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Italo Calvino e la goduria del “liber interruptus” – a cura di Raffaele Nisticò

di PHocus Magazine

”Se una notte d’inverno…” inaugura il ciclo di lettura del Circolo Palomar allo Spazio Coriolano Paparazzo

Un romanzo il cui titolo inizia con il “Se” avverbio dubitativo avrebbe già dovuto mettere sul chi va là il lettore che nell’estate 1979 acquistava, spinto dalle fortunate pregresse esperienze, la nuova uscita in libreria di Italo Calvino dopo un lungo silenzio narrativo. Certo non poteva immaginare che “Se una notte d’inverno un viaggiatore” sarebbe diventato un vero e proprio caso letterario, con una problematicità che si sarebbe trascinata fino a oggi per la sua particolare, originale struttura narrativa, composta da una cornice di dodici capitoli che tengono unito il testo al cui interno si aprono liberamente e senza legame logico e narrativo dieci diverse storie tra loro indipendenti.

Italo Calvino e la goduria del “liber interruptus” - a cura di Raffaele Nisticò

Anche se il pre-testo non è originale, perché l’espediente della cornice è già ampiamente attestato da illustri precedenti anche italiani, basti pensare al “Decameron” o al “Cunto de li cunti”, è senza dubbio privo di antecedenti la scelta, tra il dispettoso e il contingente, di fermare le dieci storie a poche pagine dal loro inizio, veri e propri incipit di altrettanti romanzi che non troveranno mai un seguito né tantomeno una fine, se non, forse, proprio l’incipit che dà titolo a tutto. Ci sono storie di genere e, naturalmente, ci sono personaggi: il Lettore che non ha nome, una Lettrice che si chiama Ludmilla, una sua sorella Lotaria, un editore, un traduttore-traditore, un capo spia.

Italo Calvino e la goduria del “liber interruptus” - a cura di Raffaele Nisticò

Il primo capitolo del romanzo è dedicato al Lettore (ma può essere benissimo una Lettrice) volgendo il verbo in seconda persona e prefigurando le diverse situazioni e finanche le posizioni di lettura: seduto, in piedi, a testa in giù, in equilibrio precario o comodamente sdraiato sul divano. Anzi, i più memori ricorderanno che l’uscita fu accompagnata da una sorta di fumetto – forse di Tullio Pericolo, le cui illustrazioni hanno costituito spesso la versione grafica del mondo di Calvino – in cui una Lettrice era raffigurata in tutte queste posture. Curiosamente ciò che il testo non prefigura è quanto ieri svolto a Catanzaro, allo Spazio Coriolano Paparazzo di Francesco Mazza che ha ben volentieri ospitato il Circolo Palomar nell’incontro inaugurale del nuovo ciclo, ovvero una lettura collettiva e una discussione, minuziosa, colta e accesa sul romanzo, sull’autore, sulla letteratura, sul lettore, sulla lettura e sui rapporti che uniscono, accrescono e talvolta elidono e confondono i loro ambiti. Il fatto che il Circolo sia intitolato al signor Palomar la dice lunga sulla particolare affezione, quasi fideistica, che Calvino gode tra i suoi soci, e la competenza con cui lo leggono e ne parlano.

Tanto che più che “calviniani” si potrebbero definire “calvinisti”. Calvino, chiaramente, ci mette del suo, con la complessità dei temi e dei rimandi resi con la fluidità e la linearità tratto distintivo del suo stile leggero, rapido, esatto, visibile e molteplice: oggettiviamo dalle “Lezioni americane” così facciamo prima, tralasciando l’ultima delle “Sei proposte per il prossimo millennio” perché, notoriamente, fu solo prospettata e non portata a compimento per l’improvvisa morte dello scrittore a settembre 1985. Diversi gli interventi e tutti coerenti e perfettamente a fuoco, introdotti dall’attuale presidente del Circolo Umberto Mancino che ha anche delineato i prossimi appuntamenti, il primo dei quali sarà dedicato a Elsa Morante.

Italo Calvino e la goduria del “liber interruptus” - a cura di Raffaele Nisticò

A questo proposito, giova ricordare che “Se una notte…” segue di pochi anni l’uscita della “Storia”, pubblicato nel 1974 quasi in contemporanea con “Corporale” di Paolo Volponi. Due romanzi, “La Storia” di Morante e “Corporale” di Volponi che esemplificano i due poli della narrativa italiana di quel periodo attraversato da venti ed eventi burrascosi e talvolta tragici: la prima inserita nel filone del grande romanzo europeo, il secondo orientato alla dissolvenza della linearità di forma e contenuto. Calvino nello scrivere “Se una notte…” da una parte insiste sulla forma romanzo e ne fa anzi una summa distillata dalle sue sconfinate letture e frequentazioni culturali che si intuiscono e anzi si fanno qui e là evidenti, e dall’altra si fa partecipe della crescente propensione alla fine del romanzo perlomeno nelle modalità del canone ottocentesco: troppo complesso il mondo che si avvicina al Duemila, troppo contorto il legno dell’umanità per renderlo in forma regolare e conchiusa.

Da qui la difficoltà di giungere alla fine delle storie, anzi l’impossibilità di chiudere i dieci diversi romanzi che innervano “quel” romanzo, abusando del disperato desiderio del Lettore e della Lettrice di giungere alla fine della storia, desiderio inscritto nella loro natura dall’alba dei tempi. La somma abilità di Calvino è di rendere questo complesso quadro con levità e ironica suspence, tratteggiando anche un lieto fine: Lettore e Lettrice si ritrovano a letto felicemente sposati e, addirittura, in grado di leggere il finale di “Se una notte d’inverno un viaggiatore”. In verità, c’è solo l’annuncio del Lettore: nessuno può dire se non sarà un altro “liber interruptus”.

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