Silvio Massolo è Socio TAU VISUAL PROJECTS.
Altre info puoi trovarle qui: https://www.phocusmagazine.it/tau-visual-projects-chi-siamo/
Progetto fotografico – © Silvio Massolo fotografo
Il contesto in cui si colloca questo progetto e la riflessione da cui trae origine, hanno radici nella famiglia, nucleo fondante il vivere sociale che ha visto nel corso degli anni radicali mutamenti.
La famiglia normativa incentrata su una severa suddivisione di ruoli tra il padre e la madre in cui il bambino assolveva il compito di assicurare la discendenza e la sicurezza economica, è praticamente sparita dal panorama sociale, sostituita dalla famiglia affettiva. All’interno di essa si è progressivamente modificata la presenza e il ruolo del padre nelle relazioni. Sempre di più i papà si occupano dei bambini, li accompagnano a scuola, vanno alle riunioni con le insegnanti, si prestano ad assolvere le cure quotidiane e tendono a vivere con loro una dimensione emotiva più intima e di complicità.
Tradizionalmente, il padre era il simbolo di un ordine che delimitava il campo fornendo quel senso del limite che è necessario per la crescita dell’individuo. Questo limite non era inteso come un freno alla libertà, ma come la condizione stessa per la sua espressione. Il padre era, in un certo senso, “l’ossigeno del desiderio”, che dava forma e direzione all’aspirazione.
In questo contesto rappresentava un sistema di controllo benevolo, una figura che attraverso i gesti e l’esempio della sua vita stessa mostrava l’esistenza delle regole che non soffocano il desiderio, bensì lo fanno vivere contagiando il figlio con della vitalità dello stesso.
Oggi spesso assistiamo a una sorta di “evaporazione del padre“, come è stata definita da diversi studiosi, con conseguenze profonde per l’ordine familiare e sociale. La figura paterna, quella che incarnava il volto umano della “legge”, sembra essere scomparsa. Tuttavia sembra essenziale un confine, una regola che delimiti il campo in cui il desiderio possa esprimersi. Questo confine, questo “no” è ciò che dà consistenza e valore al desiderio stesso. In questo modo, il padre diventa una figura che rende possibile non solo la trasmissione di valori, ma anche una connessione emotiva e affettiva che è vitale per la crescita del figlio.
Al contempo si osserva un’inversione della catena generazionale: è la famiglia che sembra adattarsi ai desideri dei figli, assistendo a un vero e proprio capovolgimento di ruoli. Le nuove generazioni spesso crescono in un contesto in cui il “non tutto è possibile” diventa difficile da accettare, e la stessa esperienza del limite, che in passato era vista come un “elemento positivamente traumatico”, appare oggi come uno spigolo troppo duro da affrontare. Il rifiuto del limite, però, può condurre a un’esperienza di smarrimento, a una mancanza di direzione e di senso che rende più difficile affrontare le sfide della vita.
Il padre non è solo colui che pone dei limiti, ma colui che mostra attraverso la propria vita che il desiderio può avere una direzione, un senso, e che indirizzando al meglio la nostra energia vitale possiamo realizzare il nostro potenziale umano.
Negli ultimi anni si sta registrando un crescente interesse e sensibilità verso il tema famiglia e, quando se ne parla, nella maggior parte dei casi la figura centrale sulla quale si pone l’attenzione è quella della donna.
La letteratura scientifica infatti ha concentrato molta della propria attenzione sul mondo interiore della futura madre, la cui dimensione emotiva è stata scandagliata, esplorata in ogni suo aspetto più recondito, mentre minore attenzione è stata rivolta, almeno fino ad ora, al padre.
Essere padre non è “naturale”, è un’abilità che si apprende in corso d’opera, un concetto, un’idea, un’esperienza, un’avventura che non ha mappe di riferimento o percorsi tracciati. Ognuno deve intraprendere il suo viaggio personale dove tutto è imprevedibile, sconosciuto e misterioso. Il padre non vive la paternità “nella carne”. L’esperienza di esclusività, l’attaccamento e la profonda sintonizzazione emotiva che connotano la relazione tra madre e neonato non si manifestano spontaneamente nel padre come processi innati.
Il passaggio da uomo a padre rappresenta un enorme potenziale di trasformazione per l’uomo che ha la possibilità di vedere nascere un “nuovo sé stesso”.
Le parole di un padre
Questo progetto trae la sua genesi da una mia esigenza personale. Da qualche tempo sto riflettendo sul mio ruolo di padre. Mi sono chiesto più volte che padre sono stato, che padre sono e che padre potrò essere per mio figlio. La riflessione ed il percorso ad essa collegato passano inevitabilmente dal confronto con mio padre, con la mia famiglia di origine e con le mie radici. I pensieri sono tanti, spesso confusi, si accavallano.
Un padre ha la possibilità di lasciare una testimonianza non solo attraverso le sue parole ma anche e soprattutto per mezzo dei gesti concreti che compie quotidianamente. Ha la possibilità di generare senso attraverso l’esempio della sua stessa vita.
Per sviluppare ed approfondire le mie riflessioni ho sentito la necessità di confrontarmi con altri padri. Ciò che mi interessava maggiormente era provare ad andare oltre al ruolo per avvicinarmi e conoscere gli aspetti individuali più intimi e personali che rendono unici il vissuto e l’esperienza di ogni singolo papà. Il mondo interiore del padre infatti rimane frequentemente celato e inespresso.
E’ stato naturale per me indagare il tema attraverso un linguaggio che mi è famigliare: la Fotografia. La dimensione estetica che mi è sembrata più pertinente per rappresentare questi aspetti e che ho utilizzato è quella del ritratto.
Dedico questo lavoro a mio figlio Matteo.
Aspetti operativi e tecnici
Da un punto di vista operativo e tecnico le immagini sono state realizzate in momenti diversi ma sempre con la mia attrezzatura Nikon. Gli shooting sono stati realizzati presso le abitazioni di ciascun papà allestendo ogni volta un piccolo set composto da un telo nero e una sola luce posizionata in pianta rispetto alla posizione della persona in modo da rendere la scena molto ricca di contrasto.
La suggestione visiva che ho scelto di seguire per rendere fotograficamente gli “spazi emotivi” di ciascuno è stata quella di mettere in evidenza, o forse meglio dovrei dire, in luce, l’elemento espressivo primario di ogni essere umano: il volto. In particolare facendo emergere il viso di ogni papà dall’ipotetico buio della sola introspezione verso la luce dell’espressività rendendolo materialmente visibile in un’immagine ricca di contrasto tra aree buie quasi impenetrabili, accanto ad altre ben visibili. Un dualismo luce/assenza di luce che oltre a dare forma è generatore di significato.
Ringraziamenti:
Quello che hanno fatto i padri che ho incontrato, e le loro famiglie, è stato un gesto di grande coraggio. Permettermi di “entrare” nella loro sfera intima e raccontarla mi ha permesso di vivere un’esperienza umana di grande valore, un dono che terrò molto caro. Desidero ringraziarli di cuore uno per uno.
Grazie ad Andrea, Boris, Claudio, Evandro, Gabriele, Giancarlo, Luca, i tre Marco, Matteo, Mauro, Michele, Pupi e Riccardo.
Ringrazio inoltre l’Associazione “ImmaginaFamiglie”, di cui faccio parte, che fin dall’inizio ha accolto con favore il mio desiderio di approfondire questo tema e mi ha aiutato a concretizzare questo progetto ed in particolare Monica Maggi e Valeria Pavan che mi hanno accompagnato più da vicino in questo cammino.
Desidero ringraziare anche l’Amministrazione comunale di Albenga e la Fondazione Oddi che hanno condiviso lo spirito del progetto e si sono rese disponibili a diffonderne per primi i contenuti e renderlo così fruibile alla comunità in cui ha avuto origine. Infine, ma non ultime, le lettrici ed i lettori dell’Associazione “Cosa vuoi che ti legga?” che hanno dato voce e vita alle parole dei papà che hanno accompagnato le immagini che li ritraggono.
Desidero ringraziare di cuore a tutti, nessuno escluso.
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