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Luigi Ghirri – Fotografia e pensiero

di Massimo Mastrorillo

©Luigi Ghirri

Per Luigi Ghirri la fotografia non è la rappresentazione autentica della realtà o un ambito puramente creativo ma uno strumento di conoscenza, un linguaggio per rivelare nella realtà le immagini, per rivelare lo straordinario nell’ordinario, conciliando l’autobiografia del fotografo (la sua immensità interiore) con ciò che esiste ed esisterà nel mondo indipendentemente da lui. Nella sua opera il “pensare la fotografia, diventa componente fondamentale del fare fotografia”.

In Opera Aperta scrive: “Ricercare una fotografia che indichi non solo nuovi metodi per vedere, nuovi alfabeti visivi, ma soprattutto una fotografia che abbia come presupposto uno stato di necessità. Ricercare una fotografia che instauri nuovi rapporti dialettici tra autore ed esterno, nuove strade, nuovi concetti, nuove idee, per entrare in rapporto con il mondo, cercarne modalità di rappresentazione adeguate, per restituire immagini, figure, perché fotografare il mondo sia un modo per comprenderlo”.

L’idea della fotografia come necessità, come strumento è davvero profonda e interessante, soprattutto in un’epoca ipericonica come quella in cui stiamo vivendo, dove spesso prevale la superficialità e la necessità di affermarsi, farsi notare, ignorando il valore di quello che ci circonda.

C’è sempre stato un legame forte tra immagine e filosofia in Ghirri. I suoi pensieri sono inscindibili dalle sue immagini e servono a dar loro il giusto valore che non è e non può essere solo estetico. Per esempio usa questa bellissima citazione di Massimo Cacciari: “La fotografia non è un problema ma un enigma, perché il problema ha una soluzione e l’enigma è un problema che non ha soluzione”, per spiegare le immagini di paesaggio che sono dialettiche e non facilmente risolvibili: Il paesaggio può essere familiare ma diverso, conosciuto ma ignoto, ordinario ma sorprendente.

Infinito ©Luigi Ghirri

INFINITO, il progetto sul cielo fotografato per 365 giorni, è in definitiva un omaggio a Giordano Bruno e alla sua frase: “le Immagini sono enigmi che si risolvono con il cuore”. È una rappresentazione non dell’oggetto cielo ma dell’idea di cielo, un luogo dove nulla (e tutto) accade, fuori dalla storia (ma dentro la storia). Alla fine per Ghirri la fotografia rimane un eterno dilemma impossibile da risolvere se non forse appunto con il cuore. Su cosa si intenda per cuore e su quanto questo elemento in fotografia possa essere rilevante, troppo spesso si aprono discussioni noiose e inconcludenti. Di certo non ha a che vedere con la capacità di commuovere ma ha a che fare con l’anima, con tutto ciò che esula dal solo pensiero o concetto perché, e questo non bisogna mai dimenticarlo, dietro una macchina fotografica c’è sempre un essere umano con tutto il suo mondo, diverso da quello di tutti gli altri. Ed è questo mondo che determina il linguaggio di un autore.

Ghirri sostiene spesso, provocatoriamente, che Il dilettante è l’esaltazione del professionista. È colui che sta più vicino al noema della Fotografia. Jeff Wall definisce il dilettantismo una peculiarità dell’artista concettuale. Daydo Moriyama si definisce una contraddizione vivente perché si sente un dilettante che fa il professionista. I bambini sono spesso degli ottimi fotografi in quanto liberi, non giudicanti, privi di idee preconcette e al tempo stesso pieni di curiosità. A volte la professione costringe a ingabbiarsi nella ripetizione di uno stile, di un approccio, in narrazioni forzate che poco hanno a che vedere con la fotografia pensata, necessaria e risolta con il cuore.

Fonte: Scatti del Pensiero – La fotografia come problema filosofico (cap. Come Pensarla la fotografia, la filosofia di Luigi Ghirri di Caterin Martino).

©Luigi Ghirri

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