Presso il Mattatoio di Roma è in corso l’interessantissima mostra “Images Are Real”, dedicata a Jonas Mekas, nell’ambito delle manifestazioni per celebrare il centesimo anniversario dalla nascita del regista e teorico lituano.
L’esposizione guarda in retrospettiva alla sessantennale attività di Jonas Mekas (Biržai 1922 – New York 2019) dentro e oltre la storia del cinema d’avanguardia. Attraverso un’ampia selezione di opere che va dagli anni Sessanta fino alla fine degli anni Dieci del nostro secolo, il progetto espositivo si propone di leggere il lavoro del filmmaker lituano come un viaggio dantesco che dall’Inferno della storia porta alla felicità, grazie a un esercizio filmico quotidiano.
Il titolo della mostra è una citazione tratta dal film “Out-takes From the Life of a Happy Man”, in cui la voce fuoricampo dell’artista riflette tra sé e sé: «Le memorie sono passate, ma le immagini sono qui, e le immagini sono reali!».
L’opera di Jonas Mekas è un inno alla vita nel suo continuo divenire. La macchina da presa viene usata come diario dove l’autore registra, giorno dopo giorno, la propria esistenza. Un linguaggio sporco, privo di formalismi, un montaggio non narrativo, poetico, che a tratti ricorda Robert Frank regista.
Diverse sono le opere esposte. Le tristi esperienze di vita della Seconda Guerra Mondiale, durante la quale assieme al fratello, Mekas venne segregato dai nazisti in un campo di prigionia, rivivono in The Brig (1964), la trasposizione di una performance del Living Theatre, con cui il regista venne premiato al Festival del Cinema di Venezia. Quest’opera viene affiancata alla serie fotografica “Purgatorio”, che racconta i primi anni dopo la guerra e a “Ein Märchen aus alten Zeiten”, un video filmato da Mekas durante il crollo delle Torri Gemelle a seguito degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001.
Quello di Mekas è in definitiva un esercizio quasi stoico di documentazione dei momenti felici della vita e “Walden” è l’opera, presentata attraverso l’installazione su due schermi, che forse meglio rappresenta questa incessante ricerca.
Appena emigrato negli USA, l’autore acquistò la sua prima cinepresa Bolex, che grazie alla sua maneggevolezza, lo accompagò per quasi tutta la sua vita. Accanto ai suoi primi tentativi di documentazione filmica, portò avanti l’attività di critico fondando la rivista Film Culture e scrivendo per Village Voice. Le sue prime opere finirono col segnalarlo come figura di spicco e di riferimento del cinema indipendente e di una generazione di cineasti che si identificavano con il New American Cinema Group.
Mekas era un viaggiatore instancabile che riuscì a tessere un’infinità di relazioni e amicizie con esponenti di spicco della cultura americana tra cui Andy Warhol, Allen Ginsberg e Yoko Ono, mostrandosi sempre convinto fautore di un’idea di cinema opposta al gigantismo e al business di Hollywood. Il suo avanguardismo lo ha portato ad essere sempre aperto verso le novità. Ne è una dimostrazione l’immediato interesse verso YouTube non appena venne lanciato. Nel giro di poco tempo riversò sulla piattaforma le sue opere e nel 2007 realizzò 365 Diary Project, con cui condivise sul proprio diario on line, un video al giorno per un anno.
Un’opera di grandi dimensioni, così vicina alla fotografia e al cinema contemporaneamente, è sicuramente “In a instant it all came back to me” del 2015 in cui vengono esposti 768 frame da film. Un inno alla vita di un profugo lituano che così tanto ha dato alla storia del cinema americano e mondiale. Le immagini vengo impresse su vetro a ricordare la trasparenza della pellicola. Una sorta di lanterna magica dove ritratti rari di artisti si alternano a momenti di vita quotidiana o a scene straordinarie come lo sciopero di Dalì per la Monna Lisa a NYC nel 1963, la performance Up Your Legs del 1970 di Yoko Ono e John Lennon o l’inaugurazione di Andy Warhol al Whitney Museum nel 1971. Trentadue vetrate in due formati differenti che riprendono le finestre del Palazzo Foscari di Venezia dove sono state esposte per la prima volta. L’intera vita nel cinema di un autore tra i più innovativi e trasgressivi è racchiusa in quest’opera.
La mostra inaugurata il 9 novembre durerà fino al 26 febbraio 2023. Sempre al Mattatoio, in contemporanea, le mostre su Roma di Plinio de Martiis (davvero una scoperta per il sottoscritto) e William Klein (che non delude mai). Non è forse un motivo più che valido per passare un fine settimana nella capitale?
https://www.mattatoioroma.it/mostra/jonas-mekas-images-are-real
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Massimo Mastrorillo
Ha lavorato a progetti a lungo termine concentrandosi sulle profonde conseguenze di conflitti e disastri naturali sulla società.
Ha ricevuto diversi premi, tra cui il World Press Photo, il Picture of the Year International (Magazine Photographer of the Year, terzo premio), il Best of Photojournalism (Magazine Photographer of the Year, terzo premio), il PDN Photo Annual, il Fnac Attenzione Talento Fotografico, l’International Photography Award, l’International Photographer of the Year al 5° Lucie Awards e il Sony World Photography Awards. E’ stato finalista all’Aftermath Grant 2011. Ha ricevuto la nomination per il Prix Pictet 2009 “Earth” e 2015 “Disorder”. Il suo progetto “Il Mare siamo Noi” è stato selezionato per il Vevey Images Grant 2015 e 2017.
E’ stato Leica Ambassador e Talent Manager dell’agenzia LUZ una delle più importanti agenzie fotografiche italiane.
Da anni è impegnato nella didattica con esperienza pluriennale presso la Scuola Romana di Fotografia, la Leica Akademie, la REA e la D.O.O.R. Akademy.
È uno dei membri e fondatori di D.O.O.R., una factory romana che si occupa di fotografia, talent scouting e publishing.
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