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Road to Nordkapp – Quindicesima tappa: Erfurt

di Emanuele Mei

“Nella casetta ogni cosa era minuscola, ma straordinariamente linda e aggraziata. C’era un tavolino ricoperto da una candida tovaglietta e apparecchiato con sette piattini: ogni piattino aveva i suo cucchiaini, sette coltellini, sette forchettine e sette bicchierini. Lungo la parete, l’uno accanto all’altro, c’erano sette lettini, coperti di candide lenzuola”.

A Bamberga la mattina ha l’oro in bocca, ma io parto comunque tardi. Dopo aver sbrigato alcune commissioni, preparato le borse, assettato la bici comincio a pedalare verso la Turingia. Non ho una destinazione precisa, ma l’obiettivo minimo che accetto è Coburgo e solo in caso di problematiche risolvibili in giornata. La strada è quasi tutta in pianura, in 3 ore percorro 51 km con la bici che pesa come un macigno. Sono soddisfatto. Mi accompagnano pochi pensieri, mi guardo intorno senza troppa attenzione. La natura bavarese offre scorci da cartolina anche nella sua parte settentrionale. La rete ciclabile nel nord è sviluppata, la bici è importante quanto l’auto, intorno alla bicicletta esiste un mondo di appassionati che si raccoglie attorno a centri o in associazioni dedicate. Peccato che in Italia tutto ciò non sia visto come un business.

Coburgo si trova nella parte più settentrionale della Baviera, a pochi km dalla Turingia e dalla Sassonia. Già entrando nella città si percepisce un’atmosfera austera, gli abitanti sono fedeli alla chiesa protestante. Visito velocemente il centro e valuto il da farsi. La piazza è caratterizzata dalla statua del principe Alberto di Sassonia- Coburgo-Gotha, marito della regina Vittoria d’Inghilterra. Sono le 14 e di fronte avrei una salita importante che mi porterebbe sull’altopiano della Turingia. La meta sarebbe Saalfeld. Ma si!! Oggi mi sento bene. Sono spinto dall’entusiasmo e dall’adrelina. Decido di andare avanti! La selva della Turingia è una successione di colli con dislivelli da 200 a 900 metri. Ci metto poco a maledire me stesso e il mio entusiasmo, ma ormai sono in ballo e almeno a Saalfeld ci devo arrivare. Nessuno sport è legato al dolore come il ciclismo, ma io non sono in grado di gestire la fatica, sarà vero che nella vita vince solo chi soffre di più?

Per realizzare i propri sogni, i propri progetti, bisogna spingersi più in là dei propri limiti. Solo trovandosi spaesati e perdendo la via, si possono scovare nuove strade da percorrere. Solo uscendo dalla propria zona di confort si ottengono risultati straordinari. Questo, spesso, implica scelte scellerate.

Credo ci sia un confine tra follia e stupidità che non ho ancora individuato. Spesso mi trovo in situazioni poco gradevoli per aver fatto quel centimetro in più che avrei dovuto evitare. Ma cado sempre in piedi! 

Attraverso le montagne di ardesia del Vogtland sotto il sole caldo di agosto. Mentre pedalo penso alle bestie feroci che popolano l’immaginario dei locali, riportate nelle favole dei fratelli Grimm. Immagino che possano uscire dal bosco e rincorrermi, dandomi la giusta spinta per arrivare in cima. Penso alla casetta di Biancaneve che mia nonna descriveva nei particolari quando mi raccontava le favole prima di andare a letto la sera. Arrivo a Saalfeld stremato ma talmente assorto che non provo nemmeno a fermarmi. Vado avanti. Alzo l’asticella e punto dritto verso Erfurt. Continuo a ripetermi che da ora in poi sarà solo discesa, e che varrà la pena allungare oggi perché guadagnerò parecchi Km. 

Un buon modo per provare a gestire il dolore dovuto alla fatica è fare una lista dei motivi per cui lo stai facendo, leggerla ogni sera prima andare a dormire e ogni mattina prima di cominciare a pedalare. Se si perde il controllo e la fatica diventa insopportabile, bisogna trovare un mantra da ripetere in continuazione. 

Dopo circa 160 Km entro nella città di Erfurt, città delle torri e capitale della Turingia. 

Sono le 21.15, cerco un hot spot per capire dove andare a dormire. Prenoto l’albergo più a buon mercato e mi dirigo subito li.

Lungo la strada la ruota davanti scivola sul binario del tram, la mia bicicletta esegue un back side rodeo in perfetto stile Shaun White, le valige volevano in tutte le direzioni. Ma io cado in piedi, come sempre.

La reception è chiusa, faccio un self check-in e mi ritrovo in una grande stanza con due letti matrimoniali alla francese e un bagno dalle dimensioni spropositate.

Più ci si sposta verso nord e più bisogna fare attenzione all’orologio se non si vuole andare a letto senza cena! In Germania le cucine dei locali e dei ristornati chiudono alle 20.30, e spesso l’ultimo ordine è effettuabile alle 20. Sono le 21.30 e rischio di andare incontro al primo digiuno da quanto è cominciata quest’avventura. Scorte di cibo non è ne ho, se non piccole porzioni energetiche che mi servono per pedalare. L’alternativa è il Kebab orientale, ultima frontiera del trash culinario tedesco. Dopo essere stato rimbalzato da 4 ristoranti decido di fare il tentativo decisivo. La famosa ultima spiaggia, zona in cui di solito sono fortissimo.

Così incontro Roberto, il proprietario di una pizzeria nel centro della città. Roberto mi fa accomodare e mi tratta come un vecchio amico. Gli italiani non sono per nulla nazionalisti, ma sono compatrioti e questo mi porta conforto, calore e una pizza con birra offerti.

Termina questa giornata che sembra infinta. Le gambe si muovono da sole in direzione del letto. Davanti alla porta dell’albergo vedo due ragazze molto giovani, preoccupate. Mi dicono di aver perso il treno per Berlino. Stanno cercando un responsabile dell’hotel per affittare una stanza dove riposare fino alla mattina successiva. Ma la reception è chiusa, così il karma mi dà l’occasione di restituire la pizza e la birra dopo nemmeno mezz’ora. 

Offro alle de ragazze ospitalità in uno dei due letti matrimoniali, accettano con un timore. Prima di farle salire in stanza ci conosciamo meglio, sono due studentesse marocchine provenienti da Dnipro e in fuga dalla guerra. Stanno cercando di tornare in Marocco in qualche modo. Mi ritrovo ad ospitare illegalmente in una camera d’albergo due extracomunitarie, probabilmente senza permesso di soggiorno e senza registrazione alla reception. 

Decido di sistemarmi in terra con il materassino da campeggio, lasciando i letti alle signorine e mi addormento pensando proprio al karma. Oggi sono caduto in piedi per ben tre volte.

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