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Road to Nordkapp – Ventinovesima tappa: Vastervick

di Emanuele Mei

Ore 5.44
Dopo dieci giorni di fila in tenda il risveglio non è più dolcissimo. Come le ultime mattine il freddo mi prende le gambe e sale lungo la schiena, ma il cervello rimane in una condizione di assoluta quiete, in cui i pensieri cercano di staccarsi dai sogni in maniera disordinata. Prendo il piumino e lo metto dentro il sacco a pelo sulle gambe cercando di ristabilire un temperatura accettabile per poter rimanere sdraiato ancora un’ora. Lentamente il sole sorge restituendo al mondo le forme che la notte ha nascosto la sera precedente.
Tutto è ancora dominato da un silenzio buio. Questo precede la grande luce che lascia passare lo sguardo e che si pone come punto di contatto tra l’immaginazione e la realtà che percepisco.
Tra il tramonto e l’alba c’è tutta la storia universale, un racconto ciclico fatto di timori e piccoli punti grigi che non sarò mai in grado di colorare.

ore 9.30
Il rumore delle scarichi delle due moto parcheggiate accanto alla tenda, mi ricorda che devo partire. Il sole comincia a scaldare l’aria che rimane comunque fresca. Esco dalla tenda e l’odore dolce della natura m’investe, facendomi pensare ai castagni e ai pini delle montagne della mia Liguria. Le mie sensazioni prendono forma e si colorano in superficie con pigmenti slavati. Questi sono i colori del cuore e sono inclusivi, non esclusivi come quelli catturati dagli occhi. La natura ci fa percepire solo i colori che un oggetto respinge, così il verde dell’erba è tutto ciò che a questa manca, mente il cuore li trattiene fino a quando non arriva alla totalità dei colori, finché sommandoli non formano uno splendido e lucente bianco.
Finalmente riprendo la via del Nord. Soffia una brezza umida da sud, il tempo diventa variabile ma non influenza il mio stato d’animo. La continua scoperta dell’ignoto, e la fatica mi riportano sull’obiettivo come nei giorni precedenti.

Percorro kilometri di strade strette con ai lati alcune file di case basse e rosse, ai margini di una fitta foresta a ridosso del mare. Attraverso le grandi finestre intravedo la serenità. Qui respiro libertà. Essere liberi è una sensazione sbalorditiva. Questo sentimento per me è conquista continua che dura da tutta la vita.
Alle volte in situazioni a me più famigliari mi sento schiacciato dalla routine che mi viene imposta e dai condizionamenti che subisco, considerati “necessari” per vivere un’esistenza che si rispetti.
Ma non è certo un segno di salute mentale adattarsi alla vita di una società malata. Sia chiaro! Una realtà che promette felicità in pillole che eliminano la disperazione, in cui ci si deprime se non si riesce ad acquistare in prodotto reclamizzato in Tv. Un mondo in cui credi di poter vivere in eterno e in cui lo stress è dovuto alle scelte sbagliate. Un universo fatto di lavoro e intrattenimento di qualsiasi tipo, dove il tempo è collettivo e viene speso con azioni seriali. Comportati bene, gioca a paddle, mangia le carote che fanno bene alla vista, cammina con la schiena dritta e con le mutande dentro i pantaloni, fai yoga, evita persone negative, fai un lavoro che ti piace, non farti le seghe che diventi cieco, coltiva la gratitudine, porgi l’atra guancia, sii paziente con te stesso, carpe diem, prenditi cura del tuo corpo, bevi gli smoothies e prendi i fermenti lattici, non accontentarti mai, think different, impossible is nothing!Insomma, passa il messaggio che l’unico problema della tua esistenza sei tu!

Ore 18.06
I raggi del sole sembrano un faro intermittente, mi trovo in paesaggio verde fatto di mucche e alberi incorniciati sullo sfondo. Da qui partivano i Berserkr come Björn Fianco di Ferro o Leif Erikson a razziare i villaggi dei vicini durante la bella stagione. Cerco d’immaginare questa massa di navi in movimento, i colori differenti di ogni vela, il rumore dell’acqua che schizza dai rostri sulle pelli d’orso dei comandanti a prua, le urla dei marinari, il rollio dei tamburi e il suono dei corni. Mentre la mia mente vaga il cellulare si spegne lasciandomi in balia delle mie decisioni. E davvero molto tardi e mi trovo ad un bivio con diversi cartelli scritti in una lingua di cui non conosco nulla. A intuito vado a sinistra per rimanere sulla costa. Prima o poi un centro abitato lo incontrerò. M’inoltro in foreste di pini appuntiti che sembrano voler toccare il cielo. Lentamente il sole cala regalandomi l’ennesimo tramonto mozzafiato. All’improvviso la luna diventa il mio unico punto riferimento, il suo debole bagliore riflesso muta continuamente e riflette le mie paure che sgorgano dall’inconscio.
Finalmente, dopo una giornata che sembrava non avere una fine arrivo a Vastervick, a tentoni pianto la tenda nei pressi del porto in un parcheggio per camper servito dall’elettricità. Sono mentalmente e fisicamente stanco. Mangio velocemente e mi addormento quasi con il boccone in gola.

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