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GLI SCUGNIZZI / CARACCIOLINI IMMAGINI DI UNA MEMORIA NAPOLETANA

di PHocus Magazine

D. Osservando i volti degli infanti che tu ritrai, al pari di altri lavori, si capisce che, per te, la ritrattistica non è certo un vezzo: cos’è la fotografia? Un’arte, uno strumento, un periscopio per sondare l’anima dei dannati, dei sopravvissuti, sempre alla ricerca della bellezza?

R. La fotografia è un mezzo per comunicare, disvelare o sabotare il dolore del mondooppure è l’idolo della mondanità d’autore che rispecchia la miseria generalizzata che c’è in ogni forma d’arte… la celebrazione della merce e degli affari…sovente è uno stupro dell’intelligenzache finisce nei premi internazionali, corsi e insegnamenti che tendono tutti a instupidire frotte di proseliti… la fotografia non s’insegna, come la fierezza, si trova nella strada. La fotografia non serve a nulla se non dice qualcosa su qualcosa e possibilmente contro qualcuno! Chi conosce la forca non sempre sa fotografare e chi fotografa non conosce la forca, anche se spesso la meriterebbe!
L’amore è ciò che trapassa il dolore, nella fotografia e dappertutto… l’amore non è qualcosa da inseguire, ci s’imbatte, è un incontro di dissolvenze incrociate… è un dispaccio d’infinite tenerezze che fanno del piacere il principio di tutte le vie… i gelsi, gli oleandri, i nespoli, i tigli lo sanno che vezzosità, allegrezza e coraggio aspirano a proteggere il desiderio d’amare e d’essere amati, e la fotografia di te, di me, di noi è la memoria-specchio di una ferita che è inconcepibile senza l’amore di sé per l’altro/a… e dice: a te, che mi hai fatto scoprire e conoscere l’amore dell’uomo per l’intera umanità.
Gli sguatteri di genio di Balzac o di Swift s’inventavano la vita, rinunciavano a copiarla… e per eccesso d’intelligenza cadevano nel romanticismo d’avvelenare i padroni o di lasciarsi andare all’inadempienza, all’esagerazione, alla bizzarria o all’oscenità, e tutto perché avevano inteso la musicalità dell’imperfezione. La bellezza sta nell’infinitezza di un volto, di un corpo, di uno sguardo… non nella perfezione della forma che l’uccide… la bellezza deve contenere la giustizia, altrimenti è un esercizio di stile… per difendere la bellezza, gli antichi greci presero le armi, Albert Camus, diceva… quando i popoli scopriranno la fame di bellezza che c’è nei loro cuori, ci sarà la rivoluzione della gioia nelle strade della Terra.

D. A pagina 7 del libro, sulla bella pagina bianca, compare una dedica. Fruitori dovrebbero essere i tuoi nipoti; attraverso loro anche quella schiera di giovane umanità dall’infanzia negata, potenzialmente senza futuro…?

R. I bambini e le donne, principalmente… sono le vittime predestinate dell’innocenza violata e non c’è guerra che non sia prodiga di genocidi… nell’alveo delle giustificazioni i padroni dell’immaginario armano anche la pietà del crocifisso e per mancanza di leggerezza o di irrequietezza si nutrono delle ambasce della partitocrazia… esperti in tutto (finanzieri, politici, avvocati, assicuratori, psicologi, sociologi, artisti, bottegai, poliziotti, operai, financo i portinai) fanno parte di coacervi d’aspettative che da un lato ammazzano la verità e dall’altro lavorano per l’edificio delle lusinghe… i beccai vendono armi e giocano in Borsa… il protettorato dell’opportunismo è sempre sulla punta del fucile e, come l’ostia, aspira a una religione da macellai o da iene… a eccezione dei bambini, dei folli o dei poeti maledetti, l’inclinazione all’equivoco del genio tormenta soltanto i santi, gli assassini e gli stupidi… e tutti quelli incapaci d’inserire le virgole dove non stanno… e di fare del punto un’idea d’infinito… coltivare l’incompiutezza della rivolta è accettare l’utopia, come l’amore, in piena incoscienza, e fare dell’eresia un percorso di tentazioni, vertigini e colpi di mano… l’impostura è l’ultima parola di una civiltà che si spegne.
All’orizzonte c’è sempre un padrone che minaccia, finché gli uomini e le donne non avranno compreso che l’ingiustizia governa l’universo ed è in mano a un’accolita di saprofiti che non sanno nemmeno accendere il gas di una stufa, ma sanno bene come farne indice di ricatto in conflitti e transazioni bancarie… la demiurgia della politica si nutre di agonie storiche prescritte…una gehenna che non rilascia certificati di buona condotta — la Gehenna, dicono im testi sacri, ricordiamolo, era la sede (a Gerusalemme) del culto del dio Moloch, dove venivano bruciati in olocausto i bambini, dopo essere stati sgozzati; colpita da anatema dal re Giosia (639-609 a. C.), fu adibita a scarico dei rifiuti… la flânerie del massacro fiorisce sui begli ingegni che ne permettono i delitti… la redenzione che ne consegue si converte alla credenza che chiunque non accetti la lebbra dei mercati è un malato di mente… poiché aborre gli eroi, i martiri e le invarianze del neocolonialismo.
Solo la tentazione di un nuovo ordine amoroso dell’insieme sociale può passare dalla fame delle capanne all’incendio dei palazzi, Pietro Gori, cantava… la forma intellettuale, civile, politica liberata sta nel divenire rivoluzionario degli individui! Nietzsche l’aveva capito presto, anche Baudelaire o Don Chisciotte… la cacciata dei mercanti dal tempio è solo il primo passo per la realizzazione di epoche in cui i despoti muoiono e i popoli ballano sulla testa dei re…poiché la conquista della libertà non conosce buone maniere.

D. Nel gran volume fotografico non ci sono solo immagini; ci sono “scritture” di altri a bordo del tuo personale bastimento che rolla e beccheggia nel mare magno e turbolento di quest’epoca (A. Maria Corea, Paola Grillo, Francesco Mazza, Alex Zanotelli, Carlo Leoni, Pierluigi Di Piazza, Pierluigi Nicotera), chi sono? Compagni di viaggio, corsari, odissei che non si piegano alla furia del vento e tengono, nonostante tutto, sempre la rotta?

R. I miei compagni di viaggio sono l’equipaggio del Pequod a caccia di Moby Dick… la balena bianca che regna su tutti i mari e sparge terrore e morte ovunque… il capitano Achab è l’idea libertaria che ogni forma di potere va abbattuta anche a spese della propria vita… io sono semplicemente Ismael che racconta l’infanzia negata dei bambini dalla stupidità della guerra… non ci sono guerre sante, né guerre giuste, né guerre umanitarie… le guerre
arricchiscono l’arcipelago delle banche, dei partiti, delle chiese… e i trafficanti d’armi siedono indisturbati ai tavoli internazionali di pace… la pace si fa con la pace, con la disobbedienza civile, con la diserzione, l’obiezione di coscienza… mandateci i potenti a fare la guerra, a scannarsi fra loro, vedrete che non usciranno dal loro covo di serpi per non pisciarsi addosso dalla paura…. capi di stato, generali, finanzieri, papi, politici… sono gli ideologi di una civiltà della barbarie disseminata lungo i millenni ai bordi delle fosse comuni. Gli odissei sono passatori di confine, contrabbandieri di sogni, viandanti delle stelle, bracconieri d’amore… non hanno nomi né volti… e ciascuno ha la sua rotta… la dissociazione è la sola via sovversiva che canta il piacere del diverso e dell’uguale che generano il bello, il bene, il giusto, il vero… e come la dolcezza amorosa magnifica l’istante e afferra il desiderio non come mancanza, ma disinganno dei propri spaventi… fa del femminino la più formidabile interrogazione antisociale che sfocia in un’erotica della dignità senza steccati morali.

D. Gino Strada affermava che la “guerra sarebbe dovuta essere Tabù”; anche tu vorresti ribadire tal concetto nel libro, che altro?

R. Le guerre sono sempre state causa di disuguaglianze sociali… i mercati finanziari, il sistema bancario, la corruzione dei partiti, i mercanti d’armi, la servitù volontaria… la mancanza d’indignazione, le convenienze, le obbedienze, le schiavitù accettate dei popoli… sono l’ossatura corporativa della civiltà della mediocrazia e il ballo mascherato di destra e sinistra rappresentano l’inganno e la degenerazione dell’utilitarismo come riconoscimento pubblico…
non c’è ingiuria contro ogni sorta di possesso né di totalitarismo, perché il diritto del più armato persuade, convince, converte tutti coloro di cui ha bisogno per accrescere il profitto di pochi a discapito del maggior numero… ed è cosa vecchia ed ha a che fare con l’origine delle disuguaglianze — “Il primo che, dopo aver recintato un pezzo di terra, si azzardò a dire: ‘Questo è mio?’, trovando persone abbastanza semplici da credergli, può essere considerato il vero fondatore della società civile —”, Jean-Jaques Rousseau, diceva… perduta la felicità dell’innocenza, non restava che l’oltraggio dell’appropriazione… per essere padroni bisogna avere dei servi e i servi resteranno servi sino a quando diranno la mia parola è no! e il padrone si accorgerà di loro solo quando gli taglieranno la gola!

D. Le immagini parlano. L’estetica di Pino Bertelli rompe il silenzio omertoso voluto dai potenti che saccheggiano ovunque; e mistificano la realtà nel tentativo di imporre la propria dittatura che spaccia per “interesse generale, quando invece è solo particolare e depauperante.
Pino, tu sei capace -pur nelle condizioni di tragedia umana – di cogliere un sorriso che preconizza le condizioni prossime di riscatto dei vinti. Come e cosa fare per mettere in minoranza i guerrafondai e strappare alla guerra l’infanzia?

R. Non so cosa sia l’estetica né l’etica, in arte come nella vita, almeno nel senso in cui sono insegnate, dispensate o soltanto imposte… so che quando mi trovo davanti a qualcuno che non è proprio apposto, mi metto apposto io, Diane Arbus, la mia maestra, diceva… a un certo grado di verità o di bellezza o d’insolenza, la fotografia diventa indecente! Ecco… eccetto le signore della strada, gli scemi del villaggio o i rivoluzionari senza rivoluzione in piena coscienza… non saprei davvero a chi dare la nostra adesione… e poi la fotografia sarebbe intollerabile senza gli eretici che la negano.
Le immagini parlano… è vero… e davanti a un tribunale degli angeli del non-dove nessuno è innocente, poiché l’alfabetizzazione della fotografia e di tutte le forme di comunicazione sono pretesti che alzano il rango a feticcio e non importa aver letto Epicuro, Marx, Bakunin o l’asino Platero, per comprendere che ogni creazione realizzata per il mercato delle idee promuove idoli senza talento o si rivolge alle categorie del successo a uso dei servi… nel mazzo delle loro paradisi fittizi o inferni edulcorati, preti, politici, finanzieri, fabbricanti d’armi, artisti… esprimono la stessa reticenza degli assassini… assolvere il crimine perpetuato contro gli ultimi in cambio di un posto in società, quale che sia.
L’ha scritto da par suo E.M. Cioran: “Come piedistallo avrete un letamaio e come tribuna un armamentario di tortura. Non sarete degni che di una gloria lebbrosa e di una corona di sputi”.
Ci viene da ridere… ciascuno è sempre l’immagine di ciò che ha voluto distruggere o ammirare… basta non screditare né miti né istituzioni né paraventi elettorali e gli uomini non corrono nessun rischio… possono dire tutto e contro tutti, basta che non facciano sul serio!
Idiozia e fede sono sinonimi… seguendo la variante degli entusiasti a tutto e farsi carico di psicopatie appassionate, si confonde una poesia ereticale di Pasolini con l’ipocrisia di un capo di Stato, un generale, un papa o un portantino d’ospedale che ricopre d’oro un watercloset e lo vende a milioni di dollari come un’opera d’arte. La fiamma dell’imbecille è sempre accesa sul monte di pietà dei mercati… i funzionari della cultura, come i monatti della politica
(specie di sinistra), danno prova della loro iniquità ogni giorno, tuttavia il loro potere eretto a sistema è ancora ben solido e si regge sull’olocausto della storia.

D. Pino, a ottant’anni, dopo essere stato “sulla strada” alla maniera antica di Jack London, poi che sei stato – tra le tante – allievo di P.P. Pasolini, quindi operaio all’ITALSIDER ed editore di TraccEdizioni, tu che sei cresciuto davanti al mare e non hai mai smesso di essere un fotografo, quale sogno cova il tuo spirito indomito?

R. Chi come me è nato nella pubblica via e ha amato i “quasi adatti” che hanno fatto della sovversione non sospetta dell’immaginale, il raggiungimento di un’infanzia intramontabile e hanno scelto di non dilettarsi ad abbaiare ma quando è il caso di mordere… e dispongono di oceani di sputi per riversarli contro i possidenti dell’immaginario globale… che non vogliono comandare né essere comandati… e si tengono lontani da qualsiasi insegnamento e da qualsiasi catechesi… sotterrano le proprie armi in cantina sotto i libri di Ernst Jünger (Il trattato del ribelle), Albert Camus (L’uomo in rivolta), Jean Genet (Diario del ladro) o Pier Paolo Pasolini (Ragazzi di vita), ma anche Alice nel paese delle meraviglie, I viaggi di Gulliver o Huckleberry Finn (Huck per gli amici di strada)… tengono nel tascapane Nietzsche, Shakespeare, Rabelais o il curato di campagna, Jean Meslier, quello che scrisse nel suo Testamento:
« Io vorrei, e questo sia l’ultimo ed il più ardente dei miei desideri, io vorrei che l’ultimo dei re fosse strangolato con le budella dell’ultimo dei preti ». Una frase che ci ha sempre commosso fin da quando rubavamo nella cassetta delle offerte della chiesa dei frati cappuccini di una città-fabbrica… nella rivolta della gioia del ’68 ci venne dunque naturale aggiungere di strangolare non solo i re e i preti, ma anche l’ultimo dei padroni!
Siamo insomma di quei cani randagi o anarchici aristocratici che hanno compreso che tutte le prospettive ideologiche-istituzionali sono senza valore… perché sono fondate su sistemi di speranze che le confermano… anche i crimini di Stato più raffinati vengono commessi con quel senso d’onnipotenza sacrale propria agli assassini più coscienziosi… i conflitti contro la polizia (e i servizi speciali) cominciano nelle segrete di un parlamento, una banca, una chiesa o una sede sindacale e finiscono per sostenere i medesimi criminali che li hanno fagocitati.
Per chiudere, come anche per aprire… non è con la fotografia che si fanno le rivoluzioni, le rivoluzioni si fanno con le rivoluzioni… tuttavia… con la fotografia si può diventare uomini e donne migliori e cercare di fare la rivoluzione del bene comune nell’uomo.
La vita non è che un debutto!
Riprendere dall’inizio!

La nostra chiacchierata col fotografo Pino Bertelli termina. Almeno per ora. Il segno tangibile del suo lavoro disposto per immagini – quelle che danno voce all’infanzia negata – è chiaro. Nel guazzabuglio mediatico di quest’epoca in disfacimento la sua narrazione non lascia dubbi: la guerra va abolita.

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