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Perché recensire un libro fotografico uscito oltre venti anni fa? [Francesco Mazza e Anna Maria Corea]

di Francesco Mazza

Edito da Nuova Arnica Editrice nel 1997 una veste grafica modesta che non gli restituisce il valore immenso che invece ha… ma sappiamo bene tutti che è la sostanza che conta e non la forma! 
 
 Quando Giovanni Cabassi, fotografo milanese per scelta e mio amico (ma quest’inciso ha poca importanza) mi ha donato questo libro io e Anna Maria ci siamo ritrovati a sfogliarlo, pagina dopo pagina, facendo attenzione a non sgualcirlo e usando tutta la grazia e la delicatezza che meritava. Ci ha lasciato senza parole tanta era la poesia che vibrava in quelle pagine e così abbiamo sentito il bisogno di buttare giù due righe  di ringraziamento.
 
QUESTO LIBRO CI HA TOCCATO IL CUORE!
 
A due dita dal cuore è il titolo di un volume che contiene 50 ritratti di donne senza volto, nelle fotografie ovviamente, perché  le donne che hanno posato per Cabassi il volto ce l’hanno. Il fotografo ha scelto di non inquadrarlo, conscio che il busto, le donne sono ritratte dalla cintola al collo, avrebbe potuto raccontare o far immaginare bene il volto delle modelle ritrattate!

È qui che viene il bello, bello che però risulta impossibile da rendere l’idea di quanto sia bello se non riporto la dedica amorevole che l’autore dedica alla moglie.

Dedicato ad Elena, mia dolce, delicata, allegra compagna di vita.

 

E ancora, vi voglio riportare una frase estratta dalla tenera lettera scritta dalla Dr.ssa Fernanda Pivano quale contributo a Due dita dal Cuore.
…. Così il giorno non è stato più come tutti gli altri. È stato il giorno in cui sono entrata in una grande barca misteriosa e imperscrutabile, la barca dove voi mi avete accolta perché già il vostro medico, un giorno che pareva come tutti gli altri, vi ci aveva accompagnato con dolcezza, cercando di non farvi paura.

E poi, e ancora, due sole righe del testo del Prof. Umberto Veronesi che dice:
La scelta del soggetto di questa stimolante avventura fotografica simboleggia l’interesse di Cabassi per un organo che metaforicamente rappresenta una delle sorgenti di vita!

Detto questo e forse ci ritornerò, eccoci alle fotografie, belle, tecnicamente perfette, scattate con un’ottica 300mm Heliar Voitglander su Polaroid 10x15cm, la fotocamera usata era un Sinar Norma così verdina e chiara da non dimostrarsi in alcun modo aggressiva…

Unica fonte di illuminazione un grosso Bank a luce diffusa posto sempre a destra della modella, si perché di modelle alla fin fine si parla, modelle per un giorno, modelle di vita, modelle della sofferenza, della condivisione, dell’amore e perché no della bellezza, di quella bellezza a volte perduta che riaccende la speranza che si possa apprezzare il bello dell’umano, del reale!

Aprendo il libro e dopo aver letto tutti i dati tecnici e i vari contributi di coautori e simpatizzanti di Giovanni Cabassi, ho iniziato e per diverso tempo mi sono soffermato sulla prima fotografia del libro, un grosso anello sull’indice della mano sinistra mi ha rapito, mi ha riportato all’inizio della vita, a quelle civiltà antiche che non conoscevano le regole del nostro tempo, una sigaretta quasi interamente consumata che la cenere sembrava invocasse di essere lasciata andare, una collana di perle con un grosso gancio e poi le lentiggini su quel corpo degno di una dea che tiene gli avambracci incrociati come per dire, vaffanculo mondo, io ci sono e voglio restarci!

Ebbene, ci sono rimasto davvero tanto su quella fotografia per osservarla e tentare di giudicarla, vi dirò, mi sono sentito io giudicato, mi sono sentito indegno di farlo, chi sono io per giudicare un gesto d’amore così forte, così netto che immagino ci sia stato tra il fotografo e le sue altre  quarantanove modelle?

Parlare delle altre 49 fotografie sarebbe ridondante, non aggiungerebbe niente di più a questa recensione né alla bravura del fotografo e ne alla nobile causa per cui questo libro e la relativa mostra hanno visto la luce!

Parlare invece del perché quando la fotografia è un semplice gesto d’amore, allora si, che serve a qualcosa, questo si, questo mi piace ribadirlo!

 

Le fotografie di questo libro sono buone non solo perché sono belle ma perché hanno contribuito a far parlare di un tema, quello del tumore al seno, che alla fine degli anni 90 era ancora forse poco dibattuto, le fotografie di questo libro sono buone perché Cabassi ha saputo mantenere le debite distanze da quella fotografia che deve rappresentare a tutti i costi i fattori estetici utili al risultato per piacere, Cabassi ha cercato di rendere fotograficamente una femminilità non contraffatta dal trucco della cosmesi e da quelli del mestiere (il suo).

Giovanni Cabassi ha donato l’intero incasso della vendita dei libri e della mostra a Europa Donna, una coalizione paneuropea guidata da donne che ha lo scopo di migliorare ovunque lo standard delle cure dei tumori al seno!
Si, si tratta di 50 fotografie di seni femminili così definiti, forse dallo stesso Cabassi, a pagina 3 del libro.

Morbide cupole di seta, eleganti coppette, torri aggressive.

Spaurite, imperbi, appena accennate e timide e strabiche.

Rotonde e false e gonfie che non ci credono, molli rigide lunghe in piedi sulle punte acuminate rilassate quasi vergini all’indentro…

Giovanni Cabassi ha certamente usato una fotocamera di grande formato, è stato certamente influenzato dai grandi maestri, suoi punti di riferimento da giovane studioso e curioso di fotografie, ha sicuramente immaginato e sperato l’interesse del pubblico per questo suo lavoro, ma mai, credo proprio mai, poteva immaginare che con questo progetto avrebbe potuto scrivere una pagina di infinita e utile umanità

Grazie Giovanni!

 

E’ un libro importante quello di Cabassi, un libro dolcemente inquietante se lo si guarda con gli occhi di una donna perchè il seno, “sorgente di vita“, così come lo definisce Veronesi,  è  parte del corpo e della mente dell’essere donna.

Fa capolino in età adolescenziale suscitando sentimenti contrastanti di vergogna e di orgoglio nello stesso tempo, fa capolino a volte timidamente, altre in maniera più prorompente disvelando  il cambiamento. Il seno, una sorgente di vita dalle tante forme, dai tanti colori, a volte ingombrante, altre terribilmente discreto, in grado di influenzare la psiche con l’affollarsi di sentimenti di disagio, di imbarazzo e di timidezza se troppo piccolo e di presunzione, di vanità e di esuberanza se ben fatto e di buone dimensioni. Sempre presente, ogni mattina davanti lo specchio, ricorda le difficoltà dell’essere donna ma con il tempo si riprende  tutte le sue rivincite.

Si impara ad amarlo per quello che è al di fuori di schematismi dettati dall’estetica, si impara ad amarlo e rispettarlo  perché è fonte amorevole di nutrimento e nessun disagio, nessuna vergogna, nessuna vanità possono più negare la sua centralità nella vita di una donna.

Di fronte alle foto di Cabassi si prova un senso di grande rispetto e un grande silenzio scende nell’anima quasi a voler dedicare minuti di raccoglimento e di sentimento profondo verso tutte quelle donne che hanno incontrato,  nel loro cammino, il male di un tumore al seno.

Donne che hanno incontrato la  solitudine del dolore di essersi ammalate e di dover, a volte, rinunciare alla propria femminilità. Il lavoro di Cabassi, che risale al 1997 è sorprendente perchè è riuscito in tempi non sospetti, quando ancora il tumore al seno era considerato un tabù, a portare alla luce (della fotografia!) e in modo sincero e gentile 50 ritratti di seni di donne che si sono viste attaccate nel profondo dell’anima perché il seno di una donna è a due passi dal cuore.

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