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Messico ’68/Tokyo ’20: la fotografia sportiva come testimonianza dei cambiamenti sociali

di Alessandro Tarantino

Il 6 aprile 1896 furono inaugurati i primi Giochi olimpici dell’era moderna. Da allora sono trascorsi 125 anni e spesso i Giochi sono stati anche occasione per fare da specchio al contesto sociale in cui si sono svolti.

Tra rinvii, scandali, annunci di annullamento e relative smentite, tra 107 giorni prenderanno il via le Olimpiadi di Tokyo… 2020. Traslate di un anno in avanti a causa della pandemia, le Olimpiadi inizieranno ufficialmente il prossimo 23 luglio per concludersi 15 giorni dopo e come di consueto saranno l’occasione per i fotografi di catturare momenti che potrebbero diventare iconici.

Le Olimpiadi, infatti, sono state spesso un palcoscenico tanto al centro dell’attenzione mediatica da essere utilizzate dagli atleti per lanciare messaggi dal forte contenuto sociale e d’impatto.

Come dimenticare, infatti, il pugno alzato di Tommie Smith e John Carlos sul podio dei 200 metri a Messico ’68: è certamente una delle foto più famose di sempre delle Olimpiadi (e non solo), simbolo della protesta dei due atleti contro la discriminazione razziale.

A scattare quella fotografia, che fece letteralmente la storia contro la discriminazione razziale e che oggi fa parte dell’archivio AFP/Getty Images, fu John Dominis. Scomparso nel 2013, Dominis fu un fotoreporter di guerra sin dal quando si unì all’Air Force e prestò servizio in Giappone fino al suo congedo nel 1946. Decise di rimanere in Giappone come fotografo freelance per The Saturday Evening Post, Colliers e Life. Dagli scatti che realizzò trasse un libro sui bambini giapponesi intitolato The Forbidden Forest.

Ha coperto la guerra di Corea e l’inizio del conflitto laotiano nel 1958. Ha assistito ai primi anni della guerra del Vietnam e della rivoluzione indonesiana. Successivamente ha fotografato le rivolte in Giappone. Oltre a quella in Messico del 1968, ha coperto altre quattro Olimpiadi. Per i suoi viaggi con il presidente Kennedy, vinse il White House Photographers Award.

Quell’anno, nella storia del mondo contemporaneo, è una pietra miliare nell’evoluzione della società per come la conosciamo oggi: il 16 marzo ci fu il massacro di My Lai, il 4 aprile l’assassinio di Martin L. King, il 5 quello Bob Kennedy. E poi la guerra in Biafra, i carri armati sovietici sulla primavera di Praga, la strage di piazza delle Tre Culture. Quell’Olimpiade si tenne in un anno particolarmente difficile e di grandi stravolgimenti sociali.

Quella del 2021, con le dovute proporzioni, si annunci altrettanto storica: la prima durante una pandemia sarà certamente un’Olimpiade diversa da tutte le altre.

Niente spettatori o comunque in numero estremamente ridotto e contingentato, accorgimenti particolarmente restrittivi per gli atleti che non potranno lasciare il villaggio olimpico. Ma al contempo saranno un tentativo di riprendersi la normalità della vita quotidiana. Tutti presupposti, questi, che certamente stimolano ogni fotografo che avrà la fortuna di poter documentare per immagini un evento sportivo dall’enorme portata sociale.

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