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Road to Nordkapp – Ottava tappa: Vipiteno

di Emanuele Mei

Ho il morale a terra, mi riesce difficile anche scrivere. 

Questa mattina, una volta piegata la tenda, decido di arrivare a Innsbruck e parto spedito!

Attraverso Fortezza, di gran passo. In tedesco si chiama “Franzensfest” e deve il nome alla fortezza austro-ungarica della prima metà del secolo XVIII, fatta costruire dall’imperatore Francesco II. La strada scorre tra la bellezza silenziosa dei boschi e le rumorose cave di sabbia e pietra, tra masi chiusi e campanili. Track! Dopo 20 km, tra Fortezza e Vipiteno si rompe il deragliatore del cambio. Che nervoso! Lo smonto, lo guardo, mi arrabbio!

Cosa possono fare? Non posso di certo rimanere in mezzo alla ciclabile nel bosco. 

I ciclisti si aiutano tutti, e questa è una cosa fantastica. La strada che sto percorrendo in realtà non è molto trafficata, ma le poche persone che incontro si preoccupano sia per il mio mezzo che il mio stato d’animo. Alcuni non li capisco e nel dubbio cerco di sorridere a tutti! 

Smonto  il cambio, senza avere un’esatta cognizione di quello che sto facendo; lo tolgo semplicemente perché rischia di entrare nella ruota posteriore e rompere i raggi. Alla fine decido di andare a piedi fino a Vipiteno.

La strada è ripida, e spingere in salita una bicicletta con le borse è tre volte più faticoso che pedalare. 

La cosa è seria. Comunico il problema a Mattia. Il rischio è rimanere due giorni in un posto in cui non dovrei essere e che, tra le altre cose, è uno dei più costosi d’Italia. La tenda non si può piantare, pena la gogna. Decidiamo di prenotare un albergo, non ci sono alternative. E’ tardi, è domenica e ho bisogno di assistenza.

Non c’è molto da dire. A Vipiteno, in albergo tutti sono gentilissimi con me, anche i clienti! Puzzo, non ho più una maglietta pulita, non ho più un paio di pantaloni, i calzini camminano da soli e non ho nemmeno più una bicicletta. Nella vita si finisce sempre con l’attrarre le cose positive o negative a cui si dedica attenzione e concentrazione. La chiamano legge dell’attrazione, a me oggi viene di chiamarla sfiga! 

Tuttavia le cose non succedono mai per caso. Forse la Durindana accumula la fatica la posto mio, e si è rotta per non fare arrivare me al punto di rottura. Mi piace pensarla cosi. La sfortuna è una condizione esistenziale dell’universo. In fisica si può definire entropia, ed essendo questa in continuo aumento, ne consegue che anche il caos e la sfiga aumentano continuamente all’infinito, dalla cacciata dall’Eden fino all’Armageddon. E non c’è modo per porvi rimedio. Questo vale per tutti!

Federico è un ingegnere di Torino. Ci conosciamo in una lavanderia a gettoni. Come definirle se non luoghi sospesi? Puoi starci con una persona per due ore ignorandone l’esistenza, poi basta una scintilla e partono conversazioni sui massimi sistemi, cosa possibile solo quando due persone s’incontrano per davvero. Mi parla del giuramento di Archimede, ispirato al più famoso giuramento di Ippocrate, che consiste nel non utilizzare l’ingegneria per scopi militari ed applicazioni nocive per il pianeta. Federico è giovane, ma con le idee ben chiare. Lui fa turbine, il resto non gli interessa. Alla fine ci lamentiamo della decadenza dei tempi e ci salutiamo abbracciandoci.

Non penso nemmeno più alla bici, e, intendiamoci, il danno rischia di bloccarmi qui per parecchi giorni. Oggi non c’è stato spazio per le riflessioni, forse domani. 

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