Nei primi mesi del lockdown del 2020, nell’attesa di poter esporre e pubblicare il progetto/libro sulla città di Trino, ho iniziato a pensare di voler esplorare un territorio dove i miei ricordi di bambino sono rimasti forti ed indelebili.
Quando ero bambino le scampagnate e le gite in montagna animavano la mia fantasia, la mia curiosità e la mia voglia di correre verso l’infinito. Negli anni ’70 le auto si usavano poco e le uscite, almeno per molti di noi che risiedevamo a Torino, non erano moltissime; spesso si era abitudinari, individuato un posto bello ed accogliente si tornava e ritornava per molti anni.
Così ho iniziato a progettare questo lavoro cercando di valorizzare un’area circoscritta ma particolarmente significativa del Piemonte, le Valli di Lanzo.
Per molti fotografi, la fotografia è la loro voce, il modo di capire il mondo e di comunicare con esso.
“Il silenzio dei campanacci” è il progetto fotografico che ho voluto realizzare per valorizzare il paesaggio e l’ambiente delle Valli di Lanzo, le tradizioni e i suoi abitanti… un racconto per immagini, impreziosito da testi di chi la montagna la vive!
Quando progetto la realizzazione di un nuovo lavoro fotografico/documentaristico lo divido in tre fasi.
La prima a mio avviso è la più complicata, bisogna concentrarsi sulla vera fase progettuale, prendere i primi contatti con le persone che conoscono il territorio e documentarsi su tutto quello che può essere poco conosciuto ma di notevole interesse. Informarsi sulla storia e sulle tradizioni locali.
Per arrivare a queste informazioni spesso contatto l’amministrazione comunale, il sindaco o le associazioni del territorio… e chi meglio di loro può conoscere persone significative per il nostro progetto o angoli poco conosciuti!
La seconda fase è quella dedicata all’esplorazione dei luoghi e all’incontro delle persone per “raccontare” storie e realizzare le immagini.
Per “il silenzio dei campanacci” sono state necessarie decine di uscite, inizialmente volevo esplorare solo la Val Grande ma poi ho proseguito con la Val d’Ala per poi concludere con la Val di Viù.
La terza fase prevede l’editing e la post produzione delle foto, la stesura dei testi e l’impaginazione del libro.
Prefazione di Alessandro Mella e Micaela Ordine
Immaginatevi un bambino che, per la prima volta, piccolo turista nelle Valli di Lanzo, scopre la meraviglia di quel paesaggio. Immaginate il suo sguardo puro, affamato di bellezza, curioso e capace di catturare i dettagli che, il più delle volte, sfuggono allo sguardo stanco e affollato di pensieri tipico degli adulti. Il suo sguardo si posa sui sentieri che percorre, dai piccoli borghi abitati all’alta montagna, sulla vitalità dei torrenti, sulla vegetazione, sui cieli tersi, sull’orizzonte incantato. I suoi sensi si perdono, entusiasti, quasi innamorati, prima nel silenzio che accompagna l’ascesa verso gli alpeggi, poi nei racconti di un margaro, di un uomo che la montagna la vive e vive di montagna. Ha la fortuna, questo nostro bambino immaginario, di partecipare insieme al margaro alla transumanza e qui si lascia trascinare, magicamente, nell’incanto di un altro silenzio: il silenzio dei campanacci.
Questo sguardo puro e affamato di bellezza, di emozioni, è nascosto dietro all’obiettivo della macchina fotografica di Roberto Cavallo, ancora una volta ammaliato da un paesaggio e da chi lo vive sfidando la solitudine e la durezza della montagna.
Siamo spesso portati, con superficialità, a pensare che la fotografia catturi immagini per trasmetterci emozioni ma non è così: le foto di Roberto sono esse stesse emozioni, le sue e quelle delle persone che incontra durante i suoi viaggi. Racchiuse in uno scatto le dona a noi sotto forma di finestre spalancate su spazi e tempi che noi, troppo presi dalla frenesia della quotidianità, non sappiamo più vedere né apprezzare con il cuore puro di un bambino.
Roberto, con le sue mostre ed il suo libro, ha documentato un cammino che l’ha portato ad esplorare le Valli di Lanzo, a conoscerne le persone, le vicende, il lavoro faticoso di chi la montagna “la vive”, con un occhio privilegiato e libero dai pregiudizi e dalle barriere visive e spirituali del villeggiante. Paesaggi, animali, genti, boschi e selve, nevi e rocce, tutto è personaggio di un mondo che a volte sembra sfiorirsi. Un poco offuscato da nubi incombenti di soffocante modernità. Un mondo con cui lui ha certato e trovato armonia e sintonia. In un lungo ritratto vero e vivo, pulsante.
I suoi toni di grigio trasmettono un senso di vitalità crescente e non di decadenza triste e mesta come sarebbe scontato aspettarsi. Roberto documenta una montagna viva, che resiste, che non si arrende, che guarda con fiducia ad un futuro che, non ne dubito, tornerà e forse sta già un poco tornando.
Nella fatica degli artigiani e dei pastori si coglie l’essenza stessa della vita sui monti, su quelle montagne che tanto offrono ma tanto prendono e tanto pretendono. Ed i borghi, gli angoli, gli oggetti, le piccole cose che piccole sembrano ma non sono mai.
Nell’eleganza raffinata dei ristoratori c’è la voglia d’aprirsi al mondo, nella devozione popolare la tradizione che resiste e nei musici la passione ardente al punto che dalle immagini sembra di sentir emergere le note delle corente alpestri. Così che basterebbe chiuderli un istante, gli occhi, per immaginarsi i balli e le feste nelle frazioni.
Biografia autore
Roberto Cavallo (Torino, 1968) è un tipo preciso; ama informarsi ed indagare, quasi investigare… quando ha in testa un obiettivo non lascia nulla al caso, si dedica alla raccolta delle informazioni e al raggiungimento del risultato con amore e accanimento, guidato da una grandissima passione per la cultura, la storia, le tradizioni e, soprattutto, per la gente. Ama la fotografia documentativa e il reportage attraverso i quali esprime la sua creatività, e racconta se stesso e le sue emozioni e lo fa con attrezzatura Nikon che è il brand che ha scelto per la sua precisione e per la qualità delle immagini prodotte. Emozioni che scaturiscono tanto dall’osservare la natura, quanto dall’incontro con le persone o dall’esplorazione solitaria di un sito abbandonato o di un paese deserto. Trasformando queste emozioni in fotografia, Roberto ha dato vita al progetto “The wild side tomorrow” selezionato per “The Others 2014” e a “Emotions in movement”.
Ciò che tuttavia più lo appassiona sono gli esseri umani e quindi questo è il soggetto al quale ha dedicato i suoi più recenti progetti. Sfruttando la sua naturale predisposizione al contatto, ha avvicinato uomini e donne speciali che lo hanno affiancato nei suoi viaggi, reali e metaforici come il giovane pastore di pecore, gli artigiani degli antichi mestieri, le mondine e i risicoltori e tanti altri. Dai suoi incontri sono nati i libri fotografici “L’incanto della terra dell’acqua” dedicato alle risaie, al territorio e alla gente del vercellese, il coinvolgente e toccante “Luce… specchio dell’anima” durante il quale si è confrontato con il delicato tema della malattia, “Oltre la nebbia… TRINO e dintorni” dedicato all’ambiente, all’agricoltura, all’industria e agli abitanti di questa città. “Torneranno i prati verdi” è nato durante il lockdown imposto dall’emergenza Covid del 2020; dall’inquietudine generata dalla particolarità di quel periodo, ha preso forma l’idea di testimoniare e immortalare la vita della sua comunità, ritratta poi anche in “…i molti volti di Givoletto”.
Qualunque sia il tema del progetto, sempre emerge lo stile elegante ed empatico della sua fotografia.
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