Migliaia di persone fuggono da violenza e conflitti attraverso la penisola balcanica, per raggiungere i paesi dell’Unione Europea.
La rotta balcanica da anni è un vero e proprio limbo umanitario, con migliaia di persone che transitano e sostano in condizioni disumane e dove persecuzioni e violenze sono diventante sistematiche.
Questa rotta non è recente come tanti credono, ma ha una storia lunghissima che appartiene alle tante persone in fuga soprattutto dall’area del Medio Oriente e Asia Occidentale. Negli ultimi anni, sicuramente, è diventata la rotta più percorsa verso i Paesi Membri della Ue con oltre un milione di persone dal 2015. Recentemente i riflettori si sono riaccesi sulla rotta balcanica il 23 dicembre 2020, quando un devastante incendio ha distrutto completamente il campo di Lipa, in Bosnia, che in quel momento ospitava poco più di mille persone, molte delle quali respinte dalla polizia croata. A riaprire la delicata questione e smuovere le coscienze ci hanno pensato le foto dei tanti disperati in fila nel bianco della neve per ricevere un pasto caldo e una coperta.
Il confine croato-bosniaco rappresenta tecnicamente l’ultima possibilità di bloccare le persone in fuga perché dopo quel confine inizia la UE. Questo ha innescato una spirale di continui e violenti respingimenti. Secondo i dati elaborati dal “Danish Refugee Council”, nel periodo da marzo 2019 ad ottobre 2020, le persone respinte dalla Croazia verso la Bosnia sono state oltre 22mila; il 70% di loro ha subìto forme di violenza di vario genere, comprese la tortura. Molte di queste violenze sono state debitamente raccontate dalle vittime e dimostrate. Si tratta di eventi che delineano il più esteso e sistematico uso della violenza verso tutti coloro che provano ad entrare in Europa per cercare riparo da guerre, carestie, regimi e altre forme di buoni motivi per fuggire dai loro paesi.
L’Europa negli ultimi anni ha scelto di esternalizzare i propri confini per far fare ad altri il “lavoro sporco”. L’Italia ha stretto patti con la Libia, la Spagna con il Marocco, la Grecia (attraverso l’Europa) con la Turchia, mentre i croati si sono dimenticati probabilmente di far parte di quell’Europa che questi crimini dovrebbe condannarli.
Il mio ultimo viaggio verso quei confini mi riporta indietro a vecchie ed identiche situazioni di tende, vecchie fabbriche abbandonante, fango, freddo. Ho incontrato infatti ragazzi giovanissimi che hanno tutti una storia diversa e un unico sogno: entrare in Europa. Personalmente mi rifiuto di parlare di emergenza umanitaria. Basta guardare i numeri. L’OIM stima che in Bosnia ci siano circa 11 mila persone sparse tra quelli campi ufficiali e accampamenti di fortuna (gennaio 2021). Undicimila persone sono la curva di una squadra di seconda categoria. Non possiamo accettare che undicimila persone che vogliono proseguire per più paesi in Europa siano un problema. Il vero problema e l’unica emergenza restano la violenza della polizia e l’assenza della UE nella gestione di queste situazioni inaccettabili.
Siamo a maggio ’21. Andati via fotografi e giornalisti restano campi e tende piene di persone, per fortuna c’è il sole.
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Francesco Malavolta
Francesco Malavolta è un fotogiornalista iscritto all’OdG della Calabria, impegnato da oltre vent’anni nella documentazione dei flussi migratori che interessano il nostro continente. Gli ultimi segnati da un intensificarsi senza precedenti delle migrazioni stesse. Un lavoro svolto in un contesto spazio-temporale in costante mutamento che lo ha portato a viaggiare lungo i confini di una Europa sempre più blindato e difficile da raggiungere via terra o via mare. Da 9 anni collabora con la Comunità Europea, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, varie agenzie di stampa internazionale come Associated Press, nonché organizzazioni internazionali quali UNHCR e OIM.
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