a Lei e Lei,
perché non hanno smarrito i baci al profumo di tiglio
e compreso che i corpi in amore hanno l’eternità dietro e davanti a sé…« Le quattro direzioni saranno colpite dalla siccità e appariranno continuamente presagi di sventura. Le dieci azioni malvagie aumenteranno, in particolare la collera, l’avidità e la stupidità, e gli uomini non si preoccuperanno dei loro padri e delle loro madri più di quanto facciano i caprioli (…). Uomini devoti, nell’era della confusione e malvagità dopo la mia morte, il paese cadrà nella devastazione e nel disordine, gli uomini si deruberanno l’un l’altro e la popolazione sarò ridotta alla fame. A causa della fame a quel tempo molti uomini decideranno di lasciare le loro case [ per farsi monaci ]. Tali uomini si chiamano “zucche pelate”. Quando questa folla di “zucche pelate” vedrà qualcuno che cerca di proteggere il corretto insegnamento, lo inseguirà e lo caccerà, o addirittura lo ferirà o lo ucciderà. Questa è la ragione per cui io, adesso, do il permesso ai monaci che osservano i precetti di associarsi ai laici che portano spade e bastoni. E, anche se essi recano spade e bastoni, io li chiamerò uomini che osservano i precetti ».
Dal trattato, Adottare l’insegnamento corretto per la pace del paese, di Nichiren Daishonin, 1260
I. L’immagine contaminata di un popolo nella civiltà dello spettacolo
Gli eventi soggettivi più profondi sono anche i più universali, perché in essi si tocca il fondo originario dell’esistenza… dagli antichi sappiamo che le pandemie (come la peste o quelle legate ai virus, più o meno conosciuti), contengono anche un’inclinazione filosofica o pratica di sopravvivenza… e mostrano quanto sia debole o illusoria la credenza che i produttori e gli utilizzatori della scienza possano tutto contro i patimenti o l’agonia della vita, specie quando la vita di milioni di persone è gestita da un numero ristretto di profittatori, saprofiti o potenziali assassini della condizione umana… e in ogni era hanno trovato sempre un seguito di “zucche pelate” o “zucche vuote” a sostegno dell’oppressione, della dominazione violenta e brutale dei loro padroni.
In questo senso l’immagine di un popolo (quello italiano intendiamo, perché qui che siamo capitati a nascere) contagiato dal Coronavirus è anche il ritratto di una contingenza culturale/politica che desta non poche perplessità… questa volta — e d’ora in poi — il capitalismo parassitario dovrà fare i conti non solo con le periferie del mondo che stanno chiedendo — con tutti i mezzi utili — la fine delle disuguaglianze… e prima o poi burattinai e burattini che governano in questo modo e a questo prezzo finiranno nelle fogne dalle quali sono venuti… ma da adesso in avanti saranno costretti a fare, e noi con loro, attenzione all’imprevisto, all’inconcepibile, al disastro ambientale nel quale è precipitato il pianeta e del quale sono i primi responsabili. Dopo la desertificazione, l’incendio delle foreste pluviali, lo sfruttamento massivo delle risorse minerarie della Terra, le guerre, la fame, la sete, i neocolonialismi, la sovrapproduzione di merci… arrivano le epidemie planetarie, ora un virus, domani altri virus che si spanderanno nel genere umano con così tanta tragedia, terrore e impotenza che nemmeno le carneficine dei conflitti armati hanno mai procurato nelle folle, sempre serventi alle bandiere, agli ideali, alle fedi… si uccide e si viene uccisi perché una minoranza di arricchiti possa essere sempre più ricca e la maggioranza d’impoveriti, sempre più povera.
“C’è una correlazione evidente tra il Coronavirus e il collasso del capitalismo mondiale. Allo stesso tempo, appare non meno evidente che ciò che ricopre e sommerge l’epidemia del Coronavirus è una peste emotiva, una paura nevrastenica, un panico che insieme dissimula le carenze terapeutiche e perpetua il male sconvolgendo il paziente. Durante le grandi pestilenze del passato, le popolazioni facevano penitenza e gridavano la loro colpa flagellandosi. I manager della disumanizzazione mondiale non hanno forse interesse a persuadere i popoli che non vi è scampo alla sorte miserabile che è loro riservata? Che non resta loro che la flagellazione della servitù volontaria? La formidabile macchina dei media non fa che rinverdire la vecchia menzogna del decreto celeste, impenetrabile, ineluttabile laddove il folle denaro ha soppiantato gli Dei sanguinari e capricciosi del passato” (Raoul Vaneigem, 17 marzo 2020, in Sicilia Libertaria, Numero fantasma di aprile 2020). Tutto vero. Il capitalismo è una violenza accettata, la politica è la sua imposizione e conferisce il lasciapassare a tutte le distruzioni dell’imperio economico.
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Pino Bertelli è nato in una città-fabbrica della Toscana, tra Il mio corpo ti scalderà e Roma città aperta. Dottore in niente, fotografo di strada, film-maker, critico di cinema e fotografia. I suoi lavori sono affabulati su tematiche della diversità, dell’emarginazione, dell’accoglienza, della migrazione, della libertà, dell’amore dell’uomo per l’uomo come utopia possibile. È uno dei punti centrali della critica radicale neo-situazionista italiana.
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