La pastorale1della fotografia al tempo dello spettacolo integrato o della società fluida, direbbe Zygmunt Bauman… non si occupa di scenari della conoscenza o dell’indignazione ma s’accorpa all’illustrazione galvanizzata dello spettacolo come formidabile falsità della vita contemporanea in tutti i suoi aspetti economici, politici, religiosi, culturali… e “lo spettacolo è il sole che non tramonta mai sull’impero della passività moderna” (Guy Debord)2.
La pastorale della fotografia si guarda guardare e come una peste dell’immaginale non mostra il crimine costituito dei governi – sempre tesi ad organizzare guerre e dissertare su come fare affari con le ondate di profughi e di miserie che ne conseguono – ma sostiene l’ingiustizia in ogni anfratto della società in cambio di un po’ di successo, qualche premio o una manciata di dollari che insudiciano l’innocenza negata… il fotografo che non esce dalla sua condizione di servo (anche se è un maestro riconosciuto della fotografia) è parte di una recita e per vocazione o soltanto per incapacità creativa, si genuflette all’egemonia della società parassitaria. Stando molto attenti a non istruire troppo chicchessia… come scrive Debord (nostro cattivo maestro che gode ancora di una pessima reputazione ovunque) nei commentari sulla società dello spettacolo3 … lo spettacolare integrato significa continuo rinnovamento d elle tecnologie (al servizio dell’economia/politica), deprivazione della giustizia sociale, spettacolarizzazione dei terrorismi… proliferazione dei funzionari mediali, dell’esistenza sottomessa, dell’incertezza organizzata, della paura provocata, dei servizi segreti che s’accordano tra stati all’instaurazione del falso generalizzato… e tutto per provocare il dominio del desiderio e soffocare dissidenze e resistenze (anche armate), fare del mercato globale un sistema finanziario coercitivo che risponde a una teologia dei bisogni indotti e riduce l’uomo a merce soltanto!
Sotto il peso delle definizioni si celano vittime smarrite e assassini nemmeno gentili! Senza cascare nella preghiera marcescente o nei letamai elettorali, basterebbero cinque minuti di verità autentica per spazzare via l’eterno dolore dell’uomo che sfrutta l’uomo… i resti dei despoti basta darli in pasto ai maiali… del resto è dal porcile che provengono tutti.
La pastorale della fotografia è un furto dell’intelligenza… la bellezza è un’affabulazione dei nostri eccessi, sregolatezze, dismisure, eresie inflitte al reale come infanzia del mondo… di nudità senza speranze, di ragioni senza rimorsi, di anime in volo verso utopie mai uccise… la fotografia dell’assurdo allora è tutto quanto rivela il principio di soddisfazione che la nega… la rivoluzione permanente dell’uomo in rivolta che non prende la realtà per quello che è ma la supera e costruisce una situazione di verità o di dissidio con la quale irrompere nella libertà: “Vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio. Giudicare se la vita valga o non valga la pensa di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia” (Albert Camus)4, cominciare a pensare è cominciare a essere minati delle miserie del mondo e rompere barriere, muri, oltrepassare confini… definirsi commedianti o uomini rivolta!
Il senso della vita si fa luce e si precisa nella ricerca della felicità contro secoli pretenziosi di ghigliottine… la sola realtà è l’inquietudine che respinge l’esistenza umiliata con ogni strumento utile o andare a cavalluccio delle stelle sorridendo della perduta ingenuità! Alla dissolutezza dei buffoni non è male rispondere con la distruzione dei Cesari! Sono la medesima gente! C’è sempre una leggera incertezza all’origine di ogni crollo istituzionale, poi l’allegrezza della gioia col sapore d’eternità.
Un fotografo dell’assurdo è Pedro Luis Raota. Nasce in Argentina, a Presidencia Roque Sáenz Peña (o Chaco) il 26 aprile 1934, da una famiglia di contadini. La terra non fa per lui e ancora molto giovane va a Santa Fe per studiare fotografia (la leggenda dice che vendette la bicicletta per comprare la macchina fotografica). Svolge il servizio militare a Villaguay e lavora come assistente di un fotografo dell’esercito (Quique Fabra). A Villaguay inizia a scattare fototessere… nel 1958 torna nella sua città e apre uno studio fotografico… viaggia in Argentina e raccoglie la bellezza visuale di un popolo che in quel momento è oppresso dal regime militare dei generali Juan Domingo Perón prima e Jorge Rafael Videla Redondo dopo. Focolai di guerriglia s’accesero sui monti, nelle campagne e nelle città, il governatore della provincia di Buenos Aires, Ibérico Saint-Jean aveva le idee chiare di come trattare i dissidenti: “Prima elimineremo i sovversivi, poi i loro collaboratori, poi i loro simpatizzanti, successivamente quelli che resteranno indifferenti e infine gli indecisi”.
L’ora dei forni5 aveva inizio e si fece cruenta sotto la repressione degli sgherri di Videla.
Raota lavora al margine degli eventi… tuttavia i militari che fotografa sembrano soldatini di piombo… come nella fotografia del bambino che passa davanti ai soldati impugnando una tromba… o quella della donna impaurita inquadrata tra due soldati sfocati… l’ironia della prima, un po’ troppo accattivante e la drammaticità della seconda, forse un po’ troppo scontata… non s’incartano molto con la denuncia del regime… Raota lavora sull’antropologia popolare come specchio antico, quanto sofferente, di un’intera nazione.
Le fotografie di Raota vincono premi importanti e finiscono in gallerie internazionali… è l’occasione per l’argentino di viaggiare in Austria, Inghilterra, Francia, Portogallo, Italia, Asia, America del Nord, Unione Sovietica… molte delle sue immagini sono esposte anche al MOMA di New York. Nel 1977 esce il suo primo libro antologico… seguiranno altre pubblicazioni, altrettanto belle e qualche volta persino troppo… negli anni ottanta Raota s’interessa anche al colore e diviene direttore all’Istituto Superiore di Arte Fotografica di Buenos Aires, qui Muore il 4 marzo 1986.
Nota fuori margine. – Dal 1976 al 1983 le forze armate detennero il potere per mezzo di una giunta autoritaria che s’inventò il Processo di Riorganizzazione Nazionale: il governo militare represse l’opposizione dei gruppi di sinistra, i perónisti e dette inizio alla Guerra sporca. Migliaia di dissidenti furono inghiottiti nelle galere argentine… il IDE (Secretaría de Inteligencia de Estado) intanto coopera con la DINA, altri servizi segreti sudamericani e con la CIA, in quella operazione che gli Stati Uniti avevano pianificato, organizzato e finanziato al fine di contribuire ad eliminare il pericolo dell’instaurazione di governi di sinistra filosovietici in Sud America e in America Centrale: la cosiddetta Operazione Condor. Nel periodo della dittatura oltre 30.000 argentini scomparvero e sono passati alla storia come i desaparecidos:.. le persone venivano sequestrate o arrestate e deportate in centri clandestini di detenzione, tra i quali la ESMA, l’Escuela Superior de Mecánica de la Armada (tramutata successivamente in Museo de la Memoria), qui venivano torturate o uccise. L’occultamento dei cadaveri avveniva con i voli della morte, ossia il trasporto delle vittime, spesso ancora vive, a bordo degli Hercules dell’esercito argentino e fatte precipitare nel Rio della Plata. Esiste un rapporto della commissione nazionale desaparecidos in Argentina, il Nunca más, dove in un aberrante tunnel dell’orrore hanno sfilato le testimonianze di chi è sopravvissuto. Molti dei capi militari della Guerra sporca erano stati addestrati nella School of the American, finanziata dagli USA, tra i quali i generali argentini Leopoldo Galtieri e Roberto Eduardo Viola. La rovina dell’economia, le accuse di corruzione, la condanna dell’opinione pubblica nei confronti delle violazioni dei diritti umani e, infine, la sconfitta del 1982 inflitta dai britannici nella guerra delle Falkland, screditarono il regime militare argentino e accelerarono la sua capitolazione – 6. Resta da ricordare che anche i Montoneros, l’Esercito Revolucionario del Pueblo, FAR (Fuerzas armadas revolucionarias)… fecero la loro parte (tra mille contraddizioni ideologiche)… si espressero nella lotta armata, sequestri e azioni di guerriglia metropolitana… molti furono uccisi, torturati, trucidati o finirono nella lunga lista dei desaparecidos, però resta il loro contributo di sangue versato7 per la sconfitta del terrorismo di Stato.
Va detto. Negli stessi anni del terrore di Videla, papa Francesco, Jorge Bergoglio (gesuita), allora arcivescovo di Buenos Aires, non sembra estraneo a connivenze con il regime e anche se la sua immagine è stata prontamente “ripulita” (delle infamie commesse) dai media internazionali o da film8 più stupidi dell’acqua dei lupini, restano le denunce di elementi sovversivi alle alte gerarchie dell’esercito… come accusa il giornalista e scrittore, Horacio Verbitsky (della sezione interamericana Human Rights Watch)9. Le carte dicono che dietro la faccia da imbonitore avvinazzato di Bergoglio si cela un abile doppiogiochista o complice con i torturatori di Videla… i desaparecidos e le madri di Plaza de Mayo lo condannano a una solitudine senza appello, in attesa che s’impicchi con un rosario a una croce di sputi. La chiesa di Roma ha sempre benedetto inquisizioni, guerre e genocidi… e tutto nel nome santificato di un impostore di bassa lega (Gesù Cristo)… se fosse morto alcolizzato su un divano, invece di farsi infilzare su una croce per fare un po’ di spettacolo e inventare la comunicazione visiva, avrebbe fatto meno male all’intera umanità.
Le immagini dell’assurdo di Raota si sovrappongono alla realtà confezionata o banalizzata dell’immaginario spettacolare (non solo fotografico), restituiscono nobiltà alla sofferenza degli ultimi e all’immutabilità del dolore attimi di bellezza e di felicità… non si fotografa l’evidenza, perché l’esatto è oggetto di culto! Si chiama fotografia dal vero quando il buono, il giusto e il sublime s’intrecciano e attraverso lo spessore e il mistero inventano la realtà della comunità che viene.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 20 volte settembre, 2017
1 Qui “pastorale” non va equiparata al genere letterario (Pastorale americana di Philip Roth, Einaudi 2015), né a quello filmico (American Pastoral, di Ewan McGregor 2016), né tantomeno a nessuna catechesi religiosa… ma piuttosto a un’immagine idealizzata, anche sacrale, che si allarga a una sinfonia visuale (autoriale e amatoriale) della civiltà spettacolare… come il bastone ricurvo dell’autorità ecclesiastica e spirituale impugnato dai vescovi trasmette le simbologie del potere, la pastorale della fotografia figura un linguaggio, un alfabeto, un dizionario di “segni” destinati alla conservazione, più ancora, alla deplorevole complicità delle vestigia ideologiche, iconografiche, comunicazionali del pensiero dominante separato dalla vita quotidiana.
2 Guy Debord, La società dello spettacolo, Vallecchi, 1979
3 Guy Debord, Commentari sulla società dello spettacolo, SugarCo, 1995
4 Albert Camus, Il mito di Sisifo, Bompiani, 2001
5 L’ora dei forni (La hora de los hornos,1968) è un documentario (un po’ troppo perónista) di Fernando Ezequiel Solanas e Octavio Getino, dedicato a Ernesto “Che” Guevara. Venne realizzato a fianco dei moti rivoluzionari, contro il neo-colonialismo e la violenza (orchestrati dalla Cia) che alla fine degli anni sessanta investirono l’America Latina e — insieme al cinema di guerriglia Glauber Rocha — divenne un punto di riferimento per il cinema politico e militante (non solo) sudamericano.
7 Rolo Diez, “Vencer o morir”, lotta armata e terrorismo di stato in Argentina, il Saggiatore, 2004
8 Chiamatemi Francesco – Il Papa della gente (2015) di Daniele Luchetti
9 Horacio Verbitsky, L’ isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina, Fandango, 2006
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Pino Bertelli è nato in una città-fabbrica della Toscana, tra Il mio corpo ti scalderà e Roma città aperta. Dottore in niente, fotografo di strada, film-maker, critico di cinema e fotografia. I suoi lavori sono affabulati su tematiche della diversità, dell’emarginazione, dell’accoglienza, della migrazione, della libertà, dell’amore dell’uomo per l’uomo come utopia possibile. È uno dei punti centrali della critica radicale neo-situazionista italiana.
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