Tanta voglia di fotocamere vintage medio formato? Certo, sono meno diffuse ed economiche delle 35mm, ma ci sono alcuni modelli coi quali ci si può divertire molto e si possono ottenere stampe di qualità. Vediamo i modelli che si possono trovare più facilmente sul mercato ed i loro principali pregi e difetti.
Costose o economiche, le vecchie medioformato sono ancora in grado di regalarci grandi emozioni, in particolare avendo la possibilità di caricarle con un rullo bianconero e stampare da sé senza fare passaggi tramite il digitale.
Questa è la parte che meno capisco degli appassionati dell’analogico: ridurre il tutto a caricare le fotocamere con un rullino (spesso scaduto), farlo sviluppare dal laboratorio per poi farne la scansione e lavorarci con Photoshop. E’ come definirsi appassionati delle tagliatelle al ragù fatte a mano dalla nonna per poi comprarle al supermercato già pronte insieme al ragù in barattolo, ma servirle rigorosamente nelle vecchie scodelle di terracotta brindando ai piaceri della tradizione. Fortuna che, trattandosi di cibo, non siamo disposti anche a comprare il ragù scaduto!
Quando si decide di fare il grande passo dal 35mm al medioformato, viene spontaneo pensare a tutte le fotocamere che adoperavano il rollfilm 120, vale a dire il classico formato quadrato 6×6, ma anche i molto diffusi 4.5×6, 6×7 e, più raro, 6×9. La regina delle 6×6 monobiettivo resta l’Hasselblad, vuoi anche per gli ottimi obiettivi Zeiss che la corredano, ma i prezzi continuano a non essere abbordabili anche oggi.
In compenso, molte buone medioformato giapponesi si trovano a prezzi più che abbordabili. Parlo in particolare di Mamiya e Zenza Bronica, perché già le Pentax sono più rare ed hanno in genere prezzi più elevati. Se il costo di un corredo minimo è ancora eccessivo, non ci sono altre soluzioni se non quella di rinunciare agli obiettivi intercambiabili, o di ricorrere alle fotocamere dell’Est.
LE FOTOCAMERE BIOTTICA
Come dicevo, la prima maniera per risparmiare un bel po’ di soldini è quella di rinunciare all’intercambiabilità degli obiettivi e le 6×6 biottica, se non si punta alle Rolleiflex, hanno prezzi molto abbordabili, ma non trascurerei alcune fotocamere a mirino galileiano come le Fuji (molto difficili da trovare, ma dotate di buone ottiche e molto pratiche da adoperare). Delle fotocamere dalle prestazioni incredibili, se ci si vuole limitare a fare del bianconero, sono le vecchie folding 6×6 (una pubblicità dell’epoca le definiva “adatte alle signore” per dimensioni e peso) come le Zeiss Ikon e le Voigtländer: hanno ottiche di tutto rispetto nonostante l’anzianità, ma – attenzione – non sono trattate per il colore. Le prestazioni dell’otturatore sono spesso limitate ad 1/200 o 1/250, ma in fondo sono più che sufficienti per rompere il ghiaccio col medioformato e realizzare dell’ottimo bianconero.
Riguardo alle biottica, non escludiamo, per esempio, le validissime Yashica 124 Mat G. Si tratta di fotocamere robuste, ben costruite ed affidabili. L’obiettivo, un quattro lenti sullo schema del Tessar, è più che decente: la nitidezza ed il contrasto sono elevati, peccato che il trattamento antiriflessi sia mediocre. Scendendo ancora di prezzo, troviamo le sovietiche Lubitel: forse sono le medioformato più economiche in assoluto, ma la loro resa, sebbene ottima rispetto al prezzo, si può considerare solo accettabile (per non parlare della drammatica visione nel mirino, davvero scomoda ed approssimativa, un buco con uno specchio). La costruzione è in plastica e l’obiettivo è un “simil-Tessar” come resa, ma in realtà ha solo 3 lenti, non 4 come il Tessar. Potremmo paragonarlo al Triotar, ma è un obiettivo a sé, la cui resa riesce a sembrare “onesta” solo grazie al contrasto ed alla elevata nitidezza al centro. Vignettatura, bordi scadenti e facilità a velarsi con qualsiasi forte fonte luminosa, sembrerebbe qualcosa di inaccettabile ma, proprio per questi motivi, a distanza di tanti anni, le Lubitel hanno ritrovato una seconda giovinezza nel settore delle “Toy Camera” insieme alle Holga ed alle Lomo. La resa imprevedibile di ogni esemplare ed i risultati scadenti, insieme alle inquadrature approssimative, illudono molti fotografi di avere raggiunto nuovi traguardi di creatività, ma nelle mani giuste possono essere degli ottimi strumenti. Come sempre, dipende dal fotografo.
Purtroppo devo escludere dagli acquisti interessanti le reflex biottica 4×4, fotocamere che mi hanno sempre affascinato (non per niente ne ho due in vetrina), ma usano la pellicola 127 non più in produzione e spesso i prezzi sono da collezione.
LE REFLEX AD OTTICHE INTERCAMBIABILI
Volendo avere a tutti i costi una reflex dotata di ottiche intercambiabili, le alternative davvero economiche sono poche: i due modelli 6×6 prodotti dalla Kiev e le Pentacon Six nelle varie generazioni. So già, per esperienza, che i più restano affascinati dalla Kiev 88 perché somiglia molto alle prime Hasselblad ma, purtroppo, sono solo apparenze: le Kiev 88 sono una fonte inesauribile di problemi. Meglio la Kiev 60, la copia quasi esatta della gloriosa Pentacon Six che aveva un solo difetto: la debolezza del trascinamento della pellicola che portava, dopo qualche tempo, all’accavallamento dei fotogrammi. La Kiev 60 è una versione aggiornata della Pentacon Six, ma ha lo stesso difetto del trascinamento. La si può trovare a poco con il valido obiettivo MC Volna 80/2.8 ed il pentaprisma esposimetrico, ma il pregio maggiore della Kiev 60 è la sua compatibilità con le ottiche della Pentacon Six, vale a dire con gli ottimi Zeiss Jena che, sebbene anzianotti, sono ancora in grado di dare grandi soddisfazioni. In particolare gli ultimi esemplari, quelli di colore nero, sono dotati anche di un efficace trattamento antiriflessi e la loro resa è davvero buona anche con le dia a colori. Checché se ne dica, invece, le ottiche russe non sono eccezionali come si crede (o si vuole fare credere). Sono buone (soprattutto tenendo presente il basso prezzo d’acquisto), ma la resa col colore è mediocre. La loro dote maggiore è nella risolvenza, sempre elevata, che permette di lavorare bene col bianconero, ma le dia a colori non sono assolutamente paragonabili a quelle di una buona 4,5×6 giapponese né a quelle ottenute con gli Zeiss della Pentacon Six. Oggi, fortunatamente, c’è Photoshop.
I DIFETTI DEL TRASCINAMENTO DELLA KIEV 60 E DELLA PENTACON SIX
La Pentacon Six si è rivelata un apparecchio robusto in tutte le sue versioni qualunque sia stato il marchio che portava. Unico problema, stranamente mai risolto, è quello relativo al trascinamento: la frizione sottostante la leva di avanzamento, pur ben costruita, è sottodimensionata per trascinare il rullo. Facendo avanzare la pellicola con dolcezza e non utilizzandola troppo, la Pentacon Six poteva durare anche molti anni, mentre con un uso pesante e frequente il tracollo avveniva dopo pochi mesi. A nulla servono le riparazioni: dopo qualche tempo il difetto si ripresenta. Una soluzione fai-da-te, se si è in grado di metterci le mani, è quella di modificare il dorso realizzando una semplice “finestrella” da cui controllare il corretto avanzamento della pellicola leggendo i numeri stampati sull’involucro di carta delle pellicole 120 come per la maggior parte delle fotocamere più anziane. Questo preclude la possibilità di usare il formato 220 (la Kiev 60 già non prevede questa possibilità), ma garantirà molti anni di onorato servizio senza problemi. La Kiev 60, copiata senza pudore dalla Pentacon Six, ne ha ereditato, in alcune generazioni, anche questo difetto, ma molti esemplari (tra cui la mia) hanno funzionato per anni senza il benché minimo problema ed alla fine risolsi con la “finestrella”. Un’altra interessante soluzione fai-da-te la potete trovare su Nadir Magazine (https://www.nadir.it/ob-fot/KIEV_60/kiev60-ripar.htm).
Altra variazione sul tema della Pentacon Six (per non dire che è proprio la Pentacon Six travestita e rinfrescata nel design) è la Exakta 66. È dotata dello stesso attacco a baionetta, quindi è compatibile con tutte le ottiche della Pentacon Six e della Kiev 60, ma nel corredo Exakta 66 troviamo anche alcune belle ottiche prodotte dalla Schneider: Curtagon 60/3.5, Biometar 80/2.8, Xenotar 80/2.8, Tele-Xenar 150/4.5, Tele-Xenar 250/5.6, Variogon 75-150/4.5 e Variogon 140-280/5.6. L’estetica della Exakta è ben più moderna (il corpo è rivestito di morbida gomma grigia) e dicevano di aver finalmente eliminato il problema del trascinamento, ma sarei curioso di essere aggiornato da chi ce l’ha.
Nonostante il grande fascino delle fotocamere dell’Est, il tempo ha dato ragione alla qualità costruttiva dei prodotti giapponesi e vale la pena di prendere in considerazione i vecchi corredi Zenza Bronica, quelli che montavano ancora le ottiche Nikkor: spesso si trovano a cifre davvero modeste. Non trascurerei neanche i vecchi corredi 6×7 (formato ben più gratificante del 6×6, soprattutto se quest’ultimo viene ridotto a 4,5×6, come spesso avviene): a volte si trovano le solide ed affidabili Mamiya RB67 e le pratiche (ed altrettanto affidabili) Pentax 6×7, fotocamera che ho tanto usato professionalmente.
Non siamo più ai minimi termini come spesa, è vero, ma stiamo comprando attrezzatura che difficilmente ci lascerà a piedi e potrà regalarci molte soddisfazioni.
Rino Giardiello © 01/2022
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