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MABOS, quando la Natura diventa Arte.

di Massimo Mastrorillo

"Polaris" di Mohammad Fallahjuladi, foto ©Massimo Mastrorillo

Nel luglio del 2017 è nato ufficialmente il Mabos, Museo d’arte del Bosco della Sila, un museo atipico che si snoda per più di 30 mila metri quadrati di bosco, fortemente voluto e realizzato dall’imprenditore calabrese Mario Talarico.

“Tutto nasce da un’idea, anzi da un bisogno, ed è proprio questo il Mabos, il bisogno di impregnarsi d’arte, perché l’arte se la frequenti la ami”. Queste sono le parole e il credo di Mario, che ha voluto creare un enorme e diffuso spazio di ricerca utilizzato dagli artisti invitati con un’unica regola: mettere a disposizione di chiunque le opere installate per donare un po’ di bellezza in un territorio impregnato di bellezza, ma anche aspro e refrattario ai riflettori.

Due sono gli elementi di forza del Mabos, il rispetto della natura e la sperimentazione artistica. La potenza della natura viene raccontata attraverso il linguaggio universale dell’arte, nel tentativo, estremamente importante ed educativo, di ricostruire il rapporto tra uomo e natura, in un momento così delicato per il futuro del nostro pianeta e delle future generazioni.

"Con-presenza" di Lorena Ortells, foto ©Massimo Mastrorillo

Dopo aver inaugurato esponendo le opere derivate da due edizioni del Wood Sculture Contest, il Mabos ha organizzato le residenze d’artista “Sense”, ognuna con un titolo, che hanno coinvolto artisti italiani e stranieri invitati a realizzare opere lasciate poi in esposizione permanente all’interno del bosco. Sono proprio i sensi ad essere al centro delle residenze. Gli artisti vengono coinvolti dal luogo e dall’ambiente che diventa luogo di sperimentazione e creazione ma anche di condivisione e confronto, vista la continua frequentazione di critici e addetti ai lavori. Le residenze non sono aperte solo agli artisti ma anche a giovani storici dell’arte perché è chiaro che questo progetto non deve solo essere orientato alla creazione ma anche alla diffusione, all’educazione in un Paese, l’Italia, dove spesso l’arte viene considerata un elemento trascurabile, sicuramente non sostenuto in maniera adeguata, come invece avviene in altri contesti. Lo storico d’arte in erba ha la possibilità di vivere e conoscere l’artista, osservarlo mentre produce, mentre si confronta con altri artisti, con l’ambiente, con la materia, assorbendo tutto il percorso creativo e non solo l’opera finale. Tra gli artisti invitati citiamo: Hu Huiming, Mohammad Fallahjuladi, Alberto Criscione, Lucy Mey, Giuseppe Ferrise, Meri Tancredi, Michela Tobiolo, Diego D’agostino, Giuseppe Lococo, Adriano Ponte, Jaqueline Gisele Rodriguez.

"Immersioni d'Altura" di Tania Bellini, foto ©Massimo Mastrorillo

Questo esperimento di Land Art, da un lato continua una tradizione iniziata negli anni ’60 grazie a pionieri come Michael Heizer, Walter De Maria, Robert Smithson, Richard Long e Dennis Hoppenheim, dall’altro crea un’idea di collettività che contribuisce alla creazione di un’opera, ad un senso di appartenenza con il luogo e con l’opera stessa. Questa filosofia della condivisione non poteva che portare anche alla creazione di laboratori didattici per studenti, tutti interessantissimi. Tra questi “Il canto dei nuovi emigranti” che ha coinvolto centodieci studenti delle scuole superiori di Tropea e Lamezia Terme, con la direzione artistica di Angelo Gallo, eccellente artista cosentino e il regista e attore teatrale Pierpaolo Bonaccurso. Il progetto ha ripercorso, in chiave esperienziale, la collaborazione incentrata sul tema degli emigranti, avvenuta tra il poeta calabrese Franco Costabile e l’artista fotografo Mario Giacomelli, che diede vita all’opera di poesie e immagini “Il canto dei nuovi emigranti”. La valenza educativa del progetto è duplice: una sensibilizzazione dei giovani alle tematiche scottanti dell’immigrazione clandestina e un invito alla “resilienza”, alla riscoperta delle potenzialità infinite di un territorio che ha fatto per anni dell’emigrazione una necessità.

Come sostiene il critico e curatore d’arte Andrea La Porta, il rapporto con il mondo non è fatto solo di un senso di appartenenza ma di una consapevole costruzione dialettica. Natura e consapevolezza di essa e non c’è niente di meglio e profondo dell’arte per creare questo dialogo. Il Museo d’Arte del Bosco rappresenta il luogo ideale per uno scopo così nobile e della sua esistenza dobbiamo ringraziare di cuore il suo ideatore Mario Talarico, i suoi collaboratori e perché no, anche la Sila, perché ci ispira, ci protegge, custodisce gelosamente questi valori di “rinascita” e perché il “bosco non delude mai”.

"Transiti" di Adriano Ponte, foto ©Massimo Mastrorillo

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