Le pellicole a sviluppo immediato Polaroid sono state il sogno dei tanti utilizzatori che desideravano vedere subito le loro foto, ma anche il segno di un’epoca passata attraverso miti, sogni ed immagini creative. Un po’ di storia e qualche considerazione.
Dobbiamo risalire al 1947 quando Edwin Herbert Land, già fondatore della Polaroid Corporation nel 1937 (ma l’azienda all’epoca si occupava di filtri ottici e lenti polarizzate), si trovava in vacanza con la figlia Jennifer di 3 anni. Da bravo papà, scattò alcune foto a sua figlia e questa, con il candore tipico dei bambini, gli chiese perché non potesse vedere subito le foto scattate.
Edwin prese molto sul serio la richiesta della figlia e, dopo un anno di ricerche, arrivò alla prima macchina fotografica istantanea della storia: la Polaroid 95 ed era l’anno 1948.

L’idea era semplice e complessa allo stesso tempo: la macchina fotografica sviluppava le foto al suo interno ed ogni “stampa” era in realtà un involucro contenente i prodotti chimici atti allo sviluppo. L’involucro si rompeva al momento dello scatto e, quando la foto usciva, passava attraverso due cilindri che stendevano i chimici sull’emulsione. Si doveva attendere circa un interminabile minuto per vedere apparire lentamente l’immagine, piccola, di pessima qualità e molto costosa, ma la magia di vedere subito le foto scattate compensava tutto. Le prime foto Polaroid erano solo in bianconero, ma con il successo della fotocamera ed il boom degli anni ’60, Edwin Land si dette da fare per inventare e brevettare la prima pellicola immediata a colori che fu messa in commercio nel 1963.
L’azienda ha cercato sempre di rinnovare i modelli, le pellicole e gli accessori per restare sulla cresta dell’onda, si passò dai modelli e dalle pellicole per la famiglia a quelle utilizzate dai fotografi creativi che ne hanno fatto il proprio segno distintivo, ma con gli anni 2000 e l’avvento del digitale la Polaroid fece bancarotta ed il marchio fu ceduto. Nel 2010 fu acquistato da una società che decise di rilanciare il prodotto sfruttando le moderne tecnologie.
La fotografia immediata è stata un desiderio dei fotografi sin dall’inizio e oggi è praticamente diventata realtà grazie al digitale: anche la foto ricordo con gli amici in pizzeria può essere subito goduta sullo smartphone e, se serve, scattata di nuovo.
Da una parte il piacere di vedere subito le immagini e dall’altra la perdita del senso dell’attesa, quella trepidazione che ci faceva attendere la consegna dei rullini sviluppati da parte dei fotolaboratori, spesso passeggiando fuori al negozio con largo anticipo rispetto ai tempi, noti, dell’arrivo del corriere. Era anche una buona occasione per socializzare con gli altri fotografi e scambiare opinioni sulla fotografia.

Inutile cercare di stabilire cosa sia meglio o peggio e, per molti altri aspetti, sono ben felice di essermi affrancato dalla perdita dei negativi, dai graffi e dalle stampe interpretate “a fantasia” dai fotolaboratori, per non parlare delle difficoltà ad ottenere eventuali variazioni dell’esposizione o dei colori che avevo tentato in fase di ripresa. Riesco a gestire meglio le mie immagini, il mio archivio, la parte della stampa e, se perdo un “negativo” perché si danneggia un HD, quasi di sicuro ne ho una copia di backup: non ho negativi o diapositive “di backup” – l’unicità è il loro pregio – ma aver perso migliaia di immagini perché graffiate dai fotolaboratori o dalle tipografie per me è un motivo più che sufficiente per essere soddisfatto nella mia vita digitale.
Ma torniamo alle Polaroid ed alle loro immagini istantanee.
Non ho mai vissuto la fase del fotografo che voleva vedere subito le foto scattate con gli amici neanche da bambino ed ho sempre notato che le foto scattate con la Polaroid fossero di qualità di gran lunga inferiore anche a quelle della mia Comet Bencini: in maniera del tutto inconsapevole, già allora puntavo alla qualità.
Ho scoperto, invece, le Polaroid da adulto, quando la qualità dello strumento non contava più ma subentrava la voglia di esprimermi in maniera diversa e cercare la parte creativa che era in me. Un mondo a parte per esigenze e modi di raccontare diversi. In questo caso vediamo molti grandi fotografi che si sono espressi grazie alle Polaroid (Ghirri ne è un esempio eclatante), ma all’epoca non conoscevo Ghirri né nessun altro (la mia cultura fotografica era ben lungi dall’arrivare, ma avevo la cultura artistica a supportarmi), avevo solo tanta voglia di esprimermi e sperimentare.

Da qui i miei esperimenti con le foto notturne che non si potevano scattare con le fotocamere Polaroid e le stampe “disegnate” durante lo sviluppo. Giusto ieri ho ritrovato, tra le pagine di un libro, queste fotografie che mia figlia mi scattò con una fotocamera Polaroid il 23.5.2002. Aveva solo una decina d’anni, ma tanta voglia di imparare giocando e le Polaroid e la camera oscura furono alcune delle sue stanze dei giochi. Aveva un intero mondo da scoprire e voleva fotografarlo.
Rino Giardiello © 09/2021
Riproduzione Riservata
Articoli correlati:
Per acquistare la tua Polaroid visita CineSud store!
Altri articoli di questo autore
MEDIOFORMATO VINTAGE ECONOMICHE
ROLLEI 35. La compatta che ha fatto la storia.
Non chiamatele “cugine povere”!
Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’
La vita in un floppy – Foto, documenti e programmi in un piccolo floppy da 1,44MB
Con un occhio solo: La visione stereo e la tridimensionalità delle foto
SIGMA 105 F/2.8 DG DN MACRO – Un tele macro senza compromessi
Rino Giardiello – PHocus Magazine nasce da tre sfide

No comment yet, add your voice below!