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Non chiamatele “cugine povere”!

di Rino Giardiello

E’ facile innamorarsi o ritenersi innamorati degli oggetti di lusso, delle donne belle, della perfezione e degli status symbol, ma il “vero amore” di solito non è perfetto, tutt’altro.

Rino Giardiello © 06/2021

E le fotocamere prodotte in Russia e nella Germania Orientale appartengono a questa categoria: non sono assolutamente perfette e, purtroppo, spesso non sono neanche dei piccoli carri armati, dei mostri di robustezza, come si crede, ma sono fotocamere che vale la pena di conoscere, collezionare e – se scatta la scintilla – amare.

L’attrazione inizia già dall’aspetto che ricorda moltissimo le prime Leica e Contax a telemetro. Delle copie, quindi?

Sì e no, la storia delle fotocamere dell’Est di quegli anni è particolarmente complessa: a volte erano delle copie interamente “Made in URSS” (vedi questo articolo sulle Zorki e sulle FED, le copie Leica la cui somiglianza si limitava solo all’aspetto), ma altre, come nel caso della Kiev 4, sono autentiche, nel senso che uscivano dalla stessa fabbrica di Dresda da dove provenivano le Contax II e III negli anni compresi tra il 1936, anno delle Olimpiadi di Berlino, al 1942, gli anni del conflitto. Nel 1945 le truppe sovietiche entrano in una Dresda distrutta dai bombardamenti e trovano miracolosamente indenne il reparto della Zeiss Ikon destinato alla produzione delle Contax con numerosi parti ed obiettivi Zeiss già pronti. Prendere tutto in blocco, trasportarlo in Ucraina e rimetterlo in funzione non fu roba da poco, ma nei primi anni del dopoguerra apparirono sul mercato delle fotocamere con il marchio Contax, probabilmente assemblate coi pezzi già pronti, e dobbiamo aspettare il 1947 per vedere le prime Contax – giusto pochi esemplari – marchiate Kiev. 

Rino Giardiello © 06/2021

Mentre le officine Fed di Harkow e le officine KMZ di Mosca vengono indirizzate verso la produzione di fotocamere tipo Leica, alle officine Arsenal di Kiev viene riservata la produzione di fotocamere tipo Contax. A queste fabbriche si affiancheranno qualche anno più tardi le storiche officine GOMZ di Leningrado con la fotocamera Leningrad, passata alla storia per il suo motore a molla e l’innesto Leica. 

La produzione in grande serie delle Kiev parte nei primissimi anni Cinquanta, ed alla Kiev derivata dalla Contax II viene imposta la sigla, mai incisa sulla cassa, di Kiev 2, mentre alla Kiev derivata dalla Contax III viene attribuita la sigla Kiev 3.

Rino Giardiello © 06/2021

La fotocamera Contax nasce nel 1932, come prima macchina col formato 35mm della Zeiss Ikon di Dresda: la forma a parallelepipedo la identifica come frutto dello stile Bauhaus e come totale negazione dello stile e delle soluzioni Leica. Innovazione contro tradizione, la Contax II, con la sua base del telemetro molto allargata e ben più precisa di quella della sua diretta concorrente, segna diversi primati, cui la Leica arriverà solo dopo vent’anni. Grazie allo stupefacente parco ottico, con obiettivi luminosissimi e di elevatissima qualità per l’epoca, rappresenta un primato ineguagliabile per la Zeiss Ikon.

La Contax II non aveva l’esposimetro sul tettuccio, presente invece nel modello Contax III. Arriviamo così alla Kiev 4 che continua ad essere uguale alla Contax III con il voluminoso esposimetro al selenio sul tettuccio, prima fotocamera a telemetro con ottiche intercambiabili ad averlo. 

Rino Giardiello © 06/2021

Quali sono le differenze con il modello precedente? Poche, ma significative: la struttura dell’esposimetro incorporato sul tettuccio diventa più piccola e meno ingombrante, mentre il grosso bottone di riavvolgimento e di accoppiamento dei dati esposimetrici con le coppie velocità/diaframma viene sostituito da un grosso disco ben più pratico, basso e schiacciato come quello delle Contax III A con al centro il piccolo bottone estraibile per il riavvolgimento del film. Viene modificato anche il dorso e le due chiavi di apertura sul fondo (ora a scomparsa anziché in rilievo). Nella foto si nota bene il caratteristico otturatore a saracinesca metallica delle Contax, rivoluzionaria rispetto alle tendine in stoffa delle Leica (e relative copie) dell’epoca, ma che spesso soffriva di eccessiva fragilità. A tal proposito riporto le parole di Pierpaolo Ghisetti: “Anche se il suo otturatore viene spesso tacciato di fragilità, in realtà questa problematica viene evidenziata dopo diversi anni d’uso, tanto che la Contax accompagnò gli scalatori tedeschi durante la prima ascensione della parete Nord dell’Eiger nel 1938, la scalata più difficile e pericolosa dell’epoca, ed è scelta da molti fotografi professionisti come Bob Capa ed Eugene Smith.”

Rino Giardiello © 06/2021

Anche il pulsante che sblocca la frizione per permettere il riavvolgimento del film diventa incassato anziché sporgente ed il corpo, nell’insieme, ha una linea molto più “pulita”. L’innesto per il cavalletto non è più al centro esatto del fondello, ma è posizionata in asse con l’obiettivo. La velocità massima di otturazione scende da 1/1250 ad 1/1000 di secondo. Benché costruite fino al 1980 (ed oltre secondo alcune fonti, nonostante la produzione sia cessata ufficialmente nel 1978), le Kiev 4 e 4A risultano essere meno comuni di quelle del primo tipo costruite in decine di migliaia di pezzi.

Rino Giardiello © 06/2021

Gli obiettivi che corredano la Kiev 4 non sono affatto malvagi (dipende da quali riuscite a trovare: addirittura alcuni erano Zeiss originali) e si possono considerare ottimi lavorando con il bianconero. Alcuni sono particolarmente luminosi come il 50mm F/2 e l’85mm F/2. Mi sono piaciuti entrambi, in particolare l’85mm. Meno convincente il 37mm F/2.8 che ha una resa diversa a seconda degli esemplari. Ne ho due: uno vignetta moltissimo ed uno no.

La Contax a telemetro, madre di uno dei più grandi sistemi fotografici della storia, trasmigrata in URSS come Kiev, fu il modello di riferimento per la mitica Nikon a telemetro della Nippon Kogaku che rimarrà per sempre uno dei capisaldi della fotografia.

Gian Luca Silvagni, in un suo articolo di qualche anno fa, ha chiamato – con amore – queste fotocamere “Ferraglia dell’Est” ed è questo il punto che può bloccare molti dal comprare, usare e collezionare queste fotocamere. Purtroppo la costanza di fabbricazione sovietica e la qualità dei materiali sono pressoché inesistenti, e ogni esemplare è una storia a sé. Alcuni sono ancora perfettamente funzionanti, altri hanno vita breve e non servono a molto se per fare bella mostra di sé in vetrina ed è un vero peccato perché si tratta di fotocamere meccaniche che farebbe piacere poter adoperare vista anche la qualità degli obiettivi. Oggi molti amano particolarmente fotocamere ed ottiche Vintage, ma è ben diverso (più facile) mettere un rullino bianconero in una vecchia reflex come la Nikkormat rispetto ad una fotocamere dell’Est a telemetro ma, visto il basso prezzo d’acquisto ed il fatto che gli esemplari funzionanti in vendita hanno molte probabilità di continuare a farlo per ancora molti anni, sono interessanti per fare un tuffo nel passato – magari studiandone l’affascinante e tormentata storia che c’è dietro – e riscoprire un mondo privo di automatismi dove anche il semplice inserimento del rullino diventa un rito da rispettare e fare con precisione. Pezzi di storia ceduta a poco, quella vera della gente, strumenti ancora validi per creare immagini e raccontare storie di oggi con il gusto di quelle di sempre.

Rino Giardiello © 06/2021

Riproduzione Riservata

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