
Confrontandosi con Oliviero si rischia sempre di finire a fare lo sci nautico in acque mosse, tutti i punti mentali che ti sembrano fermi, di fronte al suo ribatti impetuoso, diventano onde imprevedibili. Tu sei lì, con i muscoli tesi, bello convinto, le mani serrate sull’impugnatura, lo sguardo fisso di fronte a te … e lui ti gira il concetto e ti sbalza dalla parte opposta lasciandoti stordito.
Uno che ti sposta le convinzione fa davvero incaz… arrabbiare.
Non è che Toscani abbia sempre ragione, giammai, lo ha detto lui stesso nella diretta che ha avuto luogo l’altra sera. La ragione non esiste, tutto può essere giusto e tutto sbagliato, anzi, tutto è giusto e tutto è sbagliato, dipende da che parti ti siedi o da che parte resti alzato, ma è necessario avere la convinzione e la contestualizzazione di ciò di cui si è convinti sennò meglio dubitare ed ascoltare.
Per affrontare Oliviero è necessario avere voglia di mettersi in discussione, capire che molte delle versioni dei fatti che abbiamo catalogato nel cervello sono delle abitudini addormentate su un pensiero omologato e ci si deve spingere con forza a rigettarlo per provare a riprogettarlo. Magari resterà lo stesso di prima, ma almeno sarà spolverato oppure, in alcuni casi, potresti scoprire che hai aggiunto dei pezzi nuovi senza accorgertene o addirittura si è capovolto.
Già, capovolgerlo. Spostare repentinamente lo sguardo può essere interessante.
Il mio maestro Marino Ravani, che era uno che sapeva assestare colpi di karate concettuale davvero tramortenti, diceva che dare uno schiaffo a volte non è per dare dolore fisico, ma è necessario per far voltare la faccia e far vedere il mondo da una prospettiva differente. Ovvio che stiamo parlando per simboli, ma pensateci: il nostro collo tende ad anchilosarsi in poche direzioni, lo schiaffo fa male ma scioglie i muscoli in nuove visioni. Non è detto che accada a tutti, ma solo con una certa energia accadono i veri cambiamenti.
Resta da chiedersi se dare schiaffi sia sempre necessario o se esistano altri modi per far ragionare, ma questo non è un problema che assilla Toscani, diciamo che se ne frega parecchio delle conseguenze, per molti è un merito per me è anche un difetto, sarà questione di empatia, di simpatia o antipatia, questo resterà archiviato nelle ragioni o nei torti di cui parlavamo sopra. È come per la sintesi: può essere un valore ma se mal calibrata diventa un boomerang e, se non sei abile come Toscani, te lo prendi dritto sui denti.
Quel che tenta di fare Oliviero è sovvertire l’ordine delle cose, questo si sa, ed è proprio in quel gesto che si accumulano strati di inganni. Io lo capisco che molte persone provino forsennata antipatia per quel gigante barbuto con gli occhiali e lo sguardo tanto luciferino quanto veloce. Lo capisco davvero. È capitato anche a me di restare basito di fronte a delle esternazioni, solo che ho avuto la fortuna di stargli accanto per un po’ di tempo, non tanto, ma è stato sufficiente per farmi capire che la creatività sta anche nei tempi che dedichi a capire le cose, nei modi in cui decidi che non è finita tutta lì la frase, che dev’esserci altro. La mia curiosità di capire se sia completamente scemo oppure se sono io quello che debba mettersi il boccaglio e scendere in profondità, mi ha portato a scoprire universi paralleli a me sconosciuti. Anche la cosa più ovvia diventa instabile, bellobruttobuonogiustosbagliatoveritàbugiaipocrisiasincerità, tutto si avvolge in spirali destabilizzanti. Non è un semplice cambio di pedine sulla scacchiera, è proprio il campo da gioco che è cambiato, come trovarsi in un campo da calcio con la racchetta da tennis non sapendo più che fare.
A me resta il dubbio che si possa essere più generosi di empatia nel momento in cui si donano nuove verità, ma questo è un problema mio, il mio modo di essere, i punti salienti restano simili e alla fine la domanda accentrante è quella che ha posto Settimio Benedusi invitando i presenti a soffermarsi su una vignetta, quella che vedete pubblicata qui nel testo. Ecco, qui in effetti c’è la summa di molte diatribe che circondano la figura di Oliviero.

Voi cosa preferite?
Sarà facile dire “No, no, io sono uno di quelli che vuole la verità in faccia”, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo l’orgoglio che ti prende allo stomaco nel momento esatto in cui uno ti dice che le fotografie che stai mostrando con fierezza, nel tuo portfolio confezionato a mano, sono come le scorregge!!! Ma in che senso? Scorregge? Ride beffardo Oliviero: “Certo, piacciono solo a chi le fa. Hai presente quando alzi le lenzuola e te le annusi, ecco, l’unico compiaciuto sei tu. Solo che la maggior parte dei “maestri”, per imbarazzo, ti diranno una bugia rassicurante… – Dai, non male, se ti impegni ce la farai- in pochi saranno sinceri e ti fionderanno dentro una verità che sentirai scomoda.”
Possiamo dibattere fino allo sfinimento se le cose sincere si possano dire in modi più eleganti, è vero, sta di fatto che siamo più abituati all’ipocrisia che alla pura sincerità, al punto che finiamo per crederci davvero alle balle, sono decisamente più sopportabili in un tempo in cui le mamme vanno a menare i professori a scuola per aver dato un brutto voto al proprio figliuolo.
Io penso ci sia il varco per una via di mezzo, Olivero Toscani no.
La cosa bella è che dice che abbiamo ragione tutti e due.
Altri articoli di questo autore
Le fotografie che hanno fatto la storia dell’hip hop
Mary Ellen Mark – Senza confini
Helga Stentzel – Fotografia surrealista domestica
Reuben Wu – La fotografia è un verso di una poesia dimenticata
WEEGEE – Il crimine diventa Arte
Terry O’Neill – Al posto giusto nel momento giusto
THE CAL 2025 – Un ritorno al passato così così
IMMAGINI E SEGNI: ITALIA, 1969-89 – PRATICHE DI MEMORIA
Lara Zankoul – Sopra o sotto?

Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
No comment yet, add your voice below!