“Ma certo! sei nostro ospite! Dimmi solo per che ora arrivi che devo organizzarmi con le chiavi” Ps: hai allergie alimentari?”
Alle 5.30 ho già gli occhi sgranati. Cerco di recuperare il tempo sulla produzione del materiale, faccio un po di editing e aspetto la sveglia. Pedalare e produrre è impegnativo. Cristian esce dalla stanza assonato, macina il caffè a mano e prepara lo yogurt fatto in casa. Goduria allo stato puro.
Organizzo le borse al solito modo, infilo tutto dentro a forza e senza una logica, spingo fuori l’aria, poi chiudo creando una specie di sottovuoto.
Fino ad ora è stata una vacanza, ma da adesso in poi le cose cambieranno, non avrò più il conforto degli amici lungo il tragitto, la lingua cambierà, le temperature si abbasseranno. Sarà un susseguirsi d’imprevisti e probabilità, senza passare dal via e senza ritirare le 200 mila lire.
Lascio Arco in direzione di Bolzano. Le strade da percorrere sono molte e mi sono state tutte indicate nei dettagli. Ognuno mi ha consigliato di percorrere una via diversa. Per non fare torto a nessuno imposto il navigatore e prendo la ciclabile per Rovereto.
Riva del Garda assomiglia un pò a casa mia, i turisti si stirano al sole come lucertole, su lettini improvvisati sugli scogli. La prima salita mi stordisce. Le forme delle montagne che mi circondano mi affascinano. Mi fermo per scattare una foto. La riguardo sullo schermo della fotocamera e, dopo osservo la montagna che ho fotografato. Non si assomigliano per niente.
L’immagine che ho ritratto imita la forma della natura; sul supporto si materializza un mondo nuovo, che nessuno ha mai visto.
Qui la forma diventa la protagonista del significato, ed è l’originalità del modello la vera ricchezza. La riproducibilità è un impoverimento del cosmo, ma tramite questa, ognuno può rendere leggibile il suo mondo agli altri. La forma può essere più importante del contenuto? Liberarsi dalle forme che esistono significa realizzarne di nuove. La forma è solo fisica o può prendere vita da un concetto? Metto via la fotocamera insieme alle riflessioni. La salita è ripida e la fatica mi fa perdere la concentrazione. La difficoltà è tanta e ho bisogno di tutto il focus possibile per scollinare. Percorro L’ Adige contro corrente, come un salmone norvegese. E non c’è sconfitta nel cuore del salmone!
Intercetto la ciclabile che porta a Trento, percorro la strada in mezzo ai vigneti, la testa è leggera ma le gambe sono pesanti e gli ultimi chilometri saranno in salita.
Laives appartiene ai pochi comuni della Provincia di Bolzano, i cui abitanti parlano italiano. Nella città e nelle frazioni di Pineta, la convivenza dei diversi gruppi linguistici dell’Alto Adige, ha prodotto una relazione particolare.
Laives è un il classico paesino rurale del’Alto Adige, ha una chiesa con un alto campanile, un minuscolo centro storico, ma nel secolo scorso, grazie al boom demografico delle città, ha conosciuto uno sviluppo urbano piuttosto veloce, diventando il più giovane comune della provincia di Bolzano nel 1985 .
Leila ha gli occhi color ambra e i capelli ricci e lunghi. Anche lei è di Albenga, siamo quasi coetanei, abbiamo quasi tutti gli amici in comune, ma per qualche motivo astrale non ci siamo mai incontrati. Entra dentro il bar con una sorriso e ha una gran voglia di raccontarmi la sua storia, la sua vita in Belgio, il fidanzamento con Federico, fino al suo trasferimento a Bolzano, che a lei sembra Barletta, per seguire il futuro marito.
Federico è già a casa che prepara la cena. Questa ospitalità è spontanea, rara, e fa bene al cuore.
Dopo una cena di fronte a un gin tonic, ci conosciamo meglio tutti e tre. Federico è un ingegnere e lavora nel settore dello sviluppo in una start up che produce droni da trasporto ad impatto zero. Leila lavora nella stessa azienda ma in un altro dipartimento.
La serata scorre tra racconti e gioia. Da domani cominceranno i problemi. Laives è diventato il mio Vallo Adriano ciclistico. Al di là c’è l’ignoto emotivo.
“Ma certo! sei nostro ospite! Dimmi solo per che ora arrivi, che devo organizzarmi con le chiavi” Ps: hai allergie alimentari?”
Alle 5.30 ho già gli occhi sgranati. Cerco di recuperare il tempo sulla produzione del materiale, faccio un po’ di editing e aspetto la sveglia. Pedalare e produrre è impegnativo. Cristian esce dalla stanza assonato, macina il caffè a mano e prepara lo yogurt fatto in casa. Goduria allo stato puro.
Organizzo le borse al solito modo, infilo tutto dentro a forza e senza una logica, spingo fuori l’aria, poi chiudo, creando una specie di sottovuoto.
Fino ad ora è stata una vacanza, ma da adesso in poi le cose cambieranno; non avrò più il conforto degli amici lungo il tragitto, la lingua cambierà, le temperature si abbasseranno. Sarà un susseguirsi d’imprevisti e probabilità, senza passare dal via e senza ritirare le 200 mila lire…
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Vivo in un piccolo paesino della Liguria, in riva al mare, dove sono tornato dopo aver studiato archeologia, arte e fotografia a Genova, Roma e Milano. Da un decennio sono impegnato in progetti a lungo termine con finalità sociali e di approfondimento in est Europa, Asia e nell’area del Mediterraneo. Utilizzo la fotografia come strumento d’indagine nello studio di ciò che mi interessa e quel che mi circonda. Sono da sempre un sostenitore dell’originalità, riversata nel linguaggio contemporaneo che cerco nella mia scrittura, nelle immagini e nella vita. Sostengo l’editoria indipendente e amo il libro in tutto le sue sfaccettature.
Dopo alcuni corsi di tecnica fotografica a Genova durante gli anni dell’Università decido di approfondire le mie conoscenze sul linguaggio e mi trasferisco a Milano dove frequento l’accademia John Kaverdash. Successivamente, sempre a Milano, partecipo alla Bauer dove svolgo un Master in ritratto fotografico e un Master per Photo Editor, per poi passare all’academy dell’agenzia LUZ.
Infine mi accosto a Door a Roma, frequentando dapprima un Master internazionale sul libro fotografico e svariati workshop con autori internazionali, diventandone membro nel 2019.
Sempre nel 2019 svolgo un Master per curatela museale on line presso Artedata.
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