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Roman Vishniac – Sulla cartografia fotografica dell’Apocalisse (Parte I)

di Pino Bertelli

“Vorrei parlarvi francamente di un argomento molto importante.

Di un argomento di cui possiamo parlare tra noi, ma di cui non dobbiamo far parola davanti agli altri.

L’argomento è l’evacuazione degli ebrei, lo sterminio del popolo ebraico.

Il popolo ebraico sarà sterminato, dice ogni iscritto al partito.

Non ci sono dubbi, è nel programma. Eliminazione degli ebrei, sterminio”.

Heinrich Himmler

Discorso pronunciato il 4 ottobre 1943, al Congresso dei generali di Posen.

 

  1. Sulle fotoscritture dell’antisemitismo

 

Le radici della barbarie nazista e dello sterminio di un intero popolo, emergono dalla ghettizzazione e persecuzione degli ebrei già nel racconto biblico di Mosè (XIII secolo a.C)… secondo la Bibbia, nei pressi del monte Oreb, Mosè s’accorda con Dio o viceversa, e dopo aver invocato le “dieci piaghe d’Egitto”, sconfigge il faraone e permette la liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù… l’Esodo verso la Terra di Israele sarà lungo tre mesi… Mosè riceve la chiamata del Signore sul Monte Sinai, dopo tre giorni di purificazione il Signore/Dio gli consegna le Tavole di pietra sulle quali ha scritto con la folgore i Dieci comandamenti e parla per sua bocca agli israeliti: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei all’infuori di me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo né di quanto è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra (…) Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronunzia il suo nome invano. Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro (…) Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio. Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non pronunziare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo». Questa è la versione più ossequiata nell’Ebraismo, Cristianesimo, Islam e di molte altre religioni… viene perfino cantata alle sfilate per cani di marca… dalle regge alle ghigliottine, dai salotti al colonialismo, dalla santa inquisizione ai campi di sterminio, il grande impostore (Gesù Cristo) c’è stato sempre… se fosse morto mentre raccoglieva funghi nel giardino dell’Eden e non in croce in bella luce, forse l’umanità non sarebbe mai uscita dall’innocenza del divenire e avrebbe scoperto la bellezza dell’umano nell’uomo. Finiamola qui… i paludati dei catechismi hanno sempre a che fare col sangue dei ribelli, eretici, agnostici o i senza patria della filibusta… modellarsi a un Dio è un abbrutimento dell’anima nostra… meglio un bacio col rossetto sfatto di una puttana dabbene in un bordello qualunque, che ingoiare il corpo sacralizzato di un impostore che si nasconde in un’ostia! Quando la feccia adora un profeta, un martire o un eroe, frotte di servi impugnano il fucile e inaugurano l’epoca delle fosse comuni.

La lebbra delle conversioni e dei convincimenti monoteistici ha prodotto religioni, sistemi, nazioni e popoli sempre all’altezza di mattatoi di prim’ordine, e attraverso onore, gloria e fama hanno instaurato epoche di terrore, affinché soltanto lo spettacolo dell’Apocalisse sussista. L’iconografia della cultura di massa è stata subito servita… pittura, scultura, letteratura, fotografia, filmografia… hanno attraversato secoli d’indecenza e al soldo di ogni tirannide hanno mostrato che è più facile diventare un assassino che un artista… la tras/figurazione dell’uomo passa dalla consolazione che si riverbera nell’obbedienza al simulacro… gli idioti non conoscono il suicidio, poiché sono sostenuti dalla vergogna o dall’indecenza di rituali che avvolgono paure o violenze nel sudario del potere che l’inganna e li rallegra. “Non c’è niente di più prestigioso di una bella fine se questo mondo è reale” (E.M. Cioran)[1]. Di tutte le condizioni, la meno desiderabile è quella di credere in qualcosa, in qualcuno o nella libertà concessa, che presuppone una mancanza di riguardo verso di sé… poiché qualsiasi fede rende ciechi, ridicoli o portatori d’odio. Oltre duemila anni di teologia hanno prodotto l’isteria della trasmigrazione dei corpi nello Spirito Santo e non hanno mai esaurito le scorte di demenza sulle quali hanno riposto la lucidità imperdonabile di una storia degradata sulla dominazione dell’uomo sull’uomo.

[1] E.M. Cioran, Il funesto demiurgo, Adelphi, 1986

L’iconografia di propaganda cristiana ha intuito subito che lo scandalo della creazione rendeva bene… a ciascuno il santino del funesto demiugo, il Dio pescatore di anime, sempre collocato tra un re o un dittatore o un rivoluzionario… in bella vista nelle camere da letto proletarie, nei salotti borghesi o nelle sedi dei comitati centrali dei partiti… la resurrezione dopo la morte e la pietà come lusinga delle proprie cattiverie che legittima la disinvoltura delle fucilazioni. Poi la storia degli storici che la storia non ha ammazzato, le gerarchie ecclesiali, i banchieri, i politici, i sociologi, gli psicoanalisti, i magistrati, i sindacalisti, gli operai, financo i lavavetri… hanno riposto in un cadavere la propria salvezza… e ciascuno ha arraffato ciò che poteva per ascendere al più alto dei cieli, quello della servitù volontaria… dove la merce è l’uomo e l’uomo è merda. Il successo, il consenso, la potenza del ruolo sono il viatico degli scimuniti, specie se colti o arricchiti… qualunque potere succeda al potere, ci sono sempre loro che cambiano casacca ma non le mutande nelle quali tengono timori, tremori e schiavitù millenarie mai superate… i leccaculi, i sottoposti in perpetuo o gli stolti che credono nel trionfo di sé sul sangue dei giusti! Più entro in intimità con gli illetterati, più mi convinco che sono i poeti senza allori, i visionari senza porti e i folli senza speranze, i soli ad aver capito qualcosa sulle ondate di civiltà che hanno prodotto ere di terrore e sepolto la bellezza, la libertà e la giustizia, per sempre, forse.

A pochi anni dalla nascita del cinematografo (1895, si fa per dire), lo schermo s’illumina d’immenso (diceva, il poeta che aderì al fascismo firmando il Manifesto degli intellettuali fascisti, Giuseppe Ungaretti) e il film La Sacra Bibbia (1920) mostrerà che senza Dio tutto è nulla o, forse, solo Dio decantato dai suoi amanuensi, esposti fuori dalla magnificenza della sua falsità. Il regista del film, Pier Antonio Gariazzo, è figlio di buona famiglia piemontese… pittore, incisore, scrittore e cineasta… dispensa alle platee della Lanterna magica un film muto (11 rulli, 123 minuti) e sembra che una mondina appena uscita dallo sfruttamento delle risaie, volesse lanciare una pietra contro il Gesù Cristo tremolante sullo schermo che faceva miracoli con vezzosa protervia… fu accompagnata fuori dal cinema da due carabinieri impennacchiati e internata in luoghi più adatti ai pazzi che non vogliono essere turlupinati dalla macchina/cinema… alla maniera degli anarchici, quando facevano saltare in aria pignatte di dinamite sotto il culo dei potentati e i loro sgherri… naturalmente non è vero niente della mondina…  degli anarchici sì… ma se andiamo a sfogliare le cronache dei giornali sulla “settima arte” (Ricciotto Canudo, 1921), vedremo che episodi simili non sono affatto isolati. Perché frequentare Shakespeare, quando basta un ciarlatano a farci intravedere altrettanto bene che “i vigliacchi muoiono molte volte innanzi di morire; mentre i coraggiosi provano il gusto della morte una volta sola (…) Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente” (il Bardo).

Ciascuno è fatto della stoffa di cui sono fatti i sogni che gli confezionano addosso… i libri, le arti e le accademie ne procurano il gusto, il falso, l’insensato, ma solo l’amante, il pazzo e l’eretico mostrano, contengono e nutrono il mondo di bellezza e di giustizia.

Il film più eclatante su Mosè si deve a quell’affrescatore hollywoodiano di grande mestiere, Cecil B. De Mille… I dieci comandamenti (The Ten Commandments)… colore (VistaVision), 220 minuti di noia abissale… Charlton Heston è Mosè, Yul Brinner, il faraone Ramesse, Anne Baxter, Nefertari, Edward G. Robinson, lo schiavo traditore Dathan, John Derek, Giosuè, Yvonne De Carlo, Sefora… non abbiamo mai provato tanta insofferenza né predisposizione all’attentato nemmeno dopo i 246 minuti della copia integrale di C’era una volta in America (Once Upon a Time in America, 1984) di Sergio Leone… una storia di gangster, come quella di De Mille… la musica esplicativa/geniale di Ennio Morricone, come quella di Elmer Bernstein, è modellata/indirizzata a immagazzinare il racconto e stimolare la ricezione dello spettatore… i salti della messa in scena, attori che scompaiono e ritornano in sequenze che poco c’entrano con l’andamento della storia, Joe Pesci in C’era una volta in America o John Derek in I dieci comandamenti… l’uso della suspence come figura retorica per cercare di chiudere in qualche modo il film e riportare il pubblico nel plauso delle stigmate in gloria di Dio o della Nazione… è parte del gioco giocato del cinema mercatale… che porta a versare sempre i medesimi singhiozzi o a lenire ingiustizie secolari. Insieme a Il padrino (The Godfather, 1972) di Francis Ford Coppola, che figura il canto più alto mai deputato alla mafia italo-americana… questi film rappresentano il grado di raffinatezza raggiunto nello spettacolare integrato di una società fluida, parassitaria, omologata in tutto, fino alla mutazione antropologica della corporalità popolare o metafisica della morte a favore di Dio e dello Stato, Pier Paolo Pasolini, diceva[1]… sono i medesimi stilemi espressivi che si ritrovano anche nei film di propaganda fascista, nazista, sovietica o del moderno comunismo capitalista russo e cinese.

L’antisemitismo contro le tradizioni delle comunità giudaiche attraversa l’Europa da millenni… cattolici, luterani, islamici o semplicemente stupidi… e ce ne sono anche tra intellettuali d’alto lignaggio, come Richard Wagner, Ezra Pound o Thomas Eliot, e perfino anarchici come Pierre-Joseph Proudhon o Michail A. Bakunin, non si sottraggono all’odio contro gli ebrei… che ritengono responsabili della “giudaizzazione del mondo”… e qui ci sarebbe di andare a fondo e sviscerare le responsabilità sulle economie di guerra — e corruzioni, sfruttamenti, repressioni —… a partire dalle baronie alla Rothschild fino alle tartuferie predatrici di Wall Street… chiunque conquista il potere a danno del popolo, getta la maschera e cede il passo al sangue della tirannia (come i sionisti israeliani contro i palestinesi nell’età moderna), e iniziano le discriminazioni, le deportazioni e gli assassinii di massa. Il crepuscolo degli dèi avviene sempre troppo tardi e quando un governo permette di affiggere cartelli con su scritto: “Vietato agli ebrei e ai cani”, noi siamo dalla parte dei cani e degli ebrei! La cultura cannibalesca del profitto poggia sulla demagogia politica che ne tesse gli imperi… le università si prodigano a sfornare economisti, sociologi, psicoanalisti, giornalisti, specialisti digitali che vanno a costruire, difendere o servire una concezione poliziesca della storia che rappresenta la forma più estrema di alienazione politica, diceva Joseph Gabel, studioso e psichiatra ungherese, una figurina fuori album… e la sindrome del nazionalismo, del patriottismo e l’avvento dell’uomo forte sulla ribalta della storia non può che portare alla catastrofe… qui terrore e terrorismo si confondono… è forse una novità che l’intero mondo politico sia fatto da carogne e criminali? E lo spettacolo dell’olocausto non coincide forse con l’interesse comune e il bene generale di un’intera nazione?  

[1] Pasolini, Le lettere, a cura di Antonella Giordano e Nico Naldini, Garzanti, 2021

La vigliaccheria di un popolo non la si può nascondere nella mascherata d’una pretesa “supremazia della razza”… il fatto è che un Paese che si autoproclama nazionalsocialista, in realtà è alla mercé di poche centinaia d’imbecilli in divisa, medaglie e pugnali, i quali temono che un giorno la propria stupidità venga smascherata e gettata nelle fogne… insieme ai treni-merci che arrivavano in perfetto orario nei campi di sterminio col biglietto di sola andata a carico degli ebrei!

Nella civiltà dello spettacolo della modernità, qualcosa è cambiato… terrori e terrorismi (sempre manovrati dai servizi segreti delle nazioni dominanti)… si occupano di massacri di secondo grado… una guerra qui, una là… poi scattano gli aiuti internazionali gestiti dagli stessi che buttano le bombe sulle popolazioni civili… ai tavoli di pace nessuno fa sconti… non si parla di smetterla con la produzione di armi, si discute sulle ricostruzione delle macerie… i morti non contano… però servono ai premi internazionali di fotografia (cinema, letteratura, giornalismo, fiabistica per bambini con abitini firmati…) per solleticare nelle masse il volto del dolore colorato, in perfetta sintonia col mercato della falsità. In margine a una guerra dove ci siamo trovati a fotografare senza gioia i bambini iracheni che saltavano in aria sulle mine anti-uomo di produzione italiana, sembra le più affidabili… e le sequenze notturne dei bombardamenti americani sulla Città delle mille e una notte venivano diffuse nelle televisioni tra un telegiornale, un salotto  politico, una messa del papa e un masterchef o uno stilista di moda che dissertano sulla munificenza della “meritocrazia”, il cui centro è la famiglia, il lavoro, il decoro… mai delle discriminazioni, gli sfruttamenti, le disuguaglianze… e senza che nessuno gli sputi in faccia.

Così, in margine ai libri che stavo leggendo in una stanza alla periferia di Baghdad, tra pulci e scarafaggi di una certa sfacciataggine, e colpi di fucile che sparavano alla luna (e ogni tanto spaccavano la testa a qualche bambino che mangiava nella spazzatura), ho appuntato nel mio Moleskine questo: — Nel novembre 1952, Gregory, il più giovane dei tre figli di Hemingway, poco più che ventenne, aveva ha scritto al padre: “Quando tutto si sommerà, diranno di te: ha scritto alcune belle storie, ha prodotto un romanzo e aveva un approccio fresco alla realtà, e ha distrutto la vita di cinque persone – Hadley, Pauline, Marty [Martha Gelhorn, la terza moglie di Hemingway], Patrick, e la mia. Che cosa pensi che sarà considerato più importante, il tuo romanzo egocentrico, le tue storie, o le persone?”. Diventare disumani anche negli affetti familiari è facile, perfino i grandi come Dickens, Rousseau o Balzac ci sono caduti, più difficile è lottare per il benessere collettivo… poiché l’umanità non ha bisogno di eroi ma di uomini e donne che hanno come preoccupazione centrale l’educazione formativa avviata verso  l’amore di sé e dell’altro, che è alla base della trasformazione e rigenerazione radicale di un nuovo umanesimo fondato sulla società del dialogo. 

Il termine “antisemitismo” è stato attribuito al giornalista Wilhelm Marr, siglato nel suo opuscolo, La vittoria del giudaismo sul germanesimo[1], ma a quanto ci risulta, questa parola non compare lì nemmeno una volta… e nemmeno c’importa se è vero, tanto è il ribrezzo che ci suscita… proviamo il medesimo disprezzo riguardo alle affermazioni antisemite sostenute nel libro rivoltante del conte Joseph Arthur de Gobineau (ambasciatore francese in Persia, Grecia, Brasile, Svezia), Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane, uno dei primi esempi di “razzismo scientifico”, dove Gobineau scrive che “la storia sorge solo dal contatto con le razze bianche” e che le civiltà si sono sviluppate sotto la  guida di razze ariane” (?!)[2]. L’elencario sulla “scienza della razza” di intellettuali, artisti, scienziati di alto pregio accademico è lungo e variopinto… francesi, inglesi, italiani, tedeschi… hanno fornito tesi forbite sul mito e contro il mito della razza ebraica… e basta leggere lo studio importante di George L. Mosse, Il razzismo in Europa. Dalle origini all’olocausto[3], per capire che il razzismo e l’assassinio di massa risponde a una degenerazione della politica, della religione e dei saperi.

Le ideologie (anche quelle della società consumerista del XXI secolo) aspirano tutte e in vari modi al mattatoio sociale! Non esistono boia o clienti annoiati! Agonie senza epilogo, sì! In ogni cittadino si cela il santo e il macellaio e finite le esagerazioni verbali, entrano in ballo il rimbecillimento e l’assassinio registrato sotto il segno delle definizioni arbitrarie. Non si può andare alla verità facendo stragi degli indifesi, ci si può andare solo mettendo fine alla coscienza di morte che li concilia con l’immoralità del tempo! L’amore ricomincia vivere con ogni storia raccattata dall’inferno dei vivi… come il pane fresco che non ha il sapore del sangue che sgorga dal suolo che nutre gli assassini e ridiventa accoglienza, condivisione, parola che non appartiene a nessuna infamia. Ti amo come tu mi ami! E sulle labbra degli amanti felici c’è il non-luogo dell’amore che ci porta nel luogo dove non siamo mai stati. Nel desiderio di passioni colme d’inchiostro e abbracci di velluto appesi ad alberi di aggettivi! E ritrovare lì il pozzo d’infanzie intramontabili.

Siamo amareggiati che uno dei nostri cattivi maestri, E.M. Cioran (dal quale abbiamo imparato tutto, anche il coraggio di contraddirsi o inventare favole amare contro l’inettitudine generalizzata), nella sua giovinezza non abbia compreso che i totalitarismi di sinistra e di destra sono ugualmente inadeguati alla comprensione, accettazione, crescita del bene comune, e sconfitta del bene sul male inamidato su tribune, chiese o galere d’ogni folata autoritaria… come del resto la società mediocratica attuale dimostra… si uccide su vasta scala perché una minoranza di parassiti della finanza, della politica e dei saperi… possa continuare a educare, corrompere, sedurre uomini e popoli trasformati in linguaggi/merci, per meglio saccheggiarli anche nelle loro più intime realtà… nel corpo, nella carne e nel piacere… l’uccisione degli inerti sembra fungere da catalizzatore tra il criminale e il suo superiore… ammazzare ebrei insomma sprigiona quel miele impareggiabile dell’obbedienza che assolve tutti i peccati… nulla è più desiderabile di un omicidio senza giudizio… poiché porta a soddisfare la perversione del più forte sul debole e verso l’imperialismo della vita.

Cioran individua Hitler come coscienza di un’intera nazione… il 27 dicembre 1933, in una lettera all’amico e critico d’arte Petre Comarnescu (nel 2014 è risultato essere un informatore della polizia segreta della Repubblica socialista di Romania), scrive: “Alcuni nostri amici crederanno che sono diventato hitleriano per ragioni di opportunismo.

[1] Wilhelm Marr, La vittoria del giudaismo sul germanesimo, Effepi, 2011

[2] Joseph de Gobineau, Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane, ristampa anastatica, Roma 1912, Edizioni AR, 2010

[3] George L. Mosse, Il razzismo in Europa. Dalle origini all’olocausto, Editori Laterza,  2005

 

La verità è che qui [Cioran si trovava in Germania nei giorni che Hitler sale al potere] ci sono certe realtà che mi piacciono e sono convinto che la cialtroneria autoctona potrebbe essere arginata, se non distrutta, da un regime dittatoriale”[1]. Come si vede, a volte anche le menti più eccelse cadono nella devozione e non avvertono nel nazismo un sistema di orrori e devastazione già presente nella propaganda del partito nazionalsocialista.

Nel 1934 Cioran scrive un articolo sulla rivista di destra Vremea (Il tempo) di questo tono: “Non c’è alcun uomo politico al mondo che mi ispiri una simpatia e un’ammirazione più grande di Hitler. C’è qualcosa di irresistibile nel destino di quest’uomo, per il quale ogni atto della vita della vita acquista significato solo attraverso la partecipazione simbolica la destino storico di una nazione (…) La mistica del Führer in Germania è pienamente giustificata (…) che ha fatto della personalità di Hitler un mito (…) I suoi discorsi sono pervasi di un pathos e di una frenesia che solo le visioni di uno spirito profetico possono toccare. Goebbels è più fine, più sottile, ha un’ironia più discreta, gesti sfumati, tutte le apparenze di un intellettuale raffinato e impeccabile (…) Il merito di Hitler consiste nell’aver tolto lo spirito critico a una nazione”[2]. Cioran non si sottrae all’estasi collettiva che il popolo tedesco prova davanti al Führer… le parate, le marce, i canti, la folla che acclama vedono nella figura carismatica di Hitler la guida delle mille Germanie a venire… i tedeschi non vi ravvedono la caricatura in quel mito nefasto (lo stesso è successo ai fascisti italiani che divinizzarono Mussolini)… e l’esaltazione del cameratismo, dell’eroismo e di una nuova razza di uomini, furono il lasciapassare verso lo sterminio programmato… la mistica nazionale di coloro che hanno compiuto il loro dovere di criminali, stava nella sua glorificazione.

Diversi anni dopo Cioran è in Francia e ritorna sulla fascinazione avuta di Hitler nel 1933 e nei Quaderni si legge: “La mia ammirazione patologica mi ha avvelenato la vita. È stata la peggiore follia della mia giovinezza. Come ho potuto avere il culto di una nazione in fondo così poco interessante? Dei mediocri estremamente ostinati, senza alcuna indipendenza spirituale?”[3]. Quando vede un film su Churchill e in una manifestazione nazista appare in primo piano Hitler, Cioran si accorge che “ha tutta l’aria di un pazzo da manicomio, con gli occhi persi, a tratti tesi e sconvolti, il viso attonito. Se una pallottola lo avesse ammazzato si sarebbero salvate milioni di vite”[4]. Cazzo! Ci volevano tutti questi anni per capire la politica d’annientamento di un mentecatto che inneggiava all’assassinio, alla demenza, alla barbarie? L’antisemitismo gioca brutti scherzi, poiché i timori razziali sono vicini alle preoccupazioni sessuali e l’arianità diventa catalisi di frustrazioni, impedimenti, costrizioni private e collettive che svolsero una funzione epurativa del corpo impuro degli ebrei a favore dell’intero corpo nazista che si scioglieva nel mito del Führer!

Le ragioni del successo del nazismo poggiano sull’interrelazione tra le forze economiche, psicologiche e ideologiche che ne hanno determinato il carattere sociale… l’ideologia nazista ha esercitato le tensioni sadiche e masochistiche di un popolo sotto la mascheratura della virilità e del coraggio. In Anatomia della distruttività umana Erich Fromm lo spiega bene… c’è una stretta relazione fra il disturbo narcisistico e il fenomeno politico-sociale del nazismo, poiché nel rapporto dell’individuo con gli oggetti esterni, il narcisismo esprime la funzione di assorbimento degli impulsi libidici[5].

[1] Emil Cioran, Lettere al culmine della disperazione, a cura di Giovanni Rotiroti, Mimesis, 2013

[2] Emil Cioran, Lettere al culmine della disperazione, a cura di Giovanni Rotiroti, Mimesis, 2013

[3] E.M. Cioran, Quaderni 1957-1972, Adelphi, 2001

[4] E.M. Cioran, Quaderni 1957-1972, Adelphi, 2001

[5] Erich Fromm, Anatomia della distruttività umana, Mondadori, 1975

La carnalità del male di Hitler era alimentata da un’inclinazione all’odio e alla distruzione che si ritrovavano in tutti gli strati della società e sostenuta dai fabbricanti di armi, nobiltà, borghesia che profondevano in ogni anfratto sociale la “popolarità della guerra”, come la sola possibilità di riscatto messianico e liberatore da aggressioni esterne… il passaggio alla “pulizia etnica” è già nel programma politico del nazionalsocialismo. Tuttavia ci sono sempre stati uomini e donne che hanno disobbedito e sono insorti contro l’efferatezze di re, governi, padroni, generali e dell’indifferenza… hanno agito (con tutti i mezzi necessari) contro l’effigie della tirannia al canto di Bella ciao e nessuno è mai stato ucciso perché le loro anime belle ci hanno fatto ritrovare la “più preziosa qualità umana: l’amore per la vita” (Erich Fromm). Tutto risponde all’uomo che crede nell’amore per l’uomo, niente ritorna all’uomo dalla malvagità verso gli altri, poiché l’odio genera odio e affoga nella merda delle ideologie dalle quali è nato.

In Guida perversa all’ideologia (2012), un film estraniante di Sophie Fiennes, il filosofo, sociologo, psicoanalista Slavoj Žižek, attraverso il disvelamento di film come Taxi Driver, The Dark Knight, Brazil, L’ultima tentazione di Cristo, Titanic, Full Metal Jacket, Tutti insieme appassionatamente, Cabaret, West Side Story o Il trionfo della volontà… mostra che ogni ideologia è una sorta di Dio ubriaco che risveglia atteggiamenti, comportamenti, megalomanie e il capitalismo postmoderno è il crogiolo che li promuove e li contiene tutti… dittatori, capitalisti, consumatori, artisti… si identificano o si sottraggono all’obbligo di avere un destino… e non è nemmeno troppo difficile comprendere come una parte dell’Inno alla gioia di Ludwig van Beethoven, possa essere il contenitore sentimentale nei raduni nazisti, parate comuniste o guerriglie clandestine (e palafrenieri dell’Unione Europea)… immagini, musica, parole cosparse di voluttà schizofreniche… si sostituiscono alla realtà e la religione della Coca Cola è la medesima della liturgia ideologica delle esecuzioni sommarie di popoli aggrediti… dopo le metafore, la “soluzione finale” degli ebrei, così si applicano i grandi convincimenti! Senza l’imperialismo del mercato e senza l’ideologia del crimine organizzato né la burocratizzazione della paura, le masse si sentirebbero orfane e la sovranità di pochi sul maggior numero, spiega il permanere della mattazione dell’umano nella storia.

Il 30 gennaio 1933 Adolf Hitler presta giuramento come Cancelliere nella camera del Reichstag, sotto gli sguardi allucinati e gli applausi indecorosi di migliaia di sostenitori del nazismo… il 20 marzo 1933 il prefetto di polizia di Monaco annuncia alla plebe l’apertura del campo di concentramento di Dachau e la segregazione di 5000 prigionieri politici, antinazisti, asociali o ebrei… Himmler invita i giornalisti a visitarlo e vedere l’efficienza nazista di “rieducazione” e “risanamento pubblico”… le agenzie d’informazione tedesche ne danno il risalto d’ordinanza… gli entusiasmi e le fanfaronate sono gli stessi dei “cani da riporto” della stampa odierna… e non vanno certo ammazzati, poiché non è bello vederli tremare di paura… quanto a me, se vi incontrassi per strada, state pur sicuri che v’insegnerò a vivere come a morire, coglioni!… e senza nemmeno abbandonarmi all’agio dell’improvvisazione.

Il secolo XVIII si porta dietro Progrom antisemiti documentati che lasciamo alla consultazione dei libri scolastici… poiché la storia dell’antisemitismo investe chiese, caste, partiti, banche e rivoluzioni… a dispetto dell’antisemitismo bollato dai Padri e Dottori della Chiesa (Sant’Agostino, Giovanni Crisostomo o Tommaso d’Acquino), tra il XIII e il XVIsecolo gli imperi bancari concorrono all’instaurazione di regimi autoritari a fianco della Santa Sede[1]. Va detto inoltre che su dodici membri del Comitato centrale del Partito Comunista Russo del 1918, nove erano ebrei. Dopo la rivoluzione d’Ottobre sorge il mito di Stalin e milioni di persone sono trucidate nel lager dai giannizzeri della bandiera rossa (dei quali il P.C.I. ne era degno complice, come nelle “purghe stalianiane” degli anni ’30). E poco importava essere ebrei, bastava esprimere diversità e dissensi contro la menzogna del comunismo di Stato.

Alla fine della prima guerra mondiale, la popolazione ebraica europea si concentra in tre grandi aree geografiche: 1.500.00 in Europa occidentale, 3.000.000 in Unione Sovietica e 4.500.00 in Europa centro-meridionale… cifre all’ingrosso per far capire l’entità della tradizione ebraica nel vecchio continente. Nel 1791, sulla spinta degli ideali egualitari, la Francia è il primo Paese che concede agli ebrei il diritto di cittadinanza… gli ebrei sono inseriti nelle grandi città (Berlino, Vienna, Londra, Amsterdam, Parigi)… e non sono solo venditori ambulanti, operai, artigiani o piccoli commercianti, ma banchieri, insegnanti, medici, giuristi, uomini d’affari, politici, artisti, letterati, educatori… l’antisemitismo è sotterrato ma non per molto… già nel 1924, un ex-caporale viennese con gli occhi da scemo in gita al Santuario del Cristo flagellato di Wieskirche, aveva scritto in un libro Mein Kampf (La mia battaglia): “Il giudeo si comporta secondo il suo scopo, si fonde col popolo e ne mina le basi: combatte col tradimento, con la falsità, tende al traviamento totale in modo da distruggere l’odiato nemico (…) Il primo dovere non è di formare una costituzione nazionale dello Stato, bensì quello di annientare gli ebrei”[2]… si chiamava Adolf Hitler. L’oscenità perversa del nazismo sarà perfettamente incarnata in questo ometto con gli stivali incerettati, dalla fraseologia demoniaca che affascinerà un’intera nazione… il simbolo del declino di una società avvilita nel gusto e nello spirito, avviata nell’isteria assassina dei raduni di massa e finita, sempre troppo tardi, nella metafisica della vergogna. Una farsa finita in tragedia.

[Continua…]

[1] Léon Poliakov, I banchieri ebrei e la Santa Sede dal XIII al XVII secolo, Newton Compton, 1974

[2] Adolf Hitler, Mein Kampf. Le radici della barbarie nazista, a cura di Giorgio Galli, Kaos Edizioni, 2006

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Niente nasce dal caso e per poter essere all’altezza di questo compito e potervi fornire un’offerta diversificata e soddisfacente, abbiamo pensato di sottoporvi un questionario tra il serio e lo scherzoso a cui vi preghiamo di rispondere.
Aiutateci a capire le vostre reali esigenze e chi abbiamo difronte, non ve ne pentirete.
Massimo Mastrorillo

Dimmi chi sei e ti dirò che workshop fa per te

Approfondiamo ! per i più intrepidi
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