“Un miracolo è ancora possibile”. Con queste parole Cornell Capa, fratello del celebro fotoreporter, nel 1995 esultò per il ritrovamento della valigia contenente i negativi perduti. Immagini che appartengono alla storia della fotografia.
La “valigia messicana” è una storia particolare, è una macchina del tempo, contiene frammenti di vite umane, immortalati da tre grandi fotografi durante il conflitto civile spagnolo del 1936.
Consiste di tre piccole scatole di cartone arrivate presso il Centro Internazionale di Fotografia a New York, da Città del Messico. Conteneva i negativi delle foto che Robert Capa realizzò durante la guerra civile spagnola e che si ritenevano oramai perdute.
Parliamo di circa 4.300 fotogrammi di cui un terzo sono stati attribuiti a Capa, ma 46 rullini appartengono a David Seymour e 32 si ritiene siano state scattate da Gerda Taro.
La storia del viaggio di questa valigia è straordinaria ed è arrivata a noi dopo varie peripezie in cui perderla sarebbe stato un attimo. Per fortuna non andò così. Ecco un riassunto dei vari passaggi.
Siamo nel 1936, e in Spagna sta per scoppiare la guerra civile. Da una parte, un folto gruppo di militari guidati dal caudillo Francisco Franco; dall’altra, il governo repubblicano appena costituito, che ritiene prioritaria la lotta contro l’ideologia fascista che si sta diffondendo nella nazione.
Le tensioni politiche crescono, gli scontri si intensificano e la violenza cresce a dismisura. Iniziano le persecuzioni da parte dei comunisti nei confronti dei militanti anarchici e la situazione della Repubblica spagnola viene sempre più compromessa.
In questo clima di distruzione, di odio e di tensione, tre dei fotografi più famosi del XX secolo sentono che non possono più stare a guardare. Sanno che vale la pena rischiare la propria vita per documentare gli orrori di una guerra che sta lacerando un paese intero.
I loro nomi sono appunto: Robert “Bob” Capa, Gerda Taro e David “Chim” Seymour.
Imre “Csiki” Weiss, assistente di Capa a Parigi, era un emigrante ebreo ungherese. Non riuscì a fuggire da Parigi e fu internato in Marocco. Weiss scrisse una lettera a Cornell Capa e raccontò:
“Nel 1939, quando i tedeschi si avvicinavano a Parigi, ho messo tutti i negativi di Bob in uno zaino e sono partito in bicicletta diretto a Bordeaux per cercare di imbarcare i negativi su una nave diretta in Messico. Per la strada, ho incontrato un cileno e gli ho chiesto di portare in custodia il pacco di pellicole al suo consolato. Lui ha acconsentito.”
Da qui alcune fonti narrano che la valigia venne consegnata all’ambasciatore messicano per il governo di Vichy, il generale Francisco Aguilar González. Come questo si sia svolto rimane un mistero.
Dove sono stati i negativi tra il 1939 e il 1941 e chi li ha consegnati all’ambasciatore messicano? González morì nel 1971.
I negativi ricompaiono nel 1995 grazie al ritrovamento del produttore cinematografico messicano Benjamin Traver che li eredita da una zia. Non sapendo bene cosa farne contatta il professor Jerald R. Green del Queens College di New York per chiedere consigli. Green contatta Cornell Capa e lo informa della lettera. Successivamente viene chiesto a Traver di restituire i negativi che però si rifiuta forse comprendendo il valore che aveva tra le mani. Interviene quindi il curatore indipendente e regista, Trisha Ziff, che vive a Città del Messico e che dopo varie trattative lo convince. Il 19 dicembre del 2007, Ziff arriva all’International Center of Photography di New York con la valigia.
Il contenuto della valigia è così tornato alla luce e la straordinaria storia dei negativi è divenuta il soggetto di un documentario dello stesso Ziff, presentato durante la rassegna di Arles.
Il valore è davvero immenso, grazie al lavoro dei tre fotografi è possibile ripercorrere alcuni degli scontri cruciali avvenuti durante la guerra civile spagnola.
Questa è una storia che possiamo raccontare, mi chiedo invece quante storie non conosciamo e non potremo mai vedere perché, per qualche motivo, sono andate perdute per sempre.
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Paolo Ranzani, fotografo professionista del ritratto, dalla pubblicità al corporate.
Docente e divulgatore di “educazione al linguaggio fotografico”. Il ritratto rivolto al sociale è il suo mondo preferito, per Amnesty International ha ritratto personaggi celebri della cultura, della musica e dello spettacolo pubblicati nel libro “99xAmnesty”, per il regista Koji Miyazaki ha seguito per mesi un laboratorio teatrale tenutosi in carcere e ne ha pubblicato il lavoro “La Soglia”, reportage di grande effetto e significato che è stato ospite di Matera Capitale della Cultura. Scrive di fotografia per vari magazine con rubriche fisse. Dopo essere stato coordinatore del dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design di Torino è stato docente di Educazione al linguaggio fotografico per la Raffles Moda e Design di Milano e ad oggi è docente di ritratto presso l’Accademia di Belle Arti di Genova.
Come Fotografo di scena per il cinema ha seguito le riprese di “Se devo essere sincera” con Luciana Littizzetto.
In veste di regista e direttore della fotografia ha lavorato a vari videoclip, uno dei suoi lavori più premiati è “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre 10 milioni di visualizzazioni).
www.paoloranzani.com | Instagram: @paolo_ranzani_portfolio/
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