Lettera dell’Autore a Francesco Mazza
Amico caro,
a chiusura del nostro Maledetto Toscani… sono entrato (o uscito) nelle pieghe, negli anfratti, nei motti di spirito del libro e non ti nascondo che in questi sei anni di lavoro mi sono passati negli occhi, molte volte, i nostri vagabondaggi quando facevamo Genti di Calabria… mentre giravi il film I Colori del Cielo e mangiavamo quello che capitava e dove capitava… ricordi quante volte abbiamo parlato di Toscani?… molte delle nostre discussioni, anche accese, e delle tue riflessioni sono confluiti nel testo… come avrai visto… ricordi quelle serate, il pane arrostito, l’olio e il vino rosso di Anna che scaldavano le nostre utopie di magici amori? Ricordi? Tutto è rifluito nelle mie insolenze di passatore di confine… di Anarca solitario che vive ai margini del bosco… non temo di dirti che è un pamphlet a dir poco anomalo… certo insolito o singolare nella letteratura fotografica italiana… sembra tutto un po’scollegato, non lo è… l’uso reiterato della ripetizione, del rinnovamento, del dire, ridire, e dire ancora la medesima cosa… lo avvicina alla libellistica libertina del ‘700, attualizzata…
Mi sono fatto comprendere quanto basta, credo… uno scrittore capito è uno scrittore sopravvalutato, diceva, figurati un fotografo!… e per chi scrive a un certo grado di qualità, la prima cosa che mira a distruggere sono gli stili inequivocabili e gli aggettivi che sono fondati nel linguaggio uniformato nei social- network! L’elogio del plagio che contiene… i saccheggi spudorati di (a gatto selvaggio) – Nietzsche, Pascal, Mozart, Baudelaire, Rimbaud, Pasolini, Arbus, Smith, Hine, Dostoevskij, Hillman, Debord, Vaneigem, Cioran, Onfray, Melville, Buñuel, Rocha, Vigo, Cassavetes, Paradžanov, Ki-duk, Sokurov, Carroll, Bonnot, i canti dei partigiani –… sono lame di coltello piantate sulla lingua del lettore… non perché è stupido, no certo… perché cerca una falsa identità o una convenienza becera o ipocrita nel cinguettio della Rete…
Non ho mai avuto bisogno di scendere in basso per capire l’ingiustizia, perché in basso ci sono nato e non sono mai voluto ascendere ai piani superiori, poiché ho sempre ritenuto che lì, regni la menzogna, l’impostura e la violenza… è un pamphlet affabulato sulla costruzione delle situazioni e secondo il linguaggio della critica radicale situazionista… che evita con cura di recitare il ruolo del “genio incompreso” che nessuno vuole pubblicare… gli affari sono affari, diceva il boia di Londra, quando impiccava un sovversivo nella piazza davanti ai troni dei nobili e all’applauso del popolo… Le mie fonti sono da cercare nella mia tribù, nei miei soli amori, nei miei amici, nei compagni di strada che sono stati ammazzati sui marciapiedi della vita offesa, non nelle mie letture… più ancora nell’inconosciuto dei disadattati, degli oppressi, degli sfruttati, dei derisi, degli ultimi… dei folli in utopia che fanno dell’amore dell’uomo per l’uomo un’opera d’arte! Se c’è un riferimento a questo libello, lo trovo solo nell’opera insuperata di James Agee e Walker Evans, Sia lode ora a uomini di fama…
Forse è un libro per tutti, forse per nessuno…
Gli editori che l’hanno rifiutato avevano ragione… non è una biografia, non è un’agiografia, non è una bruciatura del personaggio pubblico… è vero… tutte cose che fanno vendere… è una sorta di breviario libertario sulla filosofia di un fotografo sovversivo, certo, ma soprattutto è il rizomario etico/estetico sulla bellezza ereticale di un uomo che è più coraggioso del suo mito… qui l’amicizia non c’entra, c’entra la stima, come in amore! il resto è cattiva letteratura.
Ecco amico mio, grazie a te, amico caro… fratello in utopia, compagno di strada e di canzoni di gesta… solo a te devo la pubblicazione di questo controverso, ingombrante o soltanto “ingenuo” (indigeno, nativo, nato libero) scritto, che concepisce solo un unico pensiero: fare a pezzi la secolarizzazione delle lacrime e i saprofiti che ne hanno determinato la storia!
Ti abbraccio forte con chi ami e chi ti ama, ciao a te, Pinocchio.
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Pino Bertelli è nato in una città-fabbrica della Toscana, tra Il mio corpo ti scalderà e Roma città aperta. Dottore in niente, fotografo di strada, film-maker, critico di cinema e fotografia. I suoi lavori sono affabulati su tematiche della diversità, dell’emarginazione, dell’accoglienza, della migrazione, della libertà, dell’amore dell’uomo per l’uomo come utopia possibile. È uno dei punti centrali della critica radicale neo-situazionista italiana.
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