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Sabine Weiss: La poesia dell’istante

di Maria DI Pietro

Il 28 dicembre del 2021 ci lascia all’età di 97 anni Sabine Weiss, una delle più grandi donne fotografe e viene a mancare proprio durante la più importante retrospettiva a lei dedicata, alla Casa dei Tre Oci a Venezia.

Quasi centenaria si rende conto che i suoi archivi rappresentano un valore storico e documentario e, nel 2017 decide di affidarli, dopo la sua morte, al Musée Photo Elysee di Losanna, in Svizzera.

Naturalmente indipendente, non essendosi mai sentita dominata, dimostrando sempre una curiosità per il mondo e la sua gioia nell’osservarlo, Sabine Weiss è simbolo di coraggio e libertà per tutte le donne fotografe.

La fotografia di Sabine Weiss è costruita sulla precisa consapevolezza che per imparare a guardare occorre conoscere quella che può definirsi una vera e propria “sintassi delle immagini”.

La sua fotografia definisce confini visivi per poi avventurarsi in improvvise aperture, piccolo e grande si confonde, senza pregiudizi, incrocia molteplici strade.

“Ho sempre sentito il bisogno di denunciare le ingiustizie attraverso le mie foto… era l’epoca tra la fine dell’occupazione tedesca e l’inizio dell’americanizzazione, Parigi era veramente Parigi e la provincia corrispondeva all’idea che mi facevo di essa. Un periodo magico tra il bunker e il grattacielo, quando i cavalli dei gitani si imbizzarrivano nei terreni incolti delle Porte de Vanves, terreni misteriosi che hanno lasciato il posto alle ondate di automobili che girano instancabilmente intorno a Parigi.

E’ lì che facevo tantissime foto di bambini, sempre qui ho scattato le foto degli innamorati… per altro, succedevano molte cose nelle strade di Parigi perché i bambini giocavano all’aperto e si vedevano un sacco di scene che non esistono più oggi… la televisione non ci monopolizzava ancora, giravamo molto meno in macchina e, credo, ci prendevamo il tempo di vivere, di guardare.

Sono divorata dalla curiosità: vorrei poter entrare in ogni casa, scoprire le vite degli altri. Qualche volta entro in luoghi vietati. Con la mia macchina fotografica, stabilisco un dialogo con gli sconosciuti.

Nascondo la mia timidezza e i miei scrupoli dietro l’obiettivo.

Tuttavia, vieto a me stessa di fotografare scene che potrebbero ferire il soggetto, o che mi sconvolgono troppo.

Ce ne sono di troppo intime, troppo pericolose o semplicemente inaccessibili.

Amo l’attesa, che le cose mi vengano in contro, che l’evento ed io ci incontriamo a metà strada.

Nata in Svizzera nel 1924 e trasferitasi a Parigi nel 1946, diventando poi cittadina francese, Sabine Weiss è rappresentata nelle mostre Post-War European Photography(1953) e The Family of Man, l’album fotografico del dopoguerra del grande Edward Steichen che raccoglie 503 fotografie di 273 autori provenienti da 68 paesi (1955) organizzate nel Museum of Modern Art a New York (1955), e ha goduto di una mostra personale all’Art Institute of Chicago (1954), prima che la Biblioteca Nazionale di Francia mostrasse le sue foto alla Mostra Nazionale di Fotografia nel 1955, 1957 e 1961.

I suoi scatti sono apparsi su Vogue, il The New York Times Magazine, Life, Newsweek, Point de Vue – Images du Monde, Paris Match, Esquire, Holiday. Fino agli anni 2000 Weiss non ha smesso di lavorare per la stampa illustrata francese e internazionale, per molte istituzioni e marchi, collegando reportage, foto di moda, pubblicità, ritratti di personalità e soggetti sociali. La catalana di Parigi, Marta Gili, allora direttrice del Jeu de Paume, le ha dedicato la sua prima retrospettiva museale nel 2016.

Per celebrare la pioniera di quella che in seguito divenne nota come la ‘fotografia di strada’, l’ultima esponente della scuola di fotografia umanista francese del secondo dopoguerra, che ha reinventato i poteri evocativi delle immagini espressi da grandi come Robert Doisneau, Willy Ronis e Brassai, La Casa dei Tre Oci di Venezia le dedica il primo tributo internazionale con la mostra che aprirà l’11 marzo 2022, una personale per la quale Sabine Weiss stessa aveva aperto i suoi archivi di Parigi.

Il percorso espositivo, curato da Virginie Chardin, con oltre 200 opere e importanti documenti d’archivio, testimonia la carriera di questa straordinaria fotografa, unica donna a rappresentare la scuola umanista francese.

Nella sua carriera lunga quasi 80 anni, la fotografa ha catturato la condizione della gente comune nella capitale francese, spesso all’aperto, in un corpus di opere che sono state mostrate in importanti retrospettive in tutto il mondo.

Il suo lavoro è stato esposto in 160 mostre e fa parte delle collezioni permanenti di diversi importanti musei, tra cui il Museum of Modern Art e il Metropolitan Museum of Art di New York, e il Centre Pompidou di Parigi.

Questo excursus di mostre, premi e riconoscimenti sono stati vissuti da Sabine con estrema consapevolezza che la necessità della sua fotografia, non era mai legata ad un riconoscimento artistico, al successo o simili.

Il suo istinto a fotografare era appunto la necessità di raccontare l’istante e renderlo voce.

La retrospettiva a lei dedicata a Venezia, è ancora poco per ringraziarla, nonostante gli renda omaggio con grande magnificenza. Venezia le ricambia bellezza, quasi a ricordarla quando anni fa passeggiava in laguna e immortalava volti e scorci della città. La casa dei Tre Oci si trova alla Giudecca, distante almeno un pò dal frastuono turistico, e regala quella piccola intimità indispensabile per ascoltare la voce di Sabine Weiss che trapela dai suoi scatti.

Il percorso riserva ampio spazio anche ai lavori realizzati a partire dagli anni ‘80, all’età di sessant’anni, durante i suoi viaggi in Portogallo, India, Birmania, Bulgaria ed Egitto. Come osserva la curatrice Virginie Chardin, «in essi si registra una straordinaria vivacità intellettuale con note sentimentali, incentrate sulla solitudine, sulla fede e sui momenti di riflessione dell’esistenza».

Di certo le nostre esistenze dinanzi a questa fotografa, per un istante o tutto il tempo che ne attraversa, si cullano sull’essere migliori, ritrovare, per chi viaggia quotidianamente con in mano una macchina fotografica, quella fotografia umanista che poneva al centro delle proprie ricerche l’essere umano inserito nei suoi vari contesti sociali, per rivendicare cura, attenzione, uguaglianza, laddove c’era indifferenza e ingiustizia.

In Mostra

SABINE WEISS

LA POESIA DELL’ISTANTE

VENEZIA / TRE OCI

11.03 > 01.11.22

https://www.treoci.org/it/

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