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Moda, arte e provocazione: il mondo secondo Steven Meisel

di Paolo Ranzani

Se la moda avesse un volto dietro la macchina fotografica, molto probabilmente sarebbe quello di Steven Meisel. Schivo, riservatissimo, con rarissime apparizioni pubbliche, Meisel è l’uomo che ha cambiato per sempre la fotografia di moda, trasformandola in una vera forma d’arte, una dichiarazione sociale, e talvolta persino una provocazione.

Nato a New York nel 1954, Steven Meisel cresce con una passione viscerale per l’illustrazione e il disegno di moda. Studia alla prestigiosa Parsons School of Design, dove inizialmente sogna di diventare fashion designer. Ma il destino ha altri piani: dopo aver lavorato come illustratore per Women’s Wear Daily, Meisel si rende conto che la macchina fotografica può diventare il suo nuovo strumento per raccontare storie — e che storie!

Il suo regno? Vogue.

A partire dagli anni ’80, Steven Meisel diventa il fotografo di punta per Vogue Italia, rivista con cui instaura un rapporto strettissimo. E non è un modo di dire: Meisel ha fotografato ogni singola copertina di Vogue Italia per oltre vent’anni, dal 1988 al 2015. Un primato che non ha eguali nel mondo editoriale. La sua collaborazione con Franca Sozzani, allora direttrice del magazine, ha dato vita a edizioni entrate nella storia della moda.

Basti pensare al numero di luglio 2008, passato alla storia come “The Black Issue”. Un intero numero dedicato solo a modelle, modelli e personalità nere, in un’industria che ancora oggi fatica con la rappresentazione. Naomi Campbell, Sessilee Lopez, Jourdan Dunn e Liya Kebede campeggiano in pose eleganti, potenti, senza tempo. Le immagini sono tanto belle quanto politiche: un’affermazione netta contro la discriminazione.

Un’altra pietra miliare è il servizio “Makeover Madness” del 2005, dove Meisel critica — con il suo stile teatrale e glamour — l’ossessione per la chirurgia plastica. Le modelle (tra cui Linda Evangelista e Jessica Stam) appaiono fasciate, con lividi post-operatori, siringhe e bisturi in mano, ma sempre vestite haute couture. Satira pura in alta definizione.

Non solo moda: narrativa visiva

Meisel non si limita a scattare belle foto: racconta storie. In ogni scatto c’è una narrazione. Prendiamo ad esempio la campagna pubblicitaria per Prada Autunno/Inverno 2008. Le modelle appaiono come creature aliene, pallide e surreali, in pose rigide, quasi robotiche. La luce taglia i volti come lame, l’atmosfera è fredda, inquietante. È moda? È cinema? È arte? Con Meisel non c’è una risposta netta, e va bene così.

Celebre anche la sua serie per Calvin Klein con Brooke Shields, quando lei era ancora una giovanissima promessa. O le campagne per Versace negli anni ’90, con il quartetto d’oro delle supermodelle: Naomi, Linda, Christy, Cindy. Loro, immortalate in pose ultra glamour, con capelli gonfiati, sguardi di sfida e una sensualità potente, hanno definito un’estetica che ancora oggi viene imitata.

Le muse di Meisel

Parlare di Steven Meisel significa parlare anche delle sue muse. Lui non fotografa modelle: le lancia, le trasforma in icone. Il caso più famoso? Linda Evangelista. Meisel è stato il suo Pygmalion, colui che l’ha aiutata a reinventarsi più e più volte. Ma nella sua scuderia ci sono anche Karen Elson, Stella Tennant, Amber Valletta, Gisele Bündchen, Karlie Kloss, e perfino un giovane Madonna, quando ancora non era… Madonna.

Le sue foto non si limitano al bello: spesso raccontano il brutto, l’eccesso, il controverso. Come nel servizio “State of Emergency” del 2006, in cui Meisel mette in scena un mondo distopico fatto di perquisizioni, violenza e controllo poliziesco, utilizzando la moda come veicolo per denunciare i pericoli dell’autoritarismo post-11 settembre. Immagini forti, disturbanti, volutamente provocatorie — che scatenarono non poche polemiche.

L’uomo dietro l’obiettivo

Eppure, di Steven Meisel si sa pochissimo. Non concede interviste, non partecipa agli eventi, non ama i riflettori. In un’epoca in cui anche il fotografo vuole essere influencer, Meisel sceglie il silenzio. Parla solo attraverso i suoi lavori. E lo fa benissimo.

La sua impronta è riconoscibile: luci teatrali, ambientazioni cinematografiche, regia meticolosa. Ogni scatto è studiato al dettaglio, ma non perde mai l’anima. Anche quando racconta la moda più patinata, riesce sempre a infilarci un tocco di umanità, di ironia, o di feroce critica sociale.

Un’eredità viva

Oggi Steven Meisel è considerato uno dei più influenti fotografi viventi. Ha ridefinito l’estetica delle riviste patinate, ha sfidato i canoni di bellezza, ha portato messaggi politici nelle campagne pubblicitarie. Ma soprattutto, ha elevato la fotografia di moda a qualcosa di più: un linguaggio potente, accessibile, vivo.

Non sempre una fotografie vale più di mille parole ma le opere di Steven Meisel valgono sicuramente come piccoli romanzi visivi. Lì dentro c’è il glamour, certo. Ma anche il mondo come lo vede lui: bello, brutale, a volte assurdo. Proprio come la moda. Proprio come la vita.

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