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Road to Nordkapp – Ventunesima tappa: Schwerin

di Emanuele Mei

Nella vita non ho fatto altro che andare alla ricerca di qualcosa, senza sapere esattamente che cosa, per ritrovarmi spesso al punto di partenza, solo con più consapevolezza. Fotografare non è assolutamente un mezzo per salvarsi, ma per indagare. Raccontare qualcosa a qualcun altro è dannatamente complicato, farlo per immagini lo è ancora di più. Ho sempre cercato di fotografare con un istinto ragionato, sentendomi libero, ma usando la testa, eppure ogni mattina mi sento come se ripartissi da zero. A volte per cercare una sequenza che abbia senso impiego un mese, a volte non ci dormo la notte. La ricerca di un equilibrio armonico, in cui la forma si accorda all’intelletto, è una strada fatta di pentimenti che sostengono la struttura del mio lavoro. Quando scopro che devo adattare il mondo esterno al mio, tutto diventa chiaro. La realtà e la virtualità si mescolano in maniera sconcertante, ma si amalgamano, vincendo l’indifferenza. Capovolgere un’immagine non significa stravolgere la realtà, ma esplorarne una differente, sconosciuta e intima allo stesso tempo.

Ore 5.30. La nebbia lascia filtrare deboli raggi di sole che condensano l’aria, trasformandola in rugiada e accennano l’ombra di un albero, che poggia la testa su un cespuglio. L’acqua scorre dolcemente, ma con costanza in un unica direzione e senza far rumore. Il richiamo dell’airone cenerino risuona dall’altra sponda del fiume. Esco fuori dalla tenda sonnecchiando e butto lo sguardo verso l’infinito. Svegliarsi la mattina in riva all’Elba è un’emozione difficile da descrivere. Una tavolozza di colori in apparenza mischiati a caso, espressioni cromatiche che si accavallano cercando di prevalere una sull’altra senza successo. Lentamente le pupille si abituano a questa bellezza, i pensieri e le preoccupazioni evaporano assieme alle gocce di rugiada sulla mia tenda. E’ possibile prendersi del tempo e vivere una vita diversa da quella già tracciata. E’ possibile decidere chi si vuole essere e come esserlo. Mi siedo sulla riva, i colori pastello delle mattine del nord mi riempiono gli occhi di figure senza contorno. Le mie gambe avrebbero bisogno di una giornata di riposo e questo sarebbe il luogo perfetto per oziare un giorno intero, ma la mancanza di elettricità necessaria per caricare le attrezzature e i prezzi delle strutture alberghiere, mi impongono una ripartenza verso una nuova meta. Salgo in sella alla mia bicicletta e mi lascio il fiume alle spalle, puntando dritto verso il paese successivo, Perleberg, una piccola cittadina curata nei minimi particolari. Il freddo comincia a diventare una costante mattutina, come è logico aspettarsi da un paese del nord Europa. I paesaggi del Brandeburgo si legano a quelli della bassa Pomenaria anteriore, in un’alternanza di boschi di faggio e distese di terre coltivate.

Nel frattempo le gambe si sono scaldate e siccome il freddo ha allentato la morsa e il vento è girato portando il sole, decido di non fermarmi a Ludwigskust. Il lago di Schwerin dista solo 30 km e lì troverò sicuramente un altro posto appartato per accamparmi indisturbato. 

Mecklemburgo è conosciuta come la città dei sette laghi e delle sette foreste, mi accamperò sulle rive di uno di questi.

Nel centro della città mi si para difronte una fortezza immersa nel verde e circondata dall’acqua. I miei occhi si riempiono di meraviglia, ho sempre immaginato così il castello delle fiabe che mia nonna mi leggeva quando ero un bambino.

Schwerin è la Cannes tedesca, si percepisce il benessere in ogni angolo della città. Qui vengono organizzati durante l’anno una quantità incredibile di eventi di qualità, che rendono la città una meta culturale importante per diversi settori, oltre che una località turistica molto battuta per le sue meraviglie naturali.

Mi allontano dal caos, trovo riparo sotto un albero, sulle rive dello Schwerin see. Penso di potermi finalmente riposare qui, prima di fare l’ultimo sforzo che mi porterà a lasciare la Germania.

Dopo aver piantato l’ultimo picchetto, sento cantare e gridare ragazzini che giocano al pallone. Lo schiamazzo, il via vai delle macchine. La mia mente si sintonizza sul crepitio del fuoco del falò, la mia anima di scalda e in pochi minuti un flash over emotivo divampa, mentre esternamente sono dominato dalla calma. 

Ascolto il canto del vento, mi perdo nello spazio e nel tempo, la voce della solitudine mi aiuta a comprendere come guardare attraverso gli altri sensi, mi chiarisce il valore della lentezza e dello stupore. La necessità di riconnettersi con il proprio mondo non è quasi mai svelata, e non la si può acquistare con un pacchetto vacanze. Se adatti il mondo alle tue volontà, il tuo sistema di valori cambia.

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