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L’Ambassador Massimo Siragusa ospite alla Festa della Fotografia: una chiave di lettura antropologica

di Rita Filippone

“La Festa della Fotografia 2024” sta per volgere al termine.

Vivere un’esperienza formativa di questo tipo, sia come utente che dal fronte organizzativo, lascia la possibilità di premettere e promettere la crescita del classico “bagaglio empirico” invisibile che ci portiamo dentro oltre che la consapevolezza che pareri, punti di vista e consigli conseguono uno spaccato indelebile su un approccio interiorizzato che riscopriamo essere limitato.

Un approccio che fortunatamente puntualmente andiamo a rimodellarlo sulla base dell’apprendimento di ciò che è nuovo, difatti lo rimodelliamo in meglio, propendendo verso un processo di paziente costruzione vantaggiosa.

Nata da un'idea singolare di Francesco Mazza, all'insegna dell'accessibilità a più visi, a più mani, a più menti, all'insegna della condivisione in un arco temporale ben definito

Nata da un’idea singolare di Francesco Mazza.
All’insegna dell’accessibilità a più visi, a più mani, a più menti.
All’insegna della condivisione in un arco temporale ben definito, rivolto a chi scruta il mondo attraverso un obiettivo, a coloro che raccontano la vita con un click, a chi ha la capacità di cogliere l’essenza di quel tutto che ci circonda, persino di quelle ombre di cattivo gusto.

Un viaggio che si conclude con il rafforzamento della tecnica e dell’autorialità fotografica confrontandosi con i volti più noti di una realtà così individuale e al contempo così universale appartenente al mondo della fotografia.

Un periodo che riesce a mantenere sempre aggiornati i professionisti del settore, che supporta coloro che possiedono questa ardente passione, che consiglia, persuade, guida gli aspiranti.
Accogliendo chi non si è lasciato sfuggire questo intreccio simultaneo di workshop moderati da fotografi di un certo spessore, affermati nel panorama pubblicitario, naturalistico, nella sfera della “Street photography”.
Ognuno perfettamente idoneo a tramandare questa preziosa dote correlata della propria firma personale.

Apriamo le danze in ricordo del Sony Day Experience, incastrando bene il tutto con questa sequela di Touch & Try, seguendo gli abili consigli di Nunzio, Marco e Vincenzo esaminando accuratamente e testando le caratteristiche peculiari e diversificanti della prodottistica.

Nata da un'idea singolare di Francesco Mazza, all'insegna dell'accessibilità a più visi, a più mani, a più menti, all'insegna della condivisione in un arco temporale ben definito
In foto, dalla tua sinistra alla tua destra: Vincenzo, Salvatore, Marco, Nunzio, Federica, Nicola, Francesco

Nunzio ha solleticato la nostra curiosità con l’introduzione al sistema Sony e la presentazione della nuova A9III.
L’innovazione che tocca le corde dei più temerari amanti del fascino in movimento, dal dinamismo nella documentazione delle eccellenze sportive alla quotidianità colta nel panorama naturalistico.
Tutti colpiti e impressionati non solo per la celerità nello scatto ma anche per la capacità di non distorcere l’oggettistica di riferimento, riproducendola con esattezza: la scia delle slides di paragoni e confronti ci ha palesato in modo inconfutabile queste proprietà che fanno di certo gola…
In un frame un treno in movimento totalmente ricurvo e a fianco un treno in movimento che appare fermo tanto della precisione e della staticità percepita (sebbene non effettiva)!
Oltre che un rapporto qualità-funzionalità-intuitività estremamente lampante e ben equilibrato.

Nata da un'idea singolare di Francesco Mazza, all'insegna dell'accessibilità a più visi, a più mani, a più menti, all'insegna della condivisione in un arco temporale ben definito

Abbiamo accolto come ospite Massimo Siragusa, per ammirare il fascino della primavera, la naturalezza in crescita di un verde incredibile, l’orizzonte infinito per perdersi tra panorami mozzafiato, cogliendo inoltre quei tratti socio-culturali che ogni scatto fotografico conserva gelosamente, che rimarca con fermezza e che rassomiglia con lampante precisione.

Massimo Siragusa è Sony Europe Imaging Ambassador, docente allo IED di Roma, fotografo e direttore editoriale della Phaos Edizioni. Le sue fotografie si trovano nelle collezioni permanenti dei Musei Vaticani, della Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Roma, del Mart di Rovereto, del Museo di Roma in Trastevere e sono state pubblicate sulle più autorevoli riviste internazionali: Geo, New York Times Magazine, Zoom, Merian, Le Figaro Magazine, Le Monde, El Mundo, Marie Claire.

A seguito di un excursus avente come punti focali i suoi tre progetti che mostrano uno spaccato sicuramente estremamente trascurato, l’abbiamo considerato un “fotografo viandante sociale” moderno, che coglie con un click le sfumature del dono del mondo e le lascia cogliere anche agli osservatori: così piccoli ed insignificanti di fronte la bellezza della natura, con questi giochi di luci e ombre, ma al contempo così grandi e fortunati nel considerarsi parte integrante di questa bellezza dai tratti caratteristici e ricollegabili solo agli autoctoni, agli abitanti di quel determinato luogo.

Luoghi che fungono da parentesi territoriali singolari ed irripetibili portatrici costanti di scene teatrali trattando e palesando un circolo reiterato di avvenimenti, di abitudini, di dinamiche emozionali, sociali, culturali descrivendoci due zone totalmente diverse tra loro, ma entrambe espressione di una forte, profonda e rimarcata identità: la periferia di Roma da un lato, simbolo caotico e dinamico dello sviluppo urbanistico di una metropoli che ha un lascito maggiormente rustico, semplice e tranquillo, e la sua estesa anima naturalistica.

Ci ha palesato una Roma diversa rispetto alla classica e canonica rappresentazione che abbiamo interiorizzato: città ingarbugliata nell’arte, nel traffico, nella celerità della vita lavorativa che scorre, nella libertà dei movimenti disconnessi, città dalla possenza architettonica e monumentale, dalla bellezza di luoghi singolari, effettivamente solo suoi.

Una parte di città che sembra richiamare la sua essenza e urlare la sua presenza.

Due aspetti insoliti della città, insoliti perché sono davvero realtà a sé stanti.

Rappresentazioni quasi al limite dell’opposizione nonostante riguardino e nascano nel medesimo territorio circoscritto, una sorta di ossimoro: da un lato le periferie del progetto “Roma”, prendendo il raccordo anulare come riferimento visivo del tessuto della città, dall’altro il verde del progetto intitolato “Supernatural”, un verde sconfinato, naturalistico che continua a crescere in piena autonomia, a germogliare in totale libertà e perfetta anarchia con “Non calpestare l’erba: uno sguardo sulla natura Romana”.

Nata da un'idea singolare di Francesco Mazza, all'insegna dell'accessibilità a più visi, a più mani, a più menti, all'insegna della condivisione in un arco temporale ben definito

E’ interessante soffermarsi inoltre sul senso socio-antropologico che si percepisce in modo immediato osservando gli scatti fotografici: si creano delle relazioni tra le persone che sono presenti all’interno di un territorio, si tratta di una relazione biunivoca, noi tendiamo a modificare il territorio in cui viviamo e paradossalmente allo stesso tempo in qualche modo ne subiamo un po’ l’identità, plasmiamo la nostra personalità sulla base di ciò che troviamo intorno, rispecchiandoci.

Nata da un'idea singolare di Francesco Mazza, all'insegna dell'accessibilità a più visi, a più mani, a più menti, all'insegna della condivisione in un arco temporale ben definito

Da qui la concezione, probabilmente ormai scontata ed ampiamente ribadita, del fatto che quando noi fotografiamo un paesaggio, fotografiamo degli oggetti, in realtà stiamo immortalando anche noi stessi, pur non essendoci persone presenti all’interno del panorama scelto, partendo dalle automobili.

Siragusa, in quanto insegnante, ci ha raccontato delle frequentissime volte in cui gli allievi tendono a sottolineare il fastidio che nasce alla vista di una macchina che “rovina” interamente uno scatto dalle elevate potenzialità, l’irritazione che ne deriva nel momento in cui bisogna necessariamente fare a meno della fotografia perfetta, quell’intralcio, quegli immancabili nei a quanto pare impossibili da evitare.

Il segreto sta nella consapevolezza e nell’accettazione che un determinato ambiente sarebbe finto se scorporato dalla sua vera realtà abituale, non racconterebbe tutto con autenticità.

Nata da un'idea singolare di Francesco Mazza, all'insegna dell'accessibilità a più visi, a più mani, a più menti, all'insegna della condivisione in un arco temporale ben definito

Un altro dettaglio certamente non di poco conto sta nell’abbracciare la consapevolezza che a parte il grande Pier Paolo Pasolini, con le celeberrime Borgate Beduine, questo progetto mistico dal quale si percepisce l’amore patriottico verso una città dalle molteplici personalità celate, tutte da scoprire stupendosi, da allora nessuno ha più definito quegli spazi.

Ci riferiamo per l’appunto “all’universo della strada”, nessuno lo ha più definito se non dal punto di vista tecnico, architettonico, strutturale, artistico… nonostante la stragrande maggioranza delle persone a conti fatti abiti effettivamente in periferia.

Sorge quindi una visione quasi distorta della realtà o comunque sicuramente limitante, che non ci presenta in maniera ottimale ogni sfaccettatura, che non ci apre le porte a una visione d’insieme, rispetto ad un contesto molto più ampio presente nella vita quotidiana.

Un contesto che ha sempre affascinato l’Ambassador Siragusa, una cornice sociologica che riflette la volontà di integrazione, di condivisione, in un unico punto di ritrovo costante nel tempo, elemento imprescindibile all’interno della foto sovrastante: dai secolari tavolini e sedie di plastica correlati al rosso Algida, che in questo sfondo cittadino non sono quasi più ricollegati alla notorietà del brand, ma per la gente del posto sono affiancati a quel determinato bar presente da una vita in quella zona, che rappresenta il punto di ritrovo, di aggregazione, così come il traliccio, nonostante la pericolosità, rappresenta parte integrante dell’ambiente.

Sempre a titolo d’esempio, notiamo inoltre questo flusso di anarchia dilagante, che porta l’individuo a ridefinire i propri spazi e la conseguente creazione di questo muro identificativo di un limite impartito forse concesso, forse no, con aggiunta il pannello reticolato che fa estendere la fioriera.

Il terzo progetto prende il titolo di “Il Cretto Grande“, concerne il Cretto di Burri a Gibellina, in Sicilia e rappresenta l’opera di Land Art più importante d’Europa: un luogo magico, un labirinto permeato nelle sfumature di bianco, un modo ora silente, ora dal ritmo incalzante, di intervalli e frame in cui il vento rincorre il verde che si muove in memoria di…

Da qui l’epilogo dalle fattezze suggestive e riflessive: lo scatto reale è anche in ciò che magari non viene visto, ciò che il fotografo ha tagliato, nel segmento che non vuole far notare, è nella sua scelta di concentrarsi su una determinata prospettiva, su un angolo ben definito, la vera fotografia può essere nascosta anche nell’assenza: di una miriade di potenziali realtà si decide di dedicarsi ad un piccolissimo pezzo… appropriandosene.

Per saperne di più: https://www.massimosiragusa.it/

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