, per riappropriarsene, la cantò cambiandone il tempo, allungandola un po’, spalmandola con qualche nota accarezzata dai toni più bassi; all’uscita, in mezzo ai fans, si fece largo una signora piuttosto attempata ma anche inviperita. Si parò davanti al Claudio nazionale e gli mollò una borsettata in testa. Allo sguardo stupito di Baglioni rispose stizzita: “Non ti permettere mai più di cambiare la mia canzone!”. Eh niente, quella canzone non era più dell’autore.
Torniamo alla fotografia. L’icona in questione è quella di Falcone e Borsellino, e so già che proprio adesso, mentre state leggendo, nella vostra testa è comparso il frame in bianco e nero dove uno si sporge sull’altro e sorridente bisbiglia qualcosa.
Tony Gentile “è” quella foto, ma quella fotografia è anche ormai la “nostra” fotografia. Ci appartiene. La conosciamo a memoria, anzi, la riconosciamo e forse ci riconosciamo in essa.
Ferdinando Scianna scrisse: “L’icona, quasi sempre, è un’immagine che rimanda ad un’altra immagine. È qualcosa che più che vedere riconosciamo, è questo che la trasforma in icona”.
Un po’ di storia occorre farla. Quel frame era una semplice immagine di cronaca. Venne realizzata il 27 marzo 1992. Borsellino e Falcone sono al palazzo Trinacria di Palermo per la presentazione della candidatura alla Camera del collega Giuseppe Ayala. I due magistrati parlano a bassa voce, uno fa una battuta ed entrambi ridono. Tony prontamente riprende tutta la scena poi, una volta in camera oscura, sviluppa i vari rullini, stampa i provini e la sequenza non riscuote grande interesse nei giornali, rimane così nel buio di un archivio fino a quel triste 23 maggio.
La mafia, quel giorno di metà primavera, aziona il telecomando che fa saltare in aria l’autostrada uccidendo Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti della loro scorta.
Il mondo si ferma e le rotative dei giornali impazziscono. Ogni fotografia del giudice assassinato diventa portatrice di emozione e cordoglio; Tony riprende le sue ultime immagini e le invia all’agenzia Sintesi, che a sua volta le fa girare per le redazioni dei quotidiani che l’acquistano, ma per il momento la conservano nei loro archivi.
Il momento decisivo arriverà, tristemente, 57 giorni dopo, ovvero il 19 luglio. Un altro telecomando aziona il tritolo che uccide Paolo Borsellino e la sua scorta. I giornali impazziscono per la seconda volta e tutti cercano nel loro archivio una foto di Borsellino e se è con Falcone tanto meglio. Ecco, è il momento di entrare in scena. Adesso il suo significato è immediato. Quella fotografia diventa così: “La fotografia”.
L’immagine che racchiude in sé la sintesi quasi perfetta di ciò che la mafia aveva fatto in meno di due mesi, e viene pubblicata, condivisa, reiterata, sparpagliata, duplicata in modo fulmineo restando impressa per sempre nei nostri occhi.
Racconta Tony Gentile: “Da questo momento in poi diventa un susseguirsi di pubblicazioni, di fotocopie, di manifesti, di magliette, di lenzuoli portati dalla gente durante le manifestazioni, nei cortei, nelle catene umane. Hanno fatto anche piatti e foulard da souvenir italiano. Ma anche manifesti affissi e poi strappati nelle strade strette di Corleone. La fotografia prende vita e si trasforma in memoria collettiva, suggestioni, pensieri, condivisioni, fino a diventare icona. Quello scatto purtroppo ha acquisito il significato che oggi gli diamo per quello che è successo dopo. Altrimenti sarebbe rimasta una foto come tante altre”.
Le icone sono così, quando nascono non lo sanno di avere un destino importante, magari sonnecchiano per anni in archivio, poi accadono cose che cambiano ogni paradigma immaginato e acquisiscono una potenza folgorante da cancellare tutto il resto, disperdendone l’identità e, ahimè, la proprietà dell’autore.
Paradossalmente accade che il valore di un’immagine, quando raggiunge un tale livello di diffusione e un’influenza così profonda sull’immaginario collettivo, diventa automaticamente un bene pubblico di cui tutti possano disporre liberamente, senza che all’autore possa e debba essere riconosciuta la paternità.
Tony Gentile è da anni al centro di una battaglia legale in difesa del diritto d’autore in generale, e della dignità professionale del fotogiornalista in particolare. Una battaglia ancora in pieno svolgimento e, talvolta, ai limiti del surreale, tra le mille contraddizioni del sistema giudiziario italiano e internazionale in tema di fotografia e diritto d’autore, che continua giustamente a far discutere e infiammare il dibattito.
Il discorso sul diritto d’autore, per chi produce fotografia, è immenso e non può essere trattato al meglio in un solo articolo, ma ne parleremo presto proprio qui su PHocus Magazine, in una diretta con l’autore e insieme all’avvocato Domenico Raffaele Addamo per provare a capire i dettagli del perché, Tony Gentile, pur essendo il papà di quella incredibile immagine, sia finito con il pagare di tasca sua migliaia di euro in svariate spese processuali, cause perse contro grandi istituzioni e aziende, giornali, riviste, associazioni e anche una pizzeria tedesca.
Seguiteci sui nostri canali e avrete modo di soddisfare queste curiosità.
Ora però vorrei raccontare “il resto”. Il resto che la benedetta/maledetta, icona, ha velato della carriera di questo eccezionale fotoreporter.
Tony Gentile ha coperto storie di attualità, sport e costume fotografando al seguito di ben tre Papi durante i loro viaggi apostolici in giro per il mondo, è stato il fotografo di importanti avvenimenti sportivi come i mondiali di calcio del 2006 e 4 Olimpiadi. È stato anche dentro la stanza ovale della Casa Bianca presieduta da Obama. Ha raccontato centinaia di avvenimenti tra i più disparati e un veloce giro sul suo sito vi farà capire l’imponenza del suo lavoro.
Ha preso aerei e treni da ogni città per viaggi improvvisi; lavorare per un’agenzia di stampa vuol dire essere pronti a fotografare qualsiasi cosa, a muoversi da qualsiasi parte per qualsiasi destinazione a qualsiasi ora e spesso con estrema rapidità. Può anche succedere di lavorare su una storia anche se materialmente non sei ancora nel luogo dove quella storia si svolge.
Questo irrefrenabile reporter ha pubblicato, tra le altre cose, uno straordinario lavoro a lungo termine sulla mafia in Sicilia: “La guerra, una storia siciliana” (ed.Postcart – 2015) , dedicato ad uno dei periodi più bui della storia del nostro paese: la guerra dichiarata dalla mafia allo stato negli anni ’90. A breve uscirà una nuova edizione con molte fotografie inedite, appena sarà fruibile ve ne parlerò con maggiori dettagli.
Oggi si dedica anche a progetti fotografici e video-documentaristici, uno dei più interessanti che mi ha emozionato è “Below deck – Traces of migrants’ unfinished journeys” un lavoro video e fotografico sugli oggetti ritrovati dai cadaveri di circa 90 uomini, donne e bambini che sono morti a bordo di tre diverse barche nel tentativo di raggiunge l’Italia dal Medioriente. La polizia ha conservato gli effetti personali: una collana di perline, oggetti religiosi sia cristiani che musulmani, una foto di matrimonio, un abbonamento per l’autobus di Istanbul, tutte potenziali prove per identificare i cadaveri e anche da utilizzare in tribunale contro i loro trafficanti.
Un’altra indagine fotografica, sensazionale, realizzata con la Reuters, è quella sulle dodici ragazze dello Sporting Locri: “Taking a stand in Italy’s south”. Giovani eroine che si sono rifiutare di cedere alla paura quando il presidente del club ha raccontato di aver ricevuto minacce dalla mafia per farle smettere di giocare.
Queste e altre storie sulla pagina di Tony Gentile della Reuters.
Tony Gentile tiene workshop ed è in prima linea in un progetto di sensibilizzazione civile finalizzato alla necessaria modifica della legge sul diritto d’autore.
Approfondimenti:
https://widerimage.reuters.com/photographer/tony-gentile
https://widerimage.reuters.com/story/taking-a-stand-in-italys-south
Blog con le storie dei suoi reportage: http://www.tonygentile.it/blog/
Altri articoli di questo autore
Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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