Caro Ivo,
è passato un anno dalla tua mostra a Torino, al Museo del Risorgimento, che tu non sei riuscito a raggiungere, ma adesso eccone subito un’altra.
La verità è che pur avendoti sempre pensato in questi mesi ho realizzato e immaginato con più realismo il tuo lavoro. Sono stata in Colombia dove mi sono immaginata il tuo lavoro in sud America: le difficoltà per muoversi, vivere, trovare situazioni con l’umanità disposta a lasciarsi riprendere come solamente tu sapevi fare.
Ho pensato alla fatica che non hai mai raccontato mettendo in avanti la tua idea sulla lentezza.
Eppure la fatica è stata una costante non solo per vivere in luoghi non sempre facili, per marciare in condizioni di disagio ma anche la fatica degli ultimi anni nel trovare il lavoro presso le redazioni, presso le gallerie, i musei, presso i media. La fatica della malattia, la fatica di dover sopravvivere per sbarcare il lunario. Questa tua facile sopportazione delle difficoltà, del tuo coraggioso adattamento alle diverse circostanze non lo hai mai fatto pesare.
Ivo tu non hai mai fatto pesare come hai dovuto affrontare e sopportare le innumerevoli difficoltà e la tua coraggiosa capacità di adattamento alle diverse situazioni.
Testardo nelle tue scelte, cocciuto nelle tue convinzioni, geloso della tua intimità hai condiviso parte di te con chi ritenevi degno della tua fiducia senza mai lamentarti. Le tue osservazioni erano sulla vita reale, sulla realtà dei fatti sia quando fotografavi sia quando dovevi affrontare la tua vita di tutti i giorni.
Sornione, acuto, buono: così mi appari con i tuoi scarponi, il tuo giaccone, la tua macchina fotografica. Alla fin fine leggero nella tua vita e in quella degli altri nonostante la tua imponenza fisica. La tua vita è stata una vita reale densa di storie, racconti, di te, degli altri: una vita vera, una vita che merita essere raccontata da chi ha compreso il tuo linguaggio, sentito la tua voce, osservato il tuo sguardo, sopportato anche i tuoi sfoghi taglienti, le tue dimenticanze ma ha amato infinitamente il tuo modo di sentire e scattare la vita di noi vulnerabili esseri umani.
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