Se impari a conoscerla non puoi non amarla, se la ami, non puoi non rispettarla.
Negli ultimi anni oramai, i miei viaggi sono esclusivamente incentrati sul documentare storie, ricercare animali incredibili e sulla Natura. Raccontare e documentare le meraviglie che ci circondano, studiarle ed imparare a comprenderle, è il mezzo per avvicinarsi di più all’ambiente, conoscerlo, rispettarlo e quindi tutelarlo.
L’Asia (ed il sud-est asiatico nello specifico) è stata la principale protagonista dei miei ultimi viaggi, che ospita una vastissima biodiversità eccezionale. All’interno di questo mosaico ambientale, si trovano specie endemiche che svolgono ruoli ecologici importantissimi. Tuttavia, l‘accelerata antropizzazione, la conversione degli habitat e le pressioni derivanti da attività umane insostenibili (fra cui il “turismo di massa” di cui vi ho parlato in un precedente articolo) stanno determinando una crisi di estinzione senza precedenti. Comprendere il valore di queste specie e le dinamiche che ne minacciano la sopravvivenza è il primo passo verso una conservazione efficace e responsabile.
Così oggi vorrei parlarvi di alcune di queste specie che ho avuto il privilegio di incontrare ed osservare durante le mie piccole avventure e raccontarvi alcune curiosità.
Indicatori di Salute Ecosistemica – I dispersori di semi
Questi animali sono spesso indicatori della salute dei loro rispettivi ecosistemi e sono soggetti a gravi minacce, come classificato dall‘Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN)
L’Orango del Borneo (Pongo pygmaeus)
L’Orango del Borneo è un primate di grande intelligenza, condivide infatti con l’Uomo ben il 97% del DNA (appartenente alla famiglia degli Ominidi) ed è il più grande mammifero arboricolo del mondo. Conduce una vita prevalentemente solitaria, caratterizzato da un ciclo vitale lento: Hanno uno dei tassi riproduttivi più lenti tra tutti i mammifer. Le femmine infatti partoriscono un unico cucciolo ogni 6-9 anni, il più lungo intervallo di nascita tra tutti i primati. Ne consegue la grande difficoltà del loro ripopolamento.
E’ una delle tre specie di oranghi riconosciute (insieme all’Orango di Sumatra, P. abelii, e all’Orango di Tapanuli, P. tapanuliensis). Il nome Orang-utan deriva dal malese e significa “uomo della foresta” (orang = uomo, utan = foresta).
Ho avuto la fortuna di fotografarlo nel Borneo Malese questa estate, ero cosi’ emozionata che ho pianto appena l’ho visto.
La maggior parte delle minacce sono purtroppo collegate all’attività umana:
Distruzione e Frammentazione dell’Habitat: La conversione massiccia delle foreste pluviali in piantagioni agricole, in particolare per la palma da olio, è la minaccia più grave, purtroppo molto diffusa in Malesia. Anche l’industria del legname e le attività minerarie contribuiscono alla perdita di territorio. Gli incendi boschivi, spesso appiccati per liberare terreno agricolo, distruggono vaste aree di habitat e uccidono direttamente gli animali che non riescono a fuggire. Inoltre con la riduzione del loro habitat, gli oranghi si ritrovano spesso ad entrare in contatto con le aree agricole, portando a conflitti con le comunità locali. Anche il bracconaggio ed il commercio Illegale purtroppo non mancano all’appello.
Il Bucero Asiatico
“Bucero Asiatico” è un termine generico che racchiude diverse specie di questo animale, con caratteristiche fisiche e dimensioni differenti. La più imponente e nota è il Bucero Maggiore (Buceros bicornis) che può superare il metro di lunghezza e di apertura alare. L’ho cercato moltissimo in Thailandia e non potrò mai dimenticare il forte suono del suo volo nella foresta date le grandi ali. Incredibile!
E’ uno degli uccelli di foresta più grandi del mondo e un simbolo della salute delle foreste pluviali asiatiche. E’ un animale principalmente un frugivoro, ma integra la sua dieta con proteine animali come piccoli insetti, roditori, uova, rettili etc.
Ma la sua più incredibile caratteristica si trova nel periodo di Riproduzione e Comportamento a dir poco unico:
Sono uccelli monogami e le coppie difendono attivamente il loro territorio di nidificazione.
La Tappatura del Nido: dopo un’accurata e scrupolosissima ricerca di una cavità naturale all’interno di un albero secolare, di specifiche dimensione e caratteristiche, la femmina depone le uova; dopodiché avviene la Sigillatura della femmina al suo interno. Infatti, una volta posizionatasi all’interno della cavità, il maschio dall’esterno, sigilla quasi completamente l’ingresso della cavità, utilizzando un impasto di fango, escrementi e polpa di frutta, lasciando solo una stretta fessura, un piccolissimo “occhiello” che consentirà alla femmina di sbirciare all’esterno e inserire solo le estremità del becco . La femmina ed i piccoli rimangono sigillati all’interno del tronco dell’albero per l’intero periodo di cova (circa 38-40 giorni) e fino a quando i giovani non sono impiumati.
La femmina in questo lasso di tempo non esce mai e non potrebbe volare poiché si strappa via le piume delle ali per la creazione del nido. Durante questo periodo, è il maschio ad avere l’esclusivo compito di procurare il cibo e nutrire la femmina e i piccoli attraverso la stretta apertura. Volando avanti ed indietro quotidianamente dall’albero dove sono sigillati madre e piccoli. Quando i piccoli sono pronti per volare, la femmina rompe finalmente la parete sigillata per uscire, seguita dai giovani.
Non è assolutamente incredibile?
Langur Foglia d’Argento (Trachypithecus cristatus)
Questi primati, sebbene meno noti, sono indicatori sensibili della degradazione delle foreste costiere e delle mangrovie.
Il Langur foglia d’argento la cui distribuzione è limitata alla Malesia Peninsulare, Sumatra, Borneo (Indonesia e Malesia) ed alcune isole minori, è una specie di primate poco conosciuta ma affascinante, appartenente al gruppo dei Langur (o presbiti). Una delle sue caratteristiche più sorprendenti e uniche è il colore dei cuccioli. I piccoli nascono con un pelo arancione brillante, che contrasta nettamente con il mantello grigio degli adulti. Si ritiene che questa colorazione serva come segnale visivo per le femmine del gruppo, stimolando l’alloparenting (cura da parte di altre femmine oltre alla madre).
La loro sensibilità alle variazioni di dieta e alla qualità del fogliame li rende un buon indicatore della salute della foresta e contribuiscono inoltre alla rigenerazione del Sottobosco: Sebbene i semi che consumano vengano spesso distrutti dal loro particolare sistema digestivo specializzato, la loro attività influenza la crescita delle piante di cui si nutrono.
Behind the Scenes
La fotografia Naturalistica può risultare spesso una vera e propria sfida: le ottiche sono spesso pesantissime, sei in costante movimento, non sempre si ha la possibilità di appoggiarsi od usare un treppiede. A volte fa freddissimo altre, un caldo tremendo. La luce cambia ogni minuto: un momento ti trovi nel sottobosco, con pochissima luce e troppe, decisamente troppe ombre, un secondo dopo ti trovi sotto la pioggia o sotto il sole cocente alto in cielo.
Riflessi pronti e rapidità sono fedeli compagni in queste situazioni.
Ma le emozioni che ti sa regalare sono uniche.
Ricordo ogni singolo momento, lacrima di gioia o stupore, davanti ad ognuno di questi animali, anche a distanza di tempo.
Fotografia che fa da Maestra
Seppure oggi giorno sia un settore poco redditizio ed estremamente dispendioso sotto diversi aspetti, la fotografia Naturalistica mi ha insegnato moltissimo. Essere pazienti ma ostinati, sono ingredienti fondamentali. E’ un genere che porta con sé diverse caratteristiche, soggette a varianti imprevedibili, che la rende spesso difficile: riuscire ad immortalare un animale nel suo ambiente, meglio ancora se ripreso in situazioni comportamentali che lo descrivano in qualche modo – come la caccia- ad esempio, sono delle situazione che richiedono molta, moltissima fortuna (come per la fotografia da impronta “documentaristica”). Un portrait ben messo a fuoco, senza troppo micro-mosso o rumore, molto ravvicinato, nitido e magari lo sfondo ben staccato dal soggetto, (con un’impronta più artistica, ad esempio), è ancora più difficile. Gli animali non è sempre sicuro vederli, ancor meno fermi, “in posa” davanti all’obbiettivo. Ci sono poi infinite regole etico-comportamentali, che alzano l’asticella di difficoltà, che bisognerebbe tenere sempre in mente quando si fa fotografia di animali. Non avvicinarli con del cibo, non toccarli, spaventarli o stressarli in alcun modo, solo per citarne alcune. Ne vale della nostra ma soprattutto, della loro incolumità.
Personalmente, rispetto ad altri generi di fotografia, non mi basta portare a casa solo una “bella foto”. Molte volte ho fotografato animali di cui non ero neanche a conoscenza della loro esistenza o comunque di cui non sapevo quasi nulla. Questo mi ha spinta quasi sempre, a studiare od informarmi ulteriormente su tutto ciò che li riguardava. E più mi informavo e maggiore era la curiosità ed il desiderio di conoscenza.
Io credo fortemente che più ci si appassiona a qualcosa, la si studia, la si impara a conoscere e maggiore è il desiderio di tutelarla e rispettarla. Per questo motivo spero ogni volta, che queste fotografie, possano in qualche modo far scaturire le medesime sensazioni che provo io. Trasmettere quanto tutto ciò sia incredibilmente connesso con qualsiasi cosa ci circonda e a noi stessi, è il primo passo per cercare di non perdere questa unica ricchezza.
Seguite Martina anche sui social: https://www.instagram.com/emmebi7/
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