Marisa Prete, attenta studiosa della cultura visiva, molto seguita sui social, ha pubblicato sul numero 78 della rivista semestrale “Gente di Fotografia”, diretta da Franco Carlisi e attualmente disponibile, una profonda riflessione su un’opera del nostro collaboratore Pio Tarantini. Si tratta di un trittico, intitolato MT con divano e specchi, Salento 2016, presentato per la prima volta a MIA Photo Fair del 2019 in un allestimento in grande formato a cura di PHOTOSHOWALL e successivamente in alcune delle più recenti mostre del lavoro Imago.
Per gentile concessione della rivista “Gente di Fotografia” pubblichiamo alcuni stralci del testo di Marisa Prete.
MT con divano e specchi, Salento 2016 − © PIO TARANTINI
Il trittico MT, Salento, 2016 di Pio Tarantini è un’immagine che fa della complessità visiva e di lettura la sua cifra costitutiva. Quest’opera è una potente riflessione che l’immagine opera su sé stessa e sulla propria capacità di contenere lo spazio, il tempo, la forma. L’occhio dello spettatore, infatti, vorrebbe ricostruire il movimento della figura femminile, di cui intuiamo le forme, sebbene evanescenti fino al dissolvimento, ma il corpo che sembrerebbe concludere la sequenza, con la sua nudità, spezza di fatto la coerenza della successione, introducendo una ulteriore discontinuità.
[…] L’immagine contiene in sé due elementi profondamente metalinguistici, da sempre collocati sulla soglia che introduce ai misteri della rappresentazione: la cornice e lo specchio.
[…] … la cornice del trittico, che sembra suggerire la percezione di una composizione unitaria, come quella di certi pannelli fiamminghi, è un telaio che non “contiene” semplicemente le immagini, ma le destabilizza, mettendo in scacco la rappresentazione, rendendola refrattaria alla ricostruzione di una trama narrativa e di una coerenza figurativa.
[…] La struttura rigida del trittico che, forte della sua tradizione di supporto delle sacre rappresentazioni, promette la visione di immagini salde, addirittura salvifiche, rivela invece il suo contenuto evanescente: la figura femminile, che sembra sul punto di dissolversi, attraversa uno spazio incongruo, discontinuo, e si ritrova, nell’ultima “inquadratura”, a volgere le spalle allo spettatore, senza più un abito di scena, senza più una scenografia, senza più una storia da raccontare. Il vestito, disteso sulla poltrona, testimonia quasi una resa.
Ecco lo smacco delle cornici, di questi supporti che mettono ‘in quadro’ i nostri desideri di racchiudere dei pezzi di realtà, o di racconto, o di sogno. Quando si tenta di farlo, quella realtà ci sfugge, svanisce, nonostante ogni tentativo di trattenerla in dei confini, per potercene impadronire.
Stralci dell’articolo di Marisa Prete sul numero 78 di “Gente di Fotografia”, Aprile 2022
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