Fotografare con la scatola
Strani soggetti si aggirano per le strade con in mano scatole di varia fattura, hanno un’aria un pò fuori dal tempo e forse anche dal mondo.
Sono i fotografi, che come me, dopo anni passati a rincorrere gli ultimi ritrovati tecnologici e a cercare la perfezione nell’immagini digitale, si sono resi conto che ciò che cercavano era altro, tempi più lenti e dilatati che lasciano riflettere e stabilire un contatto con il territorio o il soggetto, che culmina poi in uno scatto che ne distilla l’essenza o almeno si spera…
Il mezzo è la fotografia stenopeica (pinhole per gli anglofoni), la forma più essenziale e primitiva di fotografia, un richiamo diretto alla “scatola obscura“, una scatola, solitamente in legno, ma non per forza, un foro ed una pellicola fotografica STOP!
Inizialmente si è disorientati, improvvisamente ci si ritrova un mezzo fotografico in cui gli ISO (ma dovrei dire ASA), focale e diaframma sono fissi.
Tutto ciò che è davanti alla macchina è a fuoco, niente messa a fuoco! Che comodita!
L’uso però rivela sin da subito lo spirito della fotografia stenopeica, la mente si libera lasciando spazio allo scatto, niente fronzoli, preoccupazioni, solo inquadratura ed una veloce misurazione esposimetrica che deve restituire tempi di posa in multipli di secondi, si perchè essendo l’otturatore manuale solo i tempi misurabili in secondi sono sfruttabili, quindi le lunghe esposizioni sono praticamente una costante oltre che preziose alleate.
La dilatazione del tempo diventa cosi un’amica che aiuta a ragionare e fa da compagna allo sguardo lento, capita infatti di uscire e tornare a casa con 2 o 3 scatti, a volte nessuno, ma con un profondo senso di soddisfazione.
Sparisce la smania di osservare lo scatto nel display, tipico dell’era digitale e compare una strana sensazione, che ho difficolta ha descrivere, da un lato la mente che immagina il possibile risultato, elaborando tutte le variabili di scatto, dall’altro il soggetto che mi tiene compagnia fino allo sviluppo del negativo in camera oscura.
La dimensione immaginaria assume quindi un grande valore nella progettualità stenopeica essendo i risultati sempre lontani dalla realtà. Distorsioni, angolazioni estreme e formati inconsueti sono peculiarità di cui si prende rapidamente coscienza e si sfruttano a proprio vantaggio moltiplicando le possibilità espressive.
Si va dai formati classici 35mm o 6x6cm ai panoramici 6x9cm a iperpanoramici 9x24cm ed ancora i multifori disposti nei modi più disparati. I risultati sono affascinanti e spesso stravaganti ma se adoperati in funzione dell’idea progettuale sono un’arma potentissima.
Uno degli esempi più belli che io conosca di fotografia stenopeica funzionale al risultato è il lavoro di Valentino Guido “LUDIBRIUM“, diseconomia del sud, dove per raccontare l’immobilismo di alcuni ambienti sono stati utilizzati tempi di posa medi di 200 giorni.
Si avete letto bene 200 giorni, Valentino si presentò da me con un progetto che faticai inizialmente a capire, ma quando tra un bicchiere di rum e un buon sigaro mi spiegò e mi rese partecipe ne capii finalmente il senso profondo, fotografare un luogo per 200 giorni per testimoniarne l’immobilismo.
Tra le mie opere che più mi hanno rapito, tengo molto ad un lavoro su Cosenza dove, tra il serio ed il faceto, ho riportato alcuni personaggi illustri del passato in giro per la città Brutia, Mi sono ispirato al dialogo fra me ed un amico “….mi sarebbe piaciuto vedere Cosenza secoli addietro, lo splendore della mura ed i suoi abitanti all’opera….
….chissà cosa direbbero oggi i grandi del passato della città odierna…”
Quindi armato di figurini in scala, macchina pinhole ed un pò di giochi di prospettiva ho riportato Napoleone e Re Alarico per le vie della Città
Spero di aver suscitato quantomeno curiosità in molti e magari voglia di cimentarsi nella fotografia stenopeica.
Sto lavorando ad altri articoli in cui parlerò di costruzione di pinhole e della loro connessione funzionale con il progetto, parlerò anche po’ di tecnica ma sempre in leggerezza.
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Classe 1972, di formazione Universitaria scientifica ma da sempre attratto dalle arti visive decide di farne la propria professione seguendo diversi corsi di specializzazione in grafica e design. Apre quindi il proprio studio nel 2004. Sostiene con forza di inserire le proprie passioni nel lavoro e tra queste la fotografia che lo appassiona da sempre. Segue quindi workshop e corsi che lo portano a maturare un proprio stile influenzato dai propri maestri e dai sui autori preferiti, prediligendo dla fotografia di paesaggio e storytelling ma si accosta volentieri a stili più concettuali.
Nel 2014 in occasione di una residenza d’artista, la permanenza con alcuni fotografi armati di strane scatole gli fa scoprire la fotografia stenopeica.
L’evento ne segna il percorso, riconoscendo nel mezzo analogico semplice e primitivo la via ideale per il proprio linguaggio fotografico.
Attualmente si occupa di fotografia commercial/corporate e stampa Fine Art moderna che integra attualmente anche con antiche tecniche stampa a contatto.
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