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Road to Nordkapp – Sedicesima tappa: Weimar

di Emanuele Mei

“Natura! Noi siamo da essa circondati e avvinti, senza poter da essa uscire e senza poter entrare in essa più profondamente. Non invitati e non avvertiti, essa ci prende nel giro della sua danza e ci attrae nel vortice, finché, stanchi, cadiamo nelle sue braccia. Essa crea eternamente nuove forze: ciò ch’è ora non era ancora, ciò che era non torna; tutto è nuovo, e nondimeno è sempre antico. Noi viviamo nel mezzo di essa, e le siamo estranei”

JOHANN WOLFGANG GOETHE

Sto correndo troppo. Ho pedalato per 1500 Km in 15 tappe con una bici che pesa un quintale. Devo rallentare, che senso ha nel mondo della velocità correre anche in bicicletta?

Sulle gambe sento ancora la fatica di ieri e mi pesa la notte insonne causata dal karma. Sono indeciso su cosa fare. 

Dovrei puntare verso nord, ma l’istinto mi porta a est, a Weimar. E’ un occasione troppo ghiotta per non visitare una città che ha dato cosi tanto alla storia.

Weimar è distante solo 25 km in bicicletta. Posso partire con tutta la calma del mondo e senza nessuna scorta alimentare. L’acqua la comprerò strada facendo. Ecco, questo è un errore da non commettere mai. Quando si è in bici, una borraccia d’acqua bisogna averla anche se si dovrà pedalare solo per 50 metri!

Questo errore lo pagherò molto caro!

Ovviamente il bel fresco delle giornate precedenti svanisce magicamente e un sole caldo e parecchio aggressivo mi si pare difronte, quasi per sfidarmi!

Non ci penso,  la distanza è poca, in un ora e mezza sarò arrivato e potrò rilassarmi, fotografare, bere delle birre fresche e visitare la città. Parto alle 11 ma arriverò a Weimar alle 16, trascinandomi sui pedali e in posizioni difficili da replicare anche per un contorsionista. Nel mese di Agosto in Germania chiude quasi tutto, il primo bar che incontro è alle porte delle città.  Entro con l’aria di chi ha appena attraversato il deserto, mendicando dell’acqua o qualsiasi altra cosa liquida ci sia in Germania. C’è poco da dire. Questa volta sono stato davvero stupido! 

Weimar è in mezzo a delle colline non troppo altre ma ripidissime. Scalarle con questo caldo mi ha fatto perdere liquidi che non ho potuto reintegrare. Non c’è voluto molto tempo perché andassi fuori di testa.

Dulcis in fundo, riesco a bucare una gomma a 3 km dall’arrivo. A questo punto decido di fermarmi per la notte. Trovo un ostello a buon mercato, aggiusto la bici e mi godo la città.

Esistono dei luoghi che hanno compiuto il loro destino, e paesaggi che evocano a gran voce una storia.

Il centro di Weimar è piccolo e grazioso. Come ogni centro tedesco è tenuto come un gioiello. Goethe vi abitò a lungo, qui si riunì l’Assemblea Nazionale che scrisse la prima costituzione tedesca dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale, dando vita alla repubblica di Weimar.  

Qui lo spirito del luogo riposa muto, lo spazio è immutabile e può essere solo percepito e mai non osservato. Nei luoghi come Weimar non basta contare sul potere evocativo dei nomi delle vie per capirne l’essenza. La relazione che emerge tra l’osservatore e il luogo osservato è un sentimento, che è il fine della descrizione e non l’argomento. Usare qui lo sguardo, comporta un’interpretazione individuale e soggettiva di tutto ciò che è oggettivo. Cosi emerge lo sviluppo di una relazione con gli oggetti, alla ricerca dell’anima del luogo. L’oggettività in questo caso è totalmente anti natura, sperimentare un linguaggio, creare una connessione emotiva con gli oggetti del luogo può farmi percepire questo piccolo mondo al di là delle sue forme. In questi casi si crea un modo di essere, non di esistere! Narrare non è l’elenco di tutto ciò che è presente al modo. Narrare significa scegliere! La possibilità di rendere visibili forme che sfuggono alla percezione umana. Ogni nuova acquisizione sollecita nuove impressioni, e le creazioni sono valide solo quando producono nuove relazioni. Weimar è il luogo di nascita delle scuola che ha influenzato maggiormente l’arte e il disegno del XX secolo, molte idee rivoluzionarie hanno avuto origine propria qui dal 1919 al 1925. Ne approfitto per visitarla, mentre la bicicletta è dal meccanico. 

L’idea centrale del Bauhaus è: “come vivremo, come ci stabiliremo e a quale forma di comunità vorremo aspirare”. Sotto lo slogan “arte e tecnologia”, abbraccia tutti i moderni processi di produzione. Il Bauhaus nasce con l’obiettivo di conciliare creazione artistica e metodo artigianale con la produzione industriale, unendo cioè il valore estetico di un oggetto, la sua bellezza, con la componente tecnica e funzionale. Sembra assurdo che un luogo come Weimar possa avere aspirato a tutto ciò, senza perdere la sua identità. Molti oggetti del nostro uso quotidiano derivano dalle ricerche sviluppate in questa scuola, lampade, sedie, mobili, tavoli.

Sono arrivato a fine giornata, ho ritirato la bicicletta e riposata un pò la testa oltre che le gambe. In ostello incontro diverse persone che sono in città per lo Yiddish Summer Festival, una manifestazione di musica ebraica che, durante il mese di agosto, attira persone da tutta la Germania. Custodie di strumenti di ogni forma e dimensione sono appoggiati ad ogni angolo del salone. Molti degli ospiti del Labyrinth di Weimar, compresi i miei compagni di stanza, sono musicisti. L’atmosfera è piacevole. In fondo alla stanza un tizio con un cappello alla Fred Astaire abbozza un ritmo Jazz 2 E 4 combinato. Una donna sulla cinquantina lo segue accennato un canzone Yiddish con la vocalità di Etta James, intorno tutti battono le mani. Mi sento di nuovo parte di un tutto, questa volta non è la solitudine a spingermi, ma l’aggregazione. 

E’ sempre difficile parlare del proprio lavoro, primo perché uno non pensa di aver cosi tante cose da dire.  È presuntuoso pensare che ci debbano per forza ascoltare. Poi perché riguardo alle proprie creazioni, si può parlare solo delle intenzioni e le intenzioni in arte hanno poco valore. L’unica cosa da fare è avere delle idee sul proprio lavoro e sperare davvero che siano tutte sbagliate, perché in un progetto quello che vale è la ricerca e la continua rincorsa delle proprie idee.

Dopo aver spiegato le miei “intenzioni” ai miei nuovi amici mi addormento nella serata più serena che abbia passato dall’inizio del viaggio.

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