Katia Berestova è un’interessante e poco conosciuta fotografa con sede a Mosca. È nata a San Pietroburgo nel 1992 e ha iniziato a fotografare nel 2010 come autodidatta.
Le sue immagini sono autonome, non dipendono dal tempo.
“Il mio processo creativo non è legato al flusso generale del tempo. Come autrice, non vedo l’immagine del tempo. Non posso contarlo e raffigurarlo, perché ci sono dentro. Uso un linguaggio di immagini familiare e conosciuto”.
Produce un lavoro fotografico molto intenso nel suo essere silenzioso, il tutto ruota intorno ad un bisogno di libertà che cerca di superare le trappole del citazionismo e imporsi come linguaggio autonomo. Le sue origini e la sua cultura sono però preponderanti, la tradizione è nell’inconscio e da li assorbe le sue visioni.
Le fotografie di Katia Berestova girano intorno ad una serrata ricerca di linguaggio, non per forza estetico ma proprio di impressione originale rivolta verso chi guarda. Tuttavia è impossibile non notare quanto influenza abbia suscitato la lezione costruttivista di Rodčenko o, ancora il surrealismo di Man Ray. Tutto ciò che conosciamo di questi grandi autori lo si ritrova nelle sfumature del bianco e nero che ci restituisce Katia.
Lei afferma che il suo paesaggio visivo appartiene al XX secolo.
Non solo fotografa. Pittrice/grafica, poetessa.
In una intervista racconta come si è avvicinata alla fotografia:
“Disegno dall’età di due anni, all’età di circa 23 anni (ora ne ho 30) la mia stanza ha cominciato a trasformarsi in un laboratorio, all’età di 25 anni ho iniziato attivamente a fare ritratti. Ho iniziato a invitare modelli e ora continuo. Mi piace la libertà e la sperimentazione.
Lavoro con diverse tecniche, collage, stampa a mano, grafica, scanografia, ecc. Lo strumento e il metodo di espressione dipendono dalla composizione e dalla sua idea, a volte un fotogramma può diventare una poesia o una melodia. Sta all’artista decidere cosa è più appropriato e chiaro.
Ispirazione … sono molte le cose che mi ispirano. Probabilmente la cosa più importante per me nel quadro è la presenza dell’eterno e del senza tempo. Naturalmente, questi concetti sono astratti.
Le cose necessarie per me sono: la profondità della conoscenza, le radici culturali e morali, l’antropologia dell’immagine alla sua fonte, non un superficiale e temporaneo mezzo di comunicazione di massa.”
E di seguito descrive il suo approccio fotografico.
“Probabilmente si tratta della fede e della speranza che l’uomo possa essere umano. La speranza nella luce dell’illuminazione, nella razionalità, nella forza salvifica della bellezza e della purezza, una parte della quale è in ognuno di noi. E naturalmente il mio lavoro è una creazione congiunta del mio “io” e della mia vita, la nostra unione – dà l’idea e la forza, io ricambio con gratitudine. Un tale processo.”
Dal 2018, è membro dell’Unione degli artisti “Solaris” e dell’Unione dei fotografi russi. Dal 2019, tiene un corso sul tema “Composizione artistica analitica”. Nel 2021, il primo libro fotografico KOLOKOL è stato pubblicato da Besard edition Paris. Nominato per il 2022 Foam Paul Huf Award 2022 Amsterdam Nel 2022, mi sono cimentato nella regia e ora ho tre film in lavorazione. Nel 2023 verrà pubblicato il libro fotografico “DREAM N3” dalla casa editrice “Print Gallery” di San Pietroburgo Dal 2024 fa parte della segreteria della sezione di Mosca dell’Unione dei fotografi della Russia e membro della giuria dell’Unione dei fotografi della Russia. Le fotografie sono in collezioni private russe ed europee.
Nel 2024 è uscito il libro fotografico “Out of Time” edizione Skeleton Key Press, Norvegia.
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Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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