
2014, nei porti calabresi avvengono i primi sbarchi di migranti miracolosamente recuperati in mare nel Canale di Sicilia e tratti in salvo dai soccorritori. Scatta in quel momento il “carpe diem” che non si può lasciare sfuggire: la testimonianza verace, nuda e cruda, di ciò che accade e che merita, senza dubbio, di essere fotografata e impressa per sempre dall’obiettivo di una fotocamera.
Attualità che, un giorno, diverrà storia e che grazie agli scatti fotografici servirà alle future generazioni per comprendere, o almeno cercare di farlo, ciò che oggi forse non si è del tutto compreso. Questo perché i fatti che si stanno vivendo come eccezionalità, altro non sono che il normale flusso migratorio navale, o marittimo che dir si voglia, sempre avutosi a partire dall’epoca dello schiavismo nel XVI secolo, per poi passare alle migrazioni economiche con gli antichi bastimenti verso le Americhe dal XVIII secolo fino alla fine del secondo conflitto mondiale.
Oggi, le attuali migrazioni verso l’Europa partono dall’Africa e dall’Asia.
Purtroppo gli italiani, come popolo, sembrano essere di memoria corta o del tutto assente in quanto, da canali ufficiali, l’Italia risulta essere il primo paese al mondo per numero di migranti nella storia moderna, con oltre quaranta milioni di connazionali partiti dalle nostre coste in cerca di fortuna. Da fonti di intelligence, l’attuale fenomeno delle migrazioni verso l’Europa sembra essere solo la punta di un iceberg di dimensioni impressionanti: i numeri parlano di circa due milioni di profughi subsahariani pronti a imbarcarsi a qualsiasi costo pur di sfuggire ad un’esistenza fatta di guerre, fame e malattie.
Ritornando però alla fotografia, sociale e artistica allo stesso tempo come mezzo di comunicazione unico ed inimitabile nel suo genere, essa deve esser capace di immortalare per sempre uno sguardo disperato, commosso, felice o di speranza, arrivando come fine ultimo di eccezionale valenza a far riflettere. Lo scatto fotografico deve riuscire a suscitare emozioni nelle persone in generale, ma nei giovani in particolare poiché loro si troveranno, in un futuro più che mai prossimo, a convivere con esseri umani di tutt’altra provenienza per cultura, lingua, abitudini e, principalmente, religione. Religione che la nostra società occidentale e capitalista, soprattutto alla luce degli ultimi drammatici eventi che il mondo sta vivendo, non può in alcun modo permettersi di sottovalutare. Il rischio è quello che la religione divenga un campo di scontro a causa di una mancata integrazione sociale e etica di queste persone. Tutto questo deve essere attuato con fermezza ma non da un solo soggetto sociale, in quanto ciò sarebbe impossibile, bensì da tutti gli attori contemporaneamente: famiglia, scuola, istituzioni, terzo settore, Chiesa e, principalmente, ognuno di noi.
Sito web di Eva Gluszak Castagna: www.ecastfoto.it
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