Questo volume, così come il precedente dedicato a cinque grandi filosofi calabresi, è stato voluto dall’attuale presidente del Consiglio della Regione Calabria, on. Filippo Mancuso, il quale ha creduto al progetto; e la sua ambizione, credo, è quella di contribuire, con il suo appoggio istituzionale, a diffondere nell’ambito culturale calabrese principi e valori più volte richiamati dai personaggi che compongono e comporranno la collana Terzo Regno, con lo scopo di creare coscienze fertili in grado di fare propri i valori del rispetto, della condivisione, dell’altruismo, e di allontanare con efficacia i mali che sembrano aggredire sempre di più l’odierna società. Solo le istituzioni, se si schierano, se animate di buone intenzioni e lo vogliono davvero, possono far iniziare, finalmente, un reale processo di cambiamento.

Certo che sì! Questo, cosi come tutte le modeste produzioni librarie e filmiche da me realizzate nel corso di circa quarant’anni, sono sempre state ispirate da questo proposito.
E’ però altrettanto certo che, perché la coscienza possa essere influenzata, deve esistere la consapevolezza, in chi si approccia all’argomento trattato, che in qualche modo il tema può essere di beneficio alla propria esistenza.
Ebbene, affinché un editore, chiunque esso sia, grande o piccolo, ottenga questo risultato, non è sufficiente che produca opere di qualità: è necessario, invece, che la qualità sia tale da coinvolgere la mente del lettore. Il pianeta, da tempo immemorabile, è pieno di capolavori che potrebbero, se assorbiti e messi in pratica gli insegnamenti ricevuti, far cambiare l’approccio con l’altro e l’esistenza di tutti i popoli sarebbe migliore e si potrebbe evitare una triste deriva per l’umanità.

Siamo al secondo volume della collana Terzo Regno, dedicato a cinque scrittori calabresi che hanno in comune la territorialità dell’esistenza.
Hanno tutti scritto di emigrazione, povertà, sogni, arretratezza, sofferenza, voglia di riscatto, società meridionale e malaffare. Sono nati tutti
in un fazzoletto di terra, in cinque paesi diversi situati a breve distanza tra loro, in un territorio, quello della Locride, noto per la magnificenza
delle sue origini Magno Greche ma anche, tristemente conosciuto, per essere stato palcoscenico di eventi malavitosi che ne hanno offuscato l’immagine e il rispetto che merita e che nel corso dei secoli gli è stato invece giustamente riconosciuto.
Lo scopo di questo volume è quello di tentare, con la complicità dei personaggi trattati, di raccontare la bellezza della gente che nella locride
vive ed è costretta, per colpa di pochi discutibili individui ma anche di scelte politiche scellerate, sia nazionali che regionali, a subire, sulla propria pelle, le più ignobili e generalizzate etichette.
La Calabria, così come gran parte del sud Italia, è stata, e forse lo sarà per altro tempo ancora, raccontata come la terra degli ultimi, ma non nel senso nobile del termine, ovvero come portatori di bellezza da tutelare, da imitare e preservare, ma nel senso peggiore che possa essere pensato:
– ignoranti
– malavitosi
– vagabondi
– Tradotto: brutti, sporchi e cattivi.
Le narrazioni che accompagneranno il lettore alla scoperta dei nostri protagonisti sono tre: – I testi, a firma di cinque autori che, ognuno
con le proprie peculiarità, hanno saputo raccontare i personaggi trattati in questo volume sotto l’aspetto biobibliografico.

Gli aforismi, che rappresentano una estrema sintesi per raccontare il periodo storico in cui i nostri personaggi hanno vissuto, il territorio con le sue caratteristiche ambientali e geografiche, la società calabrese con le sue contraddizioni, e infine l’incredibile forza umana del calabrese che ha saputo da sempre lottare e resistere.
-Le fotografie, che hanno il difficile compito di rappresentare tutto quello che i nostri conterranei hanno narrato, di raccontare la visione del momento storico da loro vissuto, di far conoscere il loro impegno nel cercare di cambiare il corso delle cose.
Pino Bertelli fotografo, i cui lavori sono incentrati su tematiche della diversità, dell’emarginazione, dell’accoglienza, della migrazione, della libertà, dell’amore dell’uomo per l’uomo come utopia possibile, è stato coinvolto in questa difficile narrazione e con la sua visione è riuscito,credo, a rappresentare con efficacia tutto ciò che i nostri ci hanno, con la loro intensa attività e narrazione,trasmesso.

Il nostro Corrado Alvaro orienta la sua produzione letteraria essenzialmente su due direzioni: una, rivolta verso il mondo contadino calabrese, rappresentato con realismo ma anche mitizzato nei suoi costumi e nelle sue tradizioni; l’altra, orientata verso la condizione della piccola borghesia
cittadina, descritta nelle sue paure e nelle sue meschine ambiguità. La Calabria con i suoi pastori, con le sue donne e i suoi contadini, con le sue miserie e passioni aspre e dure, si contrappone alla città, o più in genere a quegli aspetti della modernità in cui l’uomo si smarrisce e si perde come un viandante confuso o ignaro o disgustato.
Il nostro Mario La Cava, con la sua straordinaria forza d’animo, resiste alla tentazione di partire, di svolgere la professione di medico o di avvocato altrove e di non tornare mai più a vivere nel suo paese natio. Decide di raccontare la sua terra, la sua gente attraverso i suoi scritti e la sua intensa attività di giornalista. Mario La Cava resta a Bovalino e riesce a descrivere la situazione meridionale contemporanea da testimone attento alle cose del suo tempo; resta per dare voce alla sua gente, resta per combattere con la sua penna e per tentare, anche lui e a modo suo, di far cambiare il
corso delle cose.
Il nostro Saverio Montalto era un medico veterinario che esercitava la sua professione nel paese natio; una triste vicenda familiare lo segna per la vita: uccide la sorella e finisce in un manicomio criminale dove, oltre al Memoriale dal carcere, che scrive per tentare di giustificare l’accaduto al giudice, inizia e scrive il romanzo La Famiglia Montalbano.
E’ il primo in Calabria a scrivere di mafia, è il primo a descrivere come la ‘ndrangheta reggina stava muovendo i primi passi.
Il nostro Francesco Perri da subito, era il 1922, scrive tra i primi in Italia contro il fascismo. Il suo libro I Conquistatori viene bruciato dal regime
e lui perde il posto di lavoro ma non si è mai arreso, ha continuato a scrivere contro l’antidemocrazia e lo ha fatto con i suoi successivi romanzi, con
le sue favole e le sue poesie.
Il nostro Saverio Strati, con la sua straordinaria capacità di lottare contro le avversità che gli si prospettano già da bambino. Era povera la sua esistenza e scritto il suo destino, ma lui insiste e riesce a sovvertire le sorti di una realtà che diversamente sarebbe stata segnata dalla vita del paese e dalla sua routine quotidiana: zappare la terra e vivere sotto il padrone che pretende sempre di più. Ma il suo sogno di imparare a leggere e scrivere
lo porta lontano, a diventare cantore degli ultimi, dei suoi conterranei. Racconta nei suoi romanzi le ingiustizie che la sua gente è costretta a patire e la esorta a reagire, a darsi da fare contro le vessazioni e la miseria a cui sono stati costretti.

No comment yet, add your voice below!