
Ho conosciuto da poco l’arte variegata di questo artista, fotografo, regista, violinista di formazione classica e musicista britannico, noto anche come membro fondatore della band elettronica Ladytron.
Reuben Wu nasce a Liverpool nel 1975, figlio di immigrati di Hong Kong. Si è formato in design industriale alla Sheffield Hallam University, laureandosi nel 1997. Nel frattempo, ha incontrato Daniel Hunt a Liverpool nel 1994; i due hanno formato Ladytron nel 1999, insieme a Mira Aroyo e Helen Marnie. Wu ha conseguito un master nel 1998 presso l’Università di Liverpool. Ha lavorato come designer industriale fino a quando non è entrato a tempo pieno nella band nel 2002.

“La fotografia è una finzione. È un fotogramma di un film che non è stato girato, o un verso di una poesia dimenticata.”
Reuben Wu è un esempio di come il duro lavoro mescolato a una mente inquieta possa portare a un potenziale creativo infinito. Passando dalla regia alla fotografia e suonando nella sua band Ladytron, Reuben è riuscito a sviluppare il suo processo creativo senza avere limiti di mezzi o di formati. Già questo fa crescere la curiosità intorno al personaggio in questione.
Tanto per capirci, tra le mille cose che crea, Wu ha co-scritto e prodotto due canzoni, “Birds of Prey” e “Little Dreamer”, per l’album Bionic di Christina Aguilera del 2010. Non è roba da poco.
Tuttavia, non si tratta di una fantasia da genio creativo: per essere così ampi e creare fotografie di paesaggi così uniche è necessaria una pianificazione esaustiva, una ricerca, una sperimentazione e un’attenzione particolare.
Da giovane, il percorso di Wu ha oscillato tra le discipline, alla ricerca della sua vera direzione. Alla fine dell’adolescenza ha scelto il design industriale per l’università, non perché lo amasse, ma perché gli avevano detto che l’arte non avrebbe pagato le bollette. Si diletta con la fotografia in bianco e nero, ma la desolante distesa industriale di Sheffield lo lascia indifferente. “Decisi che la fotografia non mi piaceva”, dice quasi con disprezzo.
Ma questo giudizio precoce non significava che fosse perduto. Il design industriale si adattava alla sua curiosità per gli oggetti, le loro forme e le loro funzioni. “Sono sempre stato affascinato dall’aspetto e dal funzionamento delle cose”, dice. Ha trascorso anni in società di consulenza, ha ottenuto brevetti e ha scavato a fondo nella meccanica del design. Tuttavia, il suo spirito creativo non poteva essere confinato. A vent’anni si è dedicato alla musica elettronica.
La band decolla. I singoli ebbero un grande successo, vennero firmati contratti a Los Angeles e Wu si trovò di fronte a un bivio: rimanere nel design industriale o andare in giro con la band. Scelse la strada della musica e per quasi un decennio visse la vita che molti sognano, in tour per il mondo. Ma i concerti si confondevano e la strada diventava un loop. Così Wu ha ripreso in mano la macchina fotografica, questa volta per immortalare il mondo in cui si muoveva.
“Viaggiavo in questi luoghi selvaggi, luoghi che pochi avevano visto. Hanno fatto scattare in me una scintilla, qualcosa che non potevo ignorare. Così ho iniziato a fare pratica, sperimentando con pellicole e vecchie macchine fotografiche”.
Il ritmo dei viaggi e della fotografia si è intrecciato, fino a raggiungere l’apice con un viaggio in solitaria alle Svalbard, in Norvegia, nel 2011. È stata la sua prima vera avventura fotografica, separata dalla band. A Svalbard, terra di cime ghiacciate, fiordi e un sole che si rifiutava di sorgere, Yu ha creato il suo primo lavoro coeso. È diventato il punto di svolta. La band si ritirò e Wu, macchina fotografica alla mano, non si guardò più indietro.
E così tra una lavoro e un progetto personale Wu è diventato fotografo del National Geographic nel 2022 dopo aver pubblicato il suo primo incarico sulla rivista, una storia di copertina su Stonehenge per il numero di agosto. Nel marzo 2023, la storia di Stonehenge ha vinto il premio “Online Storytelling Project of the Year” nell’ambito del Pictures of the Year International Competition, un concorso annuale per fotografi documentaristi e fotogiornalisti che fa parte del Pictures of the Year International.

Tutto è iniziato con il passaggio alla reflex digitale. “Ero attratto dalla fotografia a lunga esposizione”, dice, ”cercando di spingere la fotocamera oltre ciò che l’occhio può vedere. Le lunghe esposizioni rivelano una dimensione diversa del mondo”. Stava anche sperimentando il time-lapse e ha preso una fotocamera digitale per esplorare il video. Una notte nel deserto della California, mentre stava catturando un time-lapse dei Pinnacoli di Trona, un pick-up si avvicinò con i fari accesi. Erano le due di notte, una notte tranquilla sconvolta dalla luce. All’inizio era furioso, pensando che il suo time-lapse fosse stato rovinato. Ma più tardi, quando ha rivisto il filmato, è scattato qualcosa. La luce artificiale aveva trasformato la scena, alterando l’atmosfera in un modo che non aveva previsto.
Wu si è reso conto del potere dell’illuminazione artificiale nei paesaggi, soprattutto di notte. “La fotografia di paesaggio si basa spesso sul sole o sulla luna”, spiega Wu, ”e ciò comporta dei limiti. L’idea di utilizzare la luce artificiale in luoghi inaspettati mi ha intrigato”. Ha iniziato a sperimentare i droni, non per fare foto, ma come fonti di luce volanti. “I droni non sono molto efficaci in condizioni di scarsa illuminazione, quindi ho collegato una luce a uno di essi. Farlo volare nell’oscurità, proiettando la luce dove non ci si aspetterebbe, ha creato un effetto stridente. Potevo controllare la luce in un modo che i fotografi di paesaggio tradizionali non potevano fare. Creavo la mia illuminazione, la mia atmosfera, invece di aspettare che accadesse”.
Ogni giorno siamo sommersi da bellissime immagini del familiare e così Wu, nel suo lavoro, immagina queste scene trasformate in paesaggi sconosciuti che rinnovano la nostra percezione del mondo.
E’ importante sottolineare che prima di tutto ha sperimentato molto con vari tipi di pellicola e le vecchie macchine fotografiche analogiche ed ha iniziato a ispirarsi usando l’aspetto delle pellicole d’epoca e riprendendo i luoghi che si accordavano con quell’estetica e quel processo: l’immensa tecnologia dell’era spaziale o le cittadine artiche abbandonate cercando di documentare questi luoghi e queste cose in un modo che non era mai stato fatto prima, come fotografare l’aurora boreale con una pellicola Polaroid scaduta, quindi in un certo senso si trattava molto di lavorare sul processo tecnico. Da allora continua a seguire la stessa estetica, ma sempre più raffinata.
“Vedo il lavoro non solo come una fotografia, ma come un mestiere d’arte visiva.”
C’è bisogno di pianificazione e preparazione all’idea che ha in mente, soprattutto quando un luogo è di difficile accesso o fuori dai sentieri battuti. Questo include avere un telefono con GPS e mappe, capire la direzione e la fase del sole e dei cicli lunari, pianificare gli angoli di attacco e scegliere l’attrezzatura per il tipo di immagine che vuole catturare.
Ha rivelato che quando fotografa per motivi personali, sta praticamente sveglio tutta la notte, quindi si concede il tempo di sperimentare e di far accadere la serendipità. Ritengo che tornare in un luogo e riprenderlo sia un ottimo modo per migliorare, perché hai già elaborato il modo in cui lo riprenderesti meglio e ogni volta scopri qualcosa di nuovo.
Il lavoro di Wu mi fa pensare a un mondo futuro bello e immaginario tanto quanto a uno decadente e catastrofico, sembra che non si riesca a sfuggire agli accenni di malinconia che in qualche modo l’artista tenta di farci arrivare. A volte è molto sottile, altre per niente, ma è un attributo generale che mi attira sempre nell’arte.
Le nuove tecnologie, come le fotocamere a 360 gradi e i droni, stanno portando la fotografia letteralmente a nuovi livelli e durante una intervista gli hanno chiesto: “Qual è la differenza tra usare questi nuovi strumenti come espediente e usarli per innovare e superare i limiti?”
Questa è la sua stupenda risposta:
“Penso che quando una tecnologia è nuova, le persone giocano ed esplorano le possibilità, e questo è un inizio fondamentale per la creatività. All’inizio queste idee possono essere un espediente, ma alla fine la familiarità con il nuovo strumento permette di creare nuove connessioni nella mente. La novità di pilotare un drone o di usare una telecamera 360 comincia a svanire e ci si ritrova semplicemente con l’opportunità di rendere reali concetti più profondi e significativi.”
Qui di seguito alcune immagini che mostrano la preparazione di Reuben Wu, attrezzatura e progettazione.
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Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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