
Pochi elementi che restituiscono un’atmosfera orientale con grandi probabilità giapponese: un magnifico lussurioso albero rosa, una donna con kimono a braccia aperte quasi in preghiera, un cielo notturno luminoso e il paesaggio collinare accoccolato nel buio della notte. Cosa accade nel momento in cui è stata scattata l’immagine?
Credo non sia interessante sapere, come invece avviene nel fotoreportage o nella fotografia documentaria, esattamente dove, come, perché e che cosa.
Guardare questa immagine è come leggere una poesia sulla vulnerabilità, sulla bellezza, sulla magia della notte. Potrei quasi comporla una poesia rimirando a lungo l’armonia e l’equilibrio tra gli elementi che contengono una natura bella e misteriosa in un’ora crepuscolare – quello preferito dai poeti – con una figura delicata somigliante ad una luna giapponese. È in questa ora che l’anima si apre per lasciar entrare l’impalpabile sensazione di inghiottire il mistero della vita.
L’immagine è di Paul Cupido, un artista olandese, che durante un pellegrinaggio tra Tokyo e Abashiri sostiene: “Ho scoperto il concetto zen di ‘Mu’, spesso associato in Occidente a qualcosa di negativo. Eppure è pieno di potenzialità, perché mettere a nudo le cose è una porta d’accesso alla creazione.” È un concetto filosofico orientale che potrebbe essere tradotto come “non ha”, ma che è ugualmente aperto a innumerevoli interpretazioni. Mu può essere considerato “un vuoto, anche se potenziale”, come nella filosofia del wabi-sabi.
Ricorre per me il tema dell’assenza che in questo caso il “non ha” significa togliersi tutto ciò che ci appartiene, ci condiziona, ci limita, per lasciar entrare, dentro di noi, la luce la natura la poesia. Interpreto questo concetto filosofico del “non avere” in senso opposto invece di “avere” ciò che non si vede ma che esiste e che quando non sappiamo di possederlo o non riusciamo a trovarlo in noi stessi ci fa sentire smarriti. Lunga è la strada per cercare di avere ciò che bisogna scavare togliendosi ciò che si ha. Sembra un gioco di parole ma la ricerca del fotografo è nella direzione di scoprire, capire anche attraverso una storia un pò allucinata – di cui questa fotografia fa parte – ambientata nella notte buia dell’isola di Miyakojima, Okinawa dove i riflessi della stella diventano un’ancora di salvezza nel cuore dell’oscurità, del silenzio e del vuoto.
Cupido attinge alla filosofia giapponese, al buddismo zen e alla poesia. Non è un caso che in passato ha seguito le orme del famoso poeta haiku del XVII secolo Bashō Matsuo, il massimo maestro giapponese della poesia haiku. È l’estetica del poeta che convince Cupido a far coincidere i dettami dello zen con una sensibilità nuova della società in evoluzione: dalla ricerca del vuoto, della semplicità scarna, della rappresentazione della natura, fino a essenziali ma vividi ritratti della vita quotidiana e popolare.
Il silenzio
penetra nella roccia
un canto di cicale (Haiku di Bashō)
Questa breve poesia potrebbe coincidere con il silenzio evocativo della fotografia di Cupido.
Questa ultima serie di Cupido si trova presso la galleria Polka di Parigi nell’esposizione di “Les Nuits Étoilées” realizzata insieme a Miho Kajioka una giapponese di Okayama. Lei è un’artista che ha sedotto l’Europa con la sua fotografia raffinata che le è valsa il premio Nadar nel 2019.
Tra di loro è nato un dialogo fecondo alla luce della luna, la testa alzata verso le stelle di due esploratori della fotografia che condividono la stessa direzione.
La serie di Cupido fa riferimento alla Luna, anche se in questa immagine non la vediamo. La luna che illumina e imprigiona l’uomo nell’infinitamente piccolo. Allo stesso tempo, ci collega all’infinitamente grande, attraverso quel legame di cui possiede il segreto, guidando i capitani delle navi e tutti i sognatori attraverso la notte. Le opere di Cupido possono essere considerate degli “haiku visivi”: catturano l’essenza stessa del soggetto in una forma intima e in modo molto intuitivo. Per Cupido fotografare significa essere spontaneo, camminare all’aperto, respirare, giocare, fidarsi, lasciarsi andare e vedere cosa succede. Le sue foto sono un’eco delle sensazioni che desidera comunicare all’osservatore – come in questo caso – e non vogliono essere una rappresentazione di ciò che ha visto nel momento in cui ha premuto il pulsante.
“Il mio obiettivo è quello di confrontarmi con il mondo con sensi aperti. Il mio lavoro riguarda i momenti magici della vita così come i suoi inconvenienti. Voglio fotografare dimenticandomi del processo fotografico, fino a saturarmi di un senso esistenziale della vita. Ogni passo che compio parte dalla nozione di ‘mono no aware’: la transitorietà di tutto, la dolce malinconia delle cose, l’essere sensibile all’effimero”.
DIDASCALIA @Paul Cupido “Pink Tree”, 2023 / Courtesy Polka Galerie – “Le nuits étoilées”_ Miho Kajioka & Paul Cupido
BIOGRAFIA
Paul Cupido si è laureato con lode alla Fotoacademie di Amsterdam nel 2017. Da allora ha pubblicato diversi libri d’artista, tra cui Searching for Mu (2017), Continuum (2019) e 4 a.m. (2021), ciascuno in collaborazione con la graphic designer Akiko Wakabayashi. Il lavoro di Cupido è stato esposto in numerose mostre, tra cui Paris Photo, Unseen Amsterdam e il Nordic Light Festival. Nel 2017 ha vinto il premio della giuria Hariban.
Il continuo esperimento fotografico e cinematografico di Cupido, Searching for Mu, è un’odissea personale e universale della nostra fugace esistenza in relazione alle profonde esperienze emotive dell’amore, del tempo e della morte.
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Dal 2015 mi dedico attivamente al progetto ArtPhotò con cui propongo, organizzo e curo eventi legati al mondo della fotografia intesa come linguaggio di comunicazione, espressione d’arte e occasione di dialogo e incontro. La passione verso la fotografia si unisce ad una ventennale esperienza, prima nel marketing L’Oreal e poi in Lavazza come responsabile della comunicazione, di grandi progetti internazionali: dalla nascita della campagna pubblicitaria Paradiso di Lavazza nel 1995 alla progettazione, gestione e divulgazione delle edizioni dei calendari in bianco e nero con i più autorevoli fotografi della scena mondiale fra cui Helmut Newton, Ferdinando Scianna, Albert Watson, Ellen von Hunwerth, Marino Parisotto, Elliott Erwitt e i più famosi fotografi dell’agenzia Magnum.
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