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Mi chiamo Nicola Buonomo e sono nato nel 1985. Vivo in Sicilia. Ho conseguito una laurea in medicina e la specializzazione in neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza. Parallelamente agli studi medici ho studiato recitazione e preso parte a diverse performance di teatro sperimentale in cui il primum movens della ricerca era tendere verso una verità della forma e dell’emozione, rifiutando ogni tipo di cliché formale.
Da alcuni anni ho approfondito l’arte fotografica, inizialmente da autodidatta e, successivamente, attraverso un percorso individuale con un fotografo professionista che mi ha permesso di affinare la tecnica ma, soprattutto, di comprendere le radici storiche e culturali dell’Immagine.
Oggi, la fotografia e il campo della neuropsichiatria, sono per me terreni che si nutrono a vicenda, diventando strumenti di comprensione delle “cose” del mondo. Un pretesto per restituire un senso all’apparente caos del quotidiano. Mi piacciono le immagini intrise di un certo grado di ambiguità, quelle che lasciano spazio a più possibilità interpretative: “Qualcuno” ha detto: “Il totale è qualcosa di più della semplice somma delle parti”. Mi piacciono le immagini che pongono domande: oggi, la mia ricerca, si muove su binari su cui scorrono immagini che richiedono la presenza di uno sguardo lento; lontano dal chiasso dello stereotipo della figura, ma vicino al silenzio delle cose periferiche.
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Mi chiamo Nicola Buonomo e sono nato nel 1985. Vivo in Sicilia. Ho conseguito una laurea in medicina e la specializzazione in neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza. Parallelamente agli studi medici ho studiato recitazione e preso parte a diverse performance di teatro sperimentale in cui il primum movens della ricerca era tendere verso una verità della forma e dell’emozione, rifiutando ogni tipo di cliché formale. Da alcuni anni ho approfondito l’arte fotografica, inizialmente da autodidatta e, successivamente, attraverso un percorso individuale con un fotografo professionista che mi ha permesso di affinare la tecnica ma, soprattutto, di comprendere le radici storiche e culturali dell’Immagine. Oggi, la fotografia e il campo della neuropsichiatria, sono per me terreni che si nutrono a vicenda, diventando strumenti di comprensione delle “cose” del mondo. Un pretesto per restituire un senso all’apparente caos del quotidiano. Mi piacciono le immagini intrise di un certo grado di ambiguità, quelle che lasciano spazio a più possibilità interpretative: “Qualcuno” ha detto: “Il totale è qualcosa di più della semplice somma delle parti”. Mi piacciono le immagini che pongono domande: oggi, la mia ricerca, si muove su binari su cui scorrono immagini che richiedono la presenza di uno sguardo lento; lontano dal chiasso dello stereotipo della figura, ma vicino al silenzio delle cose periferiche.
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