Io fotografo la vita così com’è, se le foto vi sembrano grottesche è perché pensate che lo sia la vita. È così? Ognuno di noi è bello e brutto nello stesso tempo, piacevole e spiacevole. Così è fatto il genere umano.
“Camera”, il Centro Italiano per la fotografia, porta in mostra un “Martin Parr meno conosciuto ai più. Fantastico.
We Love Sports” è la grande mostra d’autunno che ha per protagonista questo mito assoluto della fotografia contemporanea e nasce in collaborazione con il Gruppo Lavazza, partner istituzionale e storico sostenitore di CAMERA e con Magnum Photos.
Questa esposizione ripercorrerà la carriera del celebre autore inglese (classe 1952), membro di Magnum Photos, attraverso circa 150 immagini dedicate a svariati eventi sportivi ma con una parte saliente incentrata sulle immagini realizzate su commissione del Gruppo Lavazza in occasione dei più rilevanti tornei di tennis degli ultimi anni.
“Lo sport è un tema ricorrente nella lunga carriera di Parr: catalizzatore delle più diverse emozioni, viene raccontato dal fotografo soprattutto attraverso le divise, le coreografie e le tradizioni dei tifosi e degli spettatori, autentici protagonisti di questo rito collettivo” evidenzia Walter Guadagnini, Direttore di CAMERA.
Attento interprete del presente, sin dagli esordi Parr ha ritratto la società contemporanea con spietata e divertita ironia, realizzando immagini che sono diventate vere e proprie icone del nostro tempo. Attraverso i netti contrasti di colore che caratterizzano il suo stile, ha rivelato gli aspetti grotteschi e involontariamente comici di un mondo sempre più consumista e globalizzato.
Martin Parr nasce ad Epsom, un sobborgo di Londra, famoso per la sua eccellente vivibilità. Proprio il fatto di nascere e crescere in un ambiente simile contribuisce a sviluppare in lui questo spirito critico verso il ceto medio borghese.
Un mondo pieno di paradossi raccontato attraverso dei progetti portentosi, come “The Last Resort” (1986), prima bocciato ferocemente dalla critica e poi inserito dal The Guardian, un ventennio dopo, nelle liste delle “Mille opere d’arte da vedere prima di morire”. L’altro monumentale progetto “Common Sense”, invece, detiene il record assoluto di esposizioni contemporanee (40 sedi in 17 Paesi diversi, nel 2000).
Immagini apparentemente sciatte, flash sparato in faccia ai soggetti anche in pieno giorno, bambini imbrattati dal lecca-lecca, bagnanti sudatissimi stesi al sole, turisti in atteggiamenti ridicoli. Immagini che sembrano caotiche ma che, al contrario, rispondono a regole compositive raffinatissime.
La produzione fotografica di Martin Parr la si può ritrovare proprio in questo concetto: non fotografare il brutto, ma documentare solo le contraddizioni che sono sotto gli occhi di tutti.
Ed è proprio analizzando i suoi lavori, così diversi dalle fotografie che siamo abituati a vedere, che possiamo trarre spunti interessanti per migliorare la nostra fotografia. O semplicemente per sviluppare un punto di vista differente.
“Quando si cerca di rinchiudermi in una categoria, cerco immediatamente di uscirne”
Il percorso della mostra, presso Camera, inizia con una serie di immagini in bianco e nero realizzate dal Martin Parr nei primi anni della sua carriera, in gran parte pubblicate all’interno di uno dei suoi primi volumi, A Fair Day (1984), dove lo sguardo si posa sugli atteggiamenti delle persone intente a osservare e praticare le più disparate discipline, dalle corse di cavalli sulle spiagge irlandesi al Tai Chi per le strade di Shanghai. Se in questa prima sala si nota già la capacità compositiva di Parr, in grado di coniugare l’analisi dei costumi sociali con una forte attenzione per la resa formale di gestualità e movimenti, è a partire dalle immagini della seconda sala che emerge appieno lo stile per il quale è riconosciuto.
Dedicata ai Supporters, lo sport è qui raccontato attraverso i gadget kitsch, i travestimenti grotteschi delle mascotte e gli ingegnosi escamotages di chi cerca di osservare le competizioni da una posizione privilegiata. La terza sala, denominata A Day at the Race,s racconta invece lo specifico ambiente delle corse di cavallo, a cui Parr ha dedicato numerose immagini, ritraendo l’abbigliamento e gli atteggiamenti di questo passatempo particolarmente amato dagli inglesi. Anche il titolo della sala quattro si ispira al cinema, e in particolare a Fever Pitch (in italiano Febbre a 90°) tratto dall’omonimo romanzo di Nick Hornby, con immagini di esultanza sfrenata da parte di tifosi di football che condividono la stessa incontenibile passione del protagonista del film. La sala cinque e anche la sei sono invece interamente dedicate al lavoro sul tennis realizzato negli ultimi anni. A partire dal 2014 l’artista ha frequentato i quattro tornei del Grande Slam raccontando le dinamiche che animano sia gli spalti che il campo da gioco. Con 40 immagini presentate attraverso un allestimento scenografico che trasporta i visitatori nel vivo della competizione, questa sezione si struttura come il focus tematico più corposo dell’intera mostra, in grado di sintetizzare al suo interno i vari aspetti della poetica di Parr.
La mostra continua poi nel corridoio dello spazio espositivo di CAMERA con una sezione dedicata ad altre discipline sportive ritratte in tutto il mondo, e infine, con una selezione incentrata sulla vita da spiaggia, dove i vari hobbies si mescolano con l’ormai meritato riposo.
Insieme con l’apertura della mostra torinese esce anche il volume Match Point, edito da Phaidon, che raccoglie oltre 80 fotografie dedicate proprio al mondo del tennis.
La mostra “We Love Sport” è visitabile fino al 13 febbraio 2022.
CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia
Via delle Rosine, 18 – Torino
Copyright: © Martin Parr / Magnum Photos
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Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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