La mattina mi sveglio con tutta la calma del modo. Devo percorrere una settantina di km per giungere al confine, mi sento già arrivato. L’acquazzone è sparito, fuori dalla finestra vedo il cielo blu e un pallido sole che scalda l’aria fredda. I miei vestiti sono completamente asciutti e nonostante qualche linea di febbre il morale torna alto. Non è semplice gestire emotivamente un viaggio del genere, non si è sempre al top, né fisicamente e né mentalmente. Ci sono dei momenti in cui ripensi al senso di un progetto simile, ma l’importante è non perdere mai la fiducia in se stessi e la voglia di scoprire e di scoprirsi. Non voglio nemmeno immaginare il giorno in cui questa voglia verrà a mancare.
Riparto con calma alle 11. La mia condizione fisica attuale mi consente di coprire lunghe distanze in poche ore e con una bici appesantita. Seguo la E4 senza fermarmi, ho voglia di arrivare. Kalix è l’ultimo centro abitato prima del confine di Haparanda. Dopo Kalix la temperatura scende sensibilmente, da ora in poi per proseguire dovrò calcolare esattamente i chilometri e non potrò più perdere tutto questo tempo durante il percorso.
Oggi la pedalata è sicura e stabile, è vigorosa. Ieri ero in procinto di perdere l’uso del piede destro e oggi sto vivendo la giornata con le sensazioni fisiche migliori da quando sono partito.
La foresta svedese rimane ai margini e attraverso con sicurezza i villaggi di Vanafjarden, Santis, Harrioja, Nikkala, Salmis, e arrivo finalmente ad Haparanda.
Faccio un giro di ricognizione velocemente per capire dove posso piantare la tenda. Sulla riva del fiume ci sono molti prati accoglienti e posso vedere finalmente la Finlandia che mi chiama dall’altra sponda. La Finlandia. Si, proprio lei, urla talmente forte il mio nome che decido di non farla aspettare.
Haparanda e Tornio sono come Buda e Pest, due villaggi che sorgono su rive opposte dello stesso fiume che però funge da confine nazionale. Dall’altra parte cambia poco, ma cambia tutto. La moneta, la lingua, i negozi e anche’ i caratteri somatici sembrano essere un po’ meno gentili. E’ incredibile come in così poco spazio possano crearsi cosi tante differenze. Anche il clima diventa ancora più rigido e secco al di là del fiume. La lussureggiante Svezia sparisce dai miei occhi in un batter baleno e lascia spazio ad un Finlandia spoglia e fredda dall’aspetto spettrale.
Mi accampo nei pressi di un torrente nelle sera più fredda che abbia incontrato fino ad ora, da adesso in poi queste temperature diventeranno una consuetudine, devo abituarmi all’idea.
Sono passato dall’autunno all’inverno in poche centinaia metri. Qui la natura sembra un dipinto che necessita di sguardi più attenti e prolungati. Di fronte ad un’opera naturale come questa lo sforzo maggiore è dell’osservatore che deve sforzarsi di penetrare nelle differenze delle composizioni, di capirne il linguaggio. Nel quotidiano uso solo alcune zone del linguaggio per comunicare le mie esperienze. Questo tipo di comunicazione si basa su esperienze sensoriali che abbiamo in comune e applica regole di comportamento precise, che servono per facilitare la comprensione in un messaggio. E’ difficile quindi per me descrivere l’astrazione di un momento come quello che sto vivendo attraverso le parole. Scatto una foto, così da fermare nel tempo quella porzione di spazio e penso alla riproducibilità dell’immagine che sto registrando.
Perché voglio fermare il tempo? Non si possono rivivere le emozioni, si crede di immortalarle in un momento ma si finisce sempre per registrare un ricordo. La vita è fatta di ricordi, senza di essi non ci saremmo e svaniremmo. Le esperienze sono i ricordi stessi, ma le emozioni e i momenti sono istantanei, passano e non tornano più. Non si può fermare un momento e non si può riprodurre, nonostante si cerchi di farlo stampando un’immagine 100 volte. Sono un po’ sballottato, vorrei ricordarmi le emozioni che sto vivendo, ma sono cosciente che queste rimarranno qui per sempre, e solo il ricordo in presenza dei luoghi può far rivivere a distanza di tempo sensazioni simili a quelle alle originali, ma comunque differenti perché intrecciate alla nostalgia che i ricordi portano sempre con sé. La prima via della conoscenza di sé passa sempre attraverso le percezioni sensoriali, ma poi si crede sempre a ciò che non si percepisce. E’ sempre cosi!
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Vivo in un piccolo paesino della Liguria, in riva al mare, dove sono tornato dopo aver studiato archeologia, arte e fotografia a Genova, Roma e Milano. Da un decennio sono impegnato in progetti a lungo termine con finalità sociali e di approfondimento in est Europa, Asia e nell’area del Mediterraneo. Utilizzo la fotografia come strumento d’indagine nello studio di ciò che mi interessa e quel che mi circonda. Sono da sempre un sostenitore dell’originalità, riversata nel linguaggio contemporaneo che cerco nella mia scrittura, nelle immagini e nella vita. Sostengo l’editoria indipendente e amo il libro in tutto le sue sfaccettature.
Dopo alcuni corsi di tecnica fotografica a Genova durante gli anni dell’Università decido di approfondire le mie conoscenze sul linguaggio e mi trasferisco a Milano dove frequento l’accademia John Kaverdash. Successivamente, sempre a Milano, partecipo alla Bauer dove svolgo un Master in ritratto fotografico e un Master per Photo Editor, per poi passare all’academy dell’agenzia LUZ.
Infine mi accosto a Door a Roma, frequentando dapprima un Master internazionale sul libro fotografico e svariati workshop con autori internazionali, diventandone membro nel 2019.
Sempre nel 2019 svolgo un Master per curatela museale on line presso Artedata.
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