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Le fotocamere digitali acromatiche

di Ulisse Poldoni

Il 10 Settembre del 1979, Patti Smith e il suo gruppo si esibivano a Firenze. Giovani da tutta Italia s’imbarcarono sul treno per uno dei concerti rock più memorabili della fine degli anni 70’. Io invece tornavo alla mia sede Universitaria su un treno affollato, dove l’unico posto a sedere era sul mio bagaglio davanti al bagno, tra un vagone e un altro.  Arrivati alla stazione di Napoli centrale, che era già notte, il treno fermo sui binari, dal finestrino sporco e bloccato della porta d’uscita del vagone si vedevano due persone, un uomo ed una donna, accovacciati su un sedile di marmo con il loro cane ed un piatto per terra, un cartone per le stecche di sigarette da vendere ai passeggeri. Presi in mano una Pentax Spotmatic (in prestito da un amico, compagno di studi) e scattai con l’obbiettivo a tutta apertura appiccicato al vetro sporco e con uno scatto lentissimo. Ricordo l’emozione e la difficoltà a stampare la foto che aveva un contrasto molto basso. Ma era una foto che raccontava una storia. Come tante in quegli anni, erano storie di un paese diviso in cui le tensioni sociali erano ancora intense. Il passato fatto di religioni ed ideologie non aveva ancora lasciato spazio al futuro che negli ani 80’ e 90’ avrebbe forzato l’oblio dell’idea di progresso umano e sociale in cambio del culto dell’apparenza e della tecnologia. 

La Spotmatic era una fotocamera semplice, manuale, robusta e dotata di ottiche di qualità che fu prodotta tra il 1964 e il 1976 dalla Asahi Optical Co. Ltd., in seguito nota come Pentax Corporation. Utilizzava un innesto dell’obiettivo non a baionetta ma a vite con filettatura M42 di cui erano dotati gli obbiettivi Takumar della stessa casa giapponese. Per misurare l’esposizione occorreva, dopo la messa a fuoco, attivare un interruttore che chiudeva il diaframma per misurare l’esposizione stop-down. All’epoca in cui fu introdotto l’esposimetro stop-down era rivoluzionario, ma all’epoca delle foto di cui sopra era già superato.  

In quegli anni, la fotografia per molti professionisti, ma anche per gli amatori evoluti era essenzialmente in bianco e nero. Il colore necessitava lo sviluppo del laboratorio con le stampe 10×15 che si associavano ad una fotografia da dilettanti e le diapositive erano costose e non si prestavano facilmente alla stampa di ingrandimenti a meno di ricorrere a laboratori professionali.

Il bianco e nero descrive la realtà senza fronzoli e distrazioni come quelle introdotte dal colore. La luce e le ombre disegnano l’immagine che acquisisce un’identità se racconta qualcosa, storie, espressioni, forme. Il colore è più emotivo, basta a volte contrapporre colori opposti o giocare sulla loro complementarietà per stimolare reazioni da parte dell’osservatore.  In ogni caso, il colore è più complesso. Alla fine del secolo scorso le pellicole in B&N erano quindi il veicolo più semplice per la fotografia amatoriale

Con l’avvento delle fotocamere digitali, il film gradualmente svanisce o quasi (a parte la tendenza recente al ritorno della fotografia analogica). La macchina digitale offre la possibilità di scattare sia a colori che in bianco e nero. Le conversioni dal RAW o con un profilo colore o con uno in bianco e nero è una scelta di post-produzione, con i software che permettono di ottenere tonalità e viraggi che nella fotografia analogica richiedono trattamenti complessi. Quindi con questa flessibilità qual’ è il senso di fotocamere disegnate esclusivamente per il bianco e nero?

La Leica ha di recente introdotto la quarta generazione della sua M monocromatica o forse più precisamente, acromatica. La scelta di Leica è sempre una scelta di nicchia per via dei costi, ma anche per la filosofia “vintage” della marca tedesca. Quindi la scelta di Pentax di introdurre sul mercato la K3 Monochrome, una reflex DSLR acromatica con costruzione ed impostazioni derivate dalla K3 Mk III, a prezzi nettamente inferiori a quelli Leica, è sembrata sorprendente. D’altro canto la Pentax K-3 Mark III Monochrome è l’esempio perfetto di quello che un’azienda produttrice di fotocamere può offrire al fotografi quando il prodotto è svincolato da logiche di mercato. La K3 M offre due caratteristiche fondamentali che la differenziano da altri prodotti nella stessa fascia di prezzo. La prima è ovviamente la aromaticità dei files su cui ritorneremo. La seconda è il design di una reflex tradizionale non-mirrorless, realizzata con una qualità e solidità che ci riportano alle fotocamere professionali a pellicola.

Perché una fotocamera che scatta solo in bianco e nero se qualsiasi digitale può offrirci delle ottime conversioni in bianco e nero dei file a colori? Prima di addentrarci nelle discussioni tecniche dei vantaggi e possibilmente degli svantaggi della macchina acromatica, una considerazione forse più importante è l’approccio diverso che una fotocamera in bianco e nero ci costringe ad usare nel fotografare. Non abbiamo la possibilità di scegliere se fotografare o meno palloncini colorati solo per via del contrasto cromatico. Li fotograferemo se la luce crea un contrasto che li rende interessanti o se il venditore dei palloncini è un soggetto interessante. Il contesto di luci ed ombre e le situazioni diventano immediatamente prevalenti nella scelta dell’inquadratura e nella scelta dei soggetti da fotografare. Per avere senso, la fotografia in bianco e nero necessita di un rigore verbale diverso, di uno stile diverso e di una visione della realtà che è solo in parte oggettiva. La fotografia così diventa più eccitante, forse meno banale perché richiede una visione che va al di là dello scatto rapido o della sequenza da smartphone. La limitazione che la fotocamera acromatica ci impone diventa alla fine un modo per stimolare la creatività per evitare la monotona registrazione di cartoline o di mille ritratti con baci finti e braccia estese.

Naturalmente anche il lato tecnico ha la sua importanza. Le macchine monocromatiche o acromatiche fanno a meno del filtro colore (in genere un filtro Bayer) che è invece necessario nelle digitali normali per convertire l’informazione di luminosità in tonalità diverse di colore. Perché questo avvenga, l’immagine deve subire un’interpolazione sulla base della luce filtrata dalla maschera del filtro Bayer nei tre colori rosso, verde e blu. In altre parole senza il filtro Bayer e la elaborazione digitale delle sue informazioni, tutte le macchine digitali sarebbero in bianco e nero. Il filtro funziona interpolando l’informazione da pixel adiacenti. Se rimuoviamo il filtro invece, ogni pixel avrà una informazione di luminosità diversa. Quindi una definizione migliore dell’immagine. Il vantaggio principale però non è la definizione (le digitali moderne da 20M di pixel in su hanno una definizione più che sufficiente per stampe di medio/grande formato), ma la riduzione del rumore di fondo. Senza il filtro Bayer più luce raggiunge il sensore. Senza la cromaticità del filtro, il rumore di fondo non soffre di false sfumature di colore.

La Pentax K3 M si comporta molto bene da questo punto di vista. Permettendoci di scattare tranquillamente fino a 6400 o 12,800 ISO e di avere immagini che con un minimo di post-produzione hanno pochissimo rumore di fondo.  Inoltre recuperare le ombre non produce livelli elevati di rumore di fondo. Nella foto sotto scattata a 3200 ISO il dettaglio nelle ombre è stato recuperato in post produzione nonostante la foto originale (particolare al 100% a destra) sia notevolmente sottoesposta per salvaguardare le alte luci.

Naturalmente, la mancanza del filtro Bayer ha anche degli inconvenienti. Uno di questi è proprio la difficoltà a recuperare le alte luci. Nelle digitali tradizionali la presenza di informazione sui tre canali ci permette di recuperare informazioni. Nelle acromatiche questa possibilità non esiste e quindi dobbiamo sottoesporre se intendiamo avere dettaglio nelle alte luci e poi incrementare le ombre in post produzione. Non è complicato ed in ogni caso La Pentax K3M ha una modalità di esposizione specifica per proteggere le alte luci.

L’altro lato inconveniente nelle fotocamere acromatiche è l’impossibilità di utilizzare la conversione dal colore in post-produzione per accentuare determinate tonalità di grigio come fanno i classici filtri nella fotografia in bianco e nero. In altre parole occorre montare il filtro giallo, verde arancio o rosso davanti all’obbiettivo. Come del resto si fa nella fotografia analogica in bianco e nero.

Per i dettagli tecnici sulla K3 Monocrome esistono una miriade di ottime recensioni. Io vorrei soffermarmi qui solo sul lato, se vogliamo emotivo, dell’uso di questa fotocamera.

Il mercato mirrorless è cresciuto enormemente negli ultimi 5 anni. Le grosse industrie che producono fotocamere hanno abbandonato le DSLR. Data l’enfasi sul rendere tutto piccolo e leggero che va sicuramente a vantaggio della trasportabilità dell’equipaggiamento fotografico fotocamere con più spazio per controlli classici e pulsanti vari sono diventate rare. Esistono naturalmente eccezioni con fotocamere prevalentemente professionali come la Nikon Z9, la Sony Alpha 1, la Canon EOS R3 e la Panasonic S1R. Ma avendo avuto l’occasione di usare alcune di queste ammiraglie, posso affermare che nessuna offre la sensazione di usare una fotocamera analogica classica come la K3M. La Pentax K-3 III M è una DSLR, e quindi offre la tecnologia e l’ergonomia che la maggior parte delle fotocamere offrivano ai fotografi non molto tempo fa. Lo scatto meccanico riassicurante rende il momento della ripresa molto più soddisfacente degli scatti silenziosi o simulati degli otturatori elettronici. La stessa emozione o addirittura più intensa si ha utilizzando le Leica M. La differenza, a parte le diverse tecnologie come la risoluzione (la Leica M11 Monochrom ha un sensore da 60 M di pixel) è la messa a fuoco manuale con il mirino ottico “rangefinder” che la Leica predilige e che ci riporta ancora più indietro nei tempi. La differenza sostanziale è anche nel prezzo con la Leica Monochrom che costa quattro volte di più della Pentax.

Vale la pena acquistare una fotocamera acromatica? Per me, la fotografia è anche l’esperienza, il piacere dello scatto singolo irripetibile. Che ci si riesca o meno, il piacere di fotografare è lo stimolo per continuare a farlo. Se amate il bianco e nero e avete usato le vostre fotocamere digitali prevalentemente per fotografare in bianco e nero, o se volete esprimervi in un linguaggio fotografico ben definito e diverso da quello d’uso comune, le fotocamere acromatiche ed in particolare la Pentax K3 Monochrom sono strumenti eccellenti.

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