Conversazione con Luca Sommi, pp. 155, Aliberti Editore, 2012
Oliviero Toscani è un fotografo più grande del successo e della detestazione che molti gli attribuiscono… la sua belligerante intelligenza è sparsa nelle pagine della conversazione che ha avuto con Luca Sommi, Moriremo eleganti. Infatti ciò che ne esce non è affatto uno scambio tra domande e risposte, ma un vera e propria requisitoria gettata contro l’immaginario della civiltà dello spettacolo. Il linguaggio di Toscani e forte, diretto, provocatorio, non teme di denudare idoli né profeti dell’ordine costituito. Come quando dice: “Cambiare il mondo significa cambiare i nostri punti di vita, sovvertirli senza paura. Bisogna smetterla di tollerare tutto ciò che ci viene propinato. Sviluppare l’individualità, che è il bene più prezioso che abbiamo, significa non rispettare le imposizioni. E non rispettare le imposizioni significa fare delle piccole rivoluzioni. Che messe tutte assieme fanno la rivoluzione globale. Non è facile ma dobbiamo farlo”.
L’invito non è di quelli facili, ma nemmeno impossibile.
Moriremo eleganti raccoglie memorie familiari, gli inizi creativi del fotografo, le invettive contro un Paese pervaso dalla mafia, dove la politica è parte di un sistema corrotto e afferma che “il solo talento degli italiani (è) la criminalità”. Un Paese, aggiunge, di “ladri e di servi” inebetito dalla religione della televisione. Di più. L’Italia è il solo Paese al mondo che non ha mai fatto una rivoluzione… “l’hanno fatta — tuona Toscani — i francesi, gli inglesi, i sudamericani, gli spagnoli, i messicani, i cubani, i nordafricani… tutti tranne noi. Noi no! Noi abbiamo Prada, Armani, Valentino; non abbiamo fatto la rivoluzione ma moriamo eleganti! Anzi, siamo già morti”.
Le parole di Toscani avanzano feroci su tutto quanto fa spettacolo… si avventano contro gli economisti, i professori, i politici che hanno portato alla devastazione l’intero Paese… tra una incazzatura e l’altra Toscani auspica un governo di artisti e grida che c’è da vergognarsi ad appartenere alla razza umana, che da una parte spreca risorse e dall’altra muore di fame.
Il fotografo sottolinea che l’estetica del brutto avanza ovunque e il cemento dilaga in questa Italia di politici ladri e ignoranti. È difficile dargli torto. Parla anche del suo fare-fotografia con leggerezza e grazia… con le immagini — sostiene — si può aiutare a sollevare la coscienza degli spiriti sensibili ai mutamenti sociali. A dispetto dei suoi detrattori, ricordiamo che Toscani è autore, tra altri capolavori della comunicazione non solo pubblicitaria, dell’immagine di una ragazza anoressica (molto discussa e censurata) che resterà tra le più significative della storia della fotografia.
Toscani racconta gli anni passati con la Benetton, correda il libro con fotografie delle sue campagne pubblicitarie che sovente sono incappate in forti incomprensioni… rapisce la sua posizione radicale per i diritti civili, contro la tortura e la pena di morte. Il fascino dei suoi racconti si sparge tra ricordi, incontri, amicizie (Andy Warhol, Umberto Eco, Lou Reed) e dilaga addosso a politici (D’Alema, Andreotti, Berlusconi, la chiesa) che sono responsabili dell’ingiustizia sociale. Quando il giornalista gli chiede che la sua è una visione anarchica, Toscani risponde: “Totalmente. Sì, io mi sento un anarchico”.
Insomma sembra dire, è la creatività che può salvare il mondo, il resto è bassa letteratura.
26 volte dicembre 2012
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Pino Bertelli è nato in una città-fabbrica della Toscana, tra Il mio corpo ti scalderà e Roma città aperta. Dottore in niente, fotografo di strada, film-maker, critico di cinema e fotografia. I suoi lavori sono affabulati su tematiche della diversità, dell’emarginazione, dell’accoglienza, della migrazione, della libertà, dell’amore dell’uomo per l’uomo come utopia possibile. È uno dei punti centrali della critica radicale neo-situazionista italiana.
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