Il mondo passa dentro una limousine e diventa protagonista di una storia meravigliosa.

“I ragazzi della classe operaia erano quelli che davano le mance migliori. Capivano che la mancia mi avrebbe cambiato la giornata ed erano generosi. I peggiori invece erano quelli che avevano i soldi: più erano ricchi più erano tirchi”.
Questa è una delle storie di Fotografia più belle che mi sia capitato di raccontare, seguitemi nel racconto e non ve ne pentirete.
Immaginatevi nella NEW YORK di fine anni 80′.
La nostra protagonista Kathy Shorr si era appena laureata alla School of Visual Arts di New York ed era alla ricerca di nuovo progetto fotografico ma sopratutto voleva avere uno stipendio per mantenersi senza pesare sulla famiglia. Trovare la soluzione nello stesso momento e nella stessa situazione fu una sorpresa illuminante.
Le cose andarono più o meno così: Kathy stava pensando di cercare lavoro come autista di taxi e di fotografare i clienti, però poi si rese conto che i clienti sarebbero entrati e usciti di fretta e non sarebbe stato possibile instaurare una relazione tale per fare dei ritratti, decide quindi di tentare come autista di limousine. In effetti quella era una buona idea, la guida di una autovettura in affitto era una situazione più consona alla sua idea fotografica, portare in giro le persone, solitamente per minimo un paio di ore, le avrebbe permesso di trascorrere parecchio tempo con i suoi passeggeri al punto da poter proporre dei ritratti. Così, per nove mesi tra il 1989 e il 1990, ha lavorato nei fine settimana per una società di limousine con sede a Brooklyn.
“Non era un posto di lusso, in quanto donna e pure giovane, apparivo come una strana novità tra i miei colleghi, ovviamente tutti uomini, e anche i passeggeri erano sempre sorpresi di vedermi, ma in modo direi parecchio spiacevole.”

Shorr faceva passare la prima mezz’ora della corsa senza dire nulla, usava questo tempo per studiare i passeggeri, poi al momento che sentiva più opportuno, si presentava come fotografa ritrattista in cerca di soggetti per un progetto fotografico e chiedeva loro di poter fare qualche fotografia.
Qui accadeva un fatto curioso. Appena si rivelava come fotografa la dinamica all’interno dell’auto cambiava e diventavano tutti più amichevoli.
“All’inizio mi trattavano come un’impiegata e mi davano ordini ma appena mi dichiaravo di essere una fotografa che stava realizzando un progetto, improvvisamente gli ospiti dell’auto lavoravano per me: tutti diventavano molto cordiali ed eravamo sullo stesso piano. Mi sentivo come se non fossi più una persona a cui veniva detto cosa fare, ma a cui veniva chiesto – Dimmi cosa devo fare? Come mi metto?”.
A parte un funerale la maggior parte dei viaggi erano occasioni di festa e di gioia, matrimoni, feste di fine anno e feste di fine anno.
Tutti si sono fatti ritrarre tranne un uomo, un tipo che faceva finta di essere ricco e si vergognava di apparire poi in una eventuale mostra, già perché Kathy spiegava ai suoi soggetti che prima o poi avrebbe voluto fare un libro con tutte quelle immagini.
E dopo ben trentasei anni, esattamente a novembre del 2024, lo ha fatto: “Limousine”, pubblicato da Lazy Dog Press.
Shorr usava una Nikon e pellicola in bianco e nero e spesso realizzava i ritratti sporgendosi attraverso il divisorio che divideva l’autista dalla guida durante le soste, in modo che il retro dell’auto diventasse una cabina fotografica de-facto.
Ecco una damigella d’onore raggiante, adorabile in un tubino a spaghetti e guanti di pizzo, in posa presso la Bailey Fountain, a Grand Army Plaza; per un momento, diventa il fulcro della giornata, mentre la sposa si sofferma dietro. Ed ecco una coppia chiusa in un abbraccio appassionato, con l’uomo che spinge la donna sul sedile dell’auto come se fossero protagonisti di un film noir sul desiderio proibito.
Entrare in una limousine significa recitare un ruolo, anche senza la presenza di una telecamera.
“Quando le persone entrano in macchina, tutti sono vestiti in modo elegante, e tu assumi una nuova personalità quando ti vesti in modo elegante. Il tuo comportamento e i tuoi modi sono molto diversi da quelli di chi esce in jeans o in tuta con le stesse persone. Il tuo personaggio si eleva. Ma, con il passare del tempo, la tua vera personalità viene fuori”.
Il lavoro “Limousine” offre una deliziosa capsula del tempo di un’epoca passata della moda – capelli raccolti al cielo, abiti di raso con fianchi stretti e grandi spalle gonfie, jeans lavati con l’acido e arrotolati sui polsini – e anche di una New York passata. La maggior parte delle persone fotografate dalla Shorr apparteneva alla classe operaia di Brooklyn, come lei. Questa era l’epoca dei raider aziendali, delle ambizioni dell’avidità di Wall Street, della Trump Tower.
La limousine era vista come un accessorio di una ricchezza così ostentata, ma era conveniente affittarne una, soprattutto in gruppo; rappresentava l’idea che tu, come persona della classe operaia, potessi vivere o comportarti come una persona ricca, anche solo per un giorno.
Shorr ha guidato e fotografato persone di tutte le razze, etnie e costumi. Quando la sua lunga Lincoln entrava in un quartiere, tutti, dai bambini alle signore anziane, si avvicinavano per guardare dentro. A volte capitava che Shorr parcheggiasse sulla Ocean Parkway per riposarsi un po’ e in poco tempo un campanello d persone si faceva intorni e qualcuno chiedeva di potersi sedere all’interno ma giusto per sentire com’era. Kathy acconsentiva con un sorriso.
Shorr è cresciuta a Bushwick, un quartiere operaio nella parte settentrionale di Brooklyn, in una casa intergenerazionale con i suoi fratelli, i genitori, i nonni e i bisnonni. L’interesse per la guida le è stato trasmesso dalla nonna materna, l’unica persona della famiglia a possedere un’auto.
“Limousine” è, in un certo senso, un album di famiglia, anche se mette in contatto persone le cui strade non si sono mai incrociate consapevolmente. I suoi soggetti non condividono geni o nomi. Ciò che li accomuna è un momento importante trascorso sul sedile posteriore di un’auto speciale e celebrativa, conservato per sempre dalla macchina fotografica di una sconosciuta.
Potete seguirla sul suo profilo IG
https://www.instagram.com/katshorr/
Image rights: ©Cathy Shorr

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Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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