Il confine increspato tra il quotidiano e l’inverso
Essere teletrasportati nella quotidianità rassicurante di Hawkins, una cittadina dagli aromi retrò degli anni ’80, e successivamente in un mondo parallelo – l’Upside Down – dove il tempo, la luce e persino la realtà stessa sembrano ribaltarsi, diventa molto facile seguendo Stranger Things. Questo dualismo è realizzato con una cura quasi maniacale dal punto di vista cinematografico, grazie a scelte tecniche che si intrecciano con una narrazione densa di significati. Perché la scienza, il destino, la tecnica, a volte non si può spiegare tramite le parole, tramite un copione, ed è per questo che un regista invoca luci, pellicole, tecniche, strumenti… e la percezione diventa magia.

Giungere agli anni ’80 previa ARRI ALEXA LF
Nel mondo reale, la serie abbraccia una palette ispirata agli anni ’80: luci naturali, toni caldi e morbidi, e una resa cromatica che ricorda le immagini dei vecchi obiettivi Leica. Questi strumenti, noti per la loro capacità di catturare texture e tonalità con una certa “calore” nostalgico, sono stati scelti per enfatizzare l’idea di un’epoca passata, in cui ogni scena quotidiana – dalla luce tremolante dei lampioni alla luce dorata del tramonto – diventa un’ode al passato.
Mi sono documentata, gironzolando qua e là: con l’evoluzione della serie, si passa all’impiego delle ARRI ALEXA LF. Ebbene… non ne conoscevo l’esistenza ma sembra essere uno strumento che permette una resa più raffinata dei dettagli, una migliore gestione del contrasto e una flessibilità maggiore in fase di color grading. Il passaggio tra il mondo reale e l’Upside Down viene reso con un cambio radicale: mentre il primo è illuminato in maniera naturale, il secondo si caratterizza per un’illuminazione a basso key, con elevato contrasto, con ombre profonde e colori saturi che sfumano in tonalità freddi… per rendere l’idea di ultraterreno e sovrannaturale.
Il contrasto non è quindi solo visivo, ma diventa un vero e proprio linguaggio che separa due realtà: nelle scene ambientate nell’Upside Down, il color grading diventa uno strumento narrativo, capace di trasmettere ansia e inquietudine, quasi a voler sottolineare la presenza di un “altro” che invade il quotidiano. Un “dualismo cromatico” che diventa fondamentale per evidenziare il passaggio dal calore rassicurante della normalità alla freddezza alienante dell’alterità, il passaggio da una realtà rassicurante a un universo ostile, dove il tempo e lo spazio si deformano. In questo senso, l’Upside Down diventa una sorta di rituale visivo che costringe i personaggi (e lo spettatore) a confrontarsi con l’ignoto e a mettere in discussione la stabilità del proprio mondo interiore ed esteriore.
Parallelamente alla narrazione, l’impiego delle ARRI ALEXA LF ha svolto un ruolo cruciale nel definire l’aspetto estetico di Stranger Things. La ALEXA LF, dove “LF” sta per “Large Format”, è una delle cineprese più sofisticate e apprezzate nel panorama cinematografico contemporaneo, soprattutto per la sua capacità di catturare immagini con una resa dinamica e una profondità di colore che si avvicina al look della pellicola. Il sensore large format permette di ottenere una maggiore superficie visiva, con una risoluzione e una qualità d’immagine superiori, che si traducono in dettagli estremamente ricchi e una resa tridimensionale. Questo è fondamentale per ricreare un’atmosfera cinematografica autentica e per sfruttare al massimo le capacità del color grading in post-produzione. Uno dei punti di forza della ALEXA LF è il suo eccezionale range dinamico. Ciò significa che la cinepresa è in grado di gestire una vasta gamma di livelli di luce, mantenendo dettagli nelle ombre e nelle alte luci. Le ARRI ALEXA LF offrono una color science molto apprezzata dai direttori della fotografia per la sua capacità di riprodurre i toni della pelle in maniera naturale e di conferire una qualità quasi “organica” all’immagine. Questo si sposa perfettamente con l’obiettivo di Stranger Things di evocare una nostalgia visiva degli anni ’80, ma con una resa moderna e tecnicamente impeccabile. La transizione tra i vecchi obiettivi Leica, con il loro calore e morbidezza, e la ALEXA LF, che dona un look più definito e controllato, rappresenta una scelta deliberata per accentuare il dualismo fra i due mondi narrativi.

Uno specchio che distorce
Guardare Stranger Things è un’esperienza quasi ipnotica: da un lato, si percepisce il calore di un tempo ormai andato, mentre dall’altro, il passaggio nell’Upside Down è un tuffo in un incubo visivo, parallelo e inquietante. Questo contrasto mi ha sempre fatto riflettere sulla fragilità del nostro quotidiano e sul potere che hanno le memorie e i simboli per trasformare la realtà in qualcosa di quasi mitico.
Stranger Things racconta la formazione dell’identità e del senso di appartenenza. I giovani protagonisti, immersi in un’epoca che celebra la condivisione e la semplicità delle relazioni umane, si trovano a fronteggiare l’invasione di un mondo parallelo che li costringe a confrontarsi con paure ancestrali. L’Upside Down, con il suo aspetto minaccioso e surreale, può essere letto come la manifestazione delle paure collettive, dei traumi reconditi e delle angosce di una società in rapido cambiamento.
La dicotomia tra realtà e alterità rispecchia l’archetipo del “viaggio dell’eroe”: il salto nel mondo sconosciuto è il rito di passaggio che trasforma i protagonisti, costringendoli a rivalutare le proprie radici, le proprie relazioni e il senso stesso di comunità. Il contrasto tra l’illuminazione naturale degli ambienti familiari e l’oscurità dell’Upside Down diventa così metafora di una dualità intrinseca all’essere umano: la lotta tra il desiderio di stabilità e l’inevitabile confronto con il lato oscuro dell’esistenza.
L’Upside Down rappresenta ben più di una semplice dimensione parallela all’interno della narrazione di Stranger Things. È una manifestazione visiva e concettuale del lato oscuro, del subconscio collettivo e individuale, una sorta di “specchio distorto” in cui le paure, i traumi e le ansie si materializzano. Questa dimensione alternativa non è soltanto un espediente narrativo per creare tensione o horror, ma diventa il simbolo di un’alterità intrinseca alla condizione umana, funge da metafora per quei luoghi interiori e sociali in cui la normalità si frantuma. È l’espressione del disagio esistenziale, del senso di alienazione che spesso purtroppo caratterizza le società moderne. In un’epoca in cui il conformismo e la nostalgia per il passato convivono con la minaccia di un futuro incerto, questo mondo alternativo diventa una rappresentazione visiva della tensione tra ordine e caos, tra la sicurezza di un “mondo reale” idealizzato e l’inquietudine di una realtà oscura e incontrollabile.

L’archetipo dell’ombra
In termini simbolici, l’Upside Down richiama l’archetipo della “ombra” descritto da Carl Jung. Narrativamente so che non è così, Will si è perso, è stato rapito, và “ritrovato”, Eleven è una sorta di cavia nelle mani di coloro che si presentano come scienziati, ma mi piace andare aldilà e pensare al lato non detto di ogni cosa e mi piace vederlo come l’insieme delle parti represse, dei desideri oscuri e delle paure che il nostro Io conscio cerca di ignorare. La rappresentazione visiva di questo mondo – fredda, spoglia, dominata da toni violenti e ombre pervasive – ci ricorda che ogni realtà ha un lato oscuro, un “altrove” che, pur essendo parallelo, è inestricabilmente connesso al nostro quotidiano.
Carl Gustav Jung, psichiatra e psicoanalista svizzero, ha sviluppato il concetto di “ombra” come parte fondamentale della sua teoria dell’inconscio collettivo. Per Jung, l’ombra rappresenta tutti quegli aspetti della personalità – emozioni, desideri, impulsi e tratti caratteriali – che l’io cosciente tende a reprimere, negare o ignorare perché considerati inaccettabili secondo le norme sociali o personali. Questi contenuti, sebbene oscuri e spesso contraddittori, costituiscono una parte indispensabile dell’essere umano e, se integrati consapevolmente, possono portare a una maggiore completezza psichica. Mi ha ricordato questo, concettualmente. L’ombra non è semplicemente il “male” in senso morale, ma un deposito di potenzialità, energia creativa e verità nascoste, che richiede riconoscimento e integrazione per consentire uno sviluppo personale autentico.
Affiancando il concetto junguiano dell’ombra, un altro tema antropologico e mitologico che si presta a essere collegato all’Upside Down è quello chiaramente del Mondo Sotterraneo o Oltretomba. Fin dai tempi antichi, le culture di tutto il mondo hanno concepito l’esistenza di una dimensione nascosta, un regno sotterraneo in cui risiedono spiriti, dei o entità misteriose e dove si nascondono i segreti della vita e della morte. Come l’ombra di Jung, il Mondo Sotterraneo rappresenta il lato oscuro e nascosto della realtà, il luogo dove si celano le forze primitive, il caos e la potenzialità trasformativa. È spesso percepito come l’opposto del mondo luminoso e ordinato in superficie, incarnando il mistero, il pericolo e l’ignoto. Molte mitologie (come quella greca con il regno di Ade, la mitologia egizia con Duat o il concetto di “Otherworld” nelle tradizioni celtiche) vedono il viaggio nell’oltretomba come un rito di passaggio fondamentale per l’eroe. Questa discesa rappresenta la necessità di confrontarsi con le proprie paure e i propri lati oscuri per poter emergere trasformati e più completi. Il percorso attraverso il Mondo Sotterraneo è spesso associato a un processo di morte simbolica e rinascita, in cui il protagonista deve abbracciare la propria oscurità per poter accedere a una nuova forma di consapevolezza o potere. Questo ciclo di distruzione e rigenerazione rispecchia il bisogno dell’individuo di integrare e riconciliare le parti represse della propria psiche.

Dimensioni parallele
L’Upside Down di Stranger Things si presta perfettamente a questa lettura. È una dimensione parallela che riflette, in modo distorto e inquietante, il mondo reale: un luogo oscuro, freddo e pericoloso che incarna le paure represse, il caos interiore e la fragilità dell’ordine umano.
In questo contesto, il viaggio in questa dimensione parallela diventa un rito di passaggio, simile alla discesa nell’oltretomba che, secondo i miti antichi, è necessario per ottenere una maggiore conoscenza di sé. La serie ci invita a confrontarci con quell’alterità che, sebbene minacciosa, è parte integrante della nostra esistenza, proprio come l’ombra, che se integrata porta a una maggiore completezza dell’Io.
Stranger Things non è solo questo, è chiaro, ma l’Upside Down è una parte sicuramente affascinante degna di nota, concettualmente e perché rimanda a varie teorie, a varie interpretazioni, varie percezioni, ma anche cinematograficamente, per i colori, per le tecniche utilizzate.

Affrontando il buio
Una serie che esplora la dualità tra il mondo reale e l’ignoto, tra l’innocenza dell’infanzia e gli orrori dell’età adulta, tra la luce e l’oscurità, una rappresentazione visiva del conflitto che attraversa ogni personaggio: il desiderio di normalità contro il richiamo del pericolo e della verità.
Ma se Stranger Things affascina per il suo universo visivo e narrativo, ciò che la rende davvero speciale è il cuore che batte al centro della storia: anche i suoi personaggi. Tra tutti, uno dei legami più profondi e toccanti è quello tra Jim Hopper ed Eleven. Hopper, inizialmente un uomo spezzato dalla perdita della figlia, trova in Eleven una seconda possibilità per essere padre. Il loro rapporto è costruito su momenti di fragilità, incomprensioni e scontri, ma anche su un amore profondo e incondizionato. Hopper non è il classico eroe senza macchia, è un uomo burbero, spesso impulsivo, ma con un cuore enorme, capace di mettersi in gioco e di sacrificarsi per proteggere la sua famiglia ritrovata.
Eleven, d’altra parte, è una bambina cresciuta nell’isolamento, senza una vera figura paterna, e il legame con Hopper le offre qualcosa di più prezioso di ogni potere sovrannaturale: un senso di appartenenza, una persona che la ama per quello che è, un porto sicuro, una casa che non è una stanza, che non è una luce, che non ha pareti bianche, che non si avvicina minimamente alle mura spoglie viste fino a quel momento e dalle quali è scappata. La loro relazione è una delle più autentiche e commoventi della serie, capace di regalare momenti di straordinaria dolcezza, come il famoso discorso di Hopper sulla crescita e sul dolore che ne deriva, ma anche di profonda disperazione, come quando Eleven crede di averlo perso per sempre.
In un certo senso, il rapporto tra Hopper ed Eleven riflette l’essenza stessa di Stranger Things: la capacità di affrontare il buio grazie alla luce delle persone che amiamo. L’Upside Down non è solo un luogo fisico, forse è una metafora di tutto ciò che ci spaventa, di tutto ciò che rischia di inghiottirci se restiamo soli. Ma la famiglia, l’amore, l’amicizia, la conoscenza, la caparbietà offrono il coraggio di affrontare l’ignoto insieme.
Alla fine, Stranger Things è una storia di crescita, di perdita e di resistenza. Ci ricorda che, anche nei momenti più bui, anche quando sembra che tutto sia perduto, c’è sempre una luce che può guidarci fuori dall’oscurità. A volte quella luce è un gruppo di amici in sella a una bicicletta, a volte è un padre imperfetto ma pieno d’amore che fa di tutto per proteggere sua figlia. E forse, alla fine, è proprio questo il messaggio più potente della serie: il vero eroismo non sta nei poteri straordinari, ma nell’ordinario.
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