La vita del progetto: una fotografia ‘non statica’.
L’intuizione di Zielony è acuta. Vivificare gli edifici di Rossi è un atto di contestualizzazione dell’architettura nell’hic et nunc della scena odierna.
Mentre ‘ars gratia artis’ [est] (l’arte per l’arte), l’architettura trova compimento nell’incontro con chi la abita: il progetto è una forma di creazione per l’uomo, che in uno scambio ossimorico, ne diventa co-protagonista. Le opere dell’artista tedesco, che già ha assaporato la Napoli brutalista lavorando sulle Vele di Scampia nel 2010, sono una combinazione tra forme architettoniche e ritratti. La sua ricerca non è un reportage civile, ma un iter estetico-cinematografico tra ciò che accade nel mondo reale e ciò che si compone dietro l’obiettivo. Lo studio delle condizioni urbane meno sofisticate non si traduce in giudizio, ma in rivelazione delle stesse. I microcosmi che si generano tra le mura di Rossi sono alveari attivi di personalità -outsiders- che dialogano tra loro e con gli spazi tramite un alfabeto che Zielony riesce a tradurre.
Tutti gli scatti sono serali, ma estremamente lucenti. Questa è un’altra dicotomia che l’artista evidenzia: il cemento del complesso residenziale di Piazza Grande ai Ponti Rossi, della Casa del Portuale nella zona di via Marina o della Chiesa di Santa Maria della Libera e del Santissimo Redentore di Portici si fa tela di un gioco di luci che risveglia le architetture.

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