Discorso complesso quello che intreccia Alberta Zallone ‒ ricercatrice scientifica con la passione per la fotografia ‒ nel suo recente lavoro También se muere el mar, in mostra presso la galleria Museo Nuova Era di Bari: si trovano in esso il tema della memoria e quello dell’incanto, la riflessione sul tempo e sulla Storia, l’interrogarsi sul suo stesso ruolo di visitatrice-fotografa. L’oggetto della documentazione fotografica è il vecchio castello abbandonato di La Salle, in Borgogna, una regione al centro della Francia e a Sud-Est della regione parigina: un castello che già di per sé è un falso storico perché costruito nell’Ottocento in stile neogotico; varie vicende del dopoguerra lo hanno portato a essere completamente abbandonato e spogliato di tutti gli arredi.
Alberta si è aggirata in questi spazi carichi di suggestioni cercando di immaginarne le storie e i segreti: dalle grandi stanze dove una volta pulsavano le vite di abitanti privilegiati ai misteriosi sotterranei carichi di antichi richiami di sapore medievale.
Le sue fotografie si alternano, stilisticamente, tra quelle con un impianto descrittivo ‒ in particolare per gli esterni, limpidamente illuminati da una luce che esalta la bellezza del sito ‒ e quelle dove prevale il dettaglio, l’atmosfera e dove la luce, al contrario, trattandosi di interni, è chiaroscurale, misteriosa come gli ambienti fotografati. Ed è in questi ambienti che si rivela maggiormente l’ansia interrogativa della fotografa che non lesina a volte in queste inquadrature così cariche di mistero a metter in scena sé stessa. Si tratta forse della ricerca di una presenza umana che si avverte in queste sale dove, pur prevalendo il vuoto della avvenuta spoliazione, ci si imbatte sempre in qualche traccia di vita vissuta: i resti di una biblioteca, alcune poltrone, qualche altro scarno residuo di arredamento, decorazioni sui muri. Ecco allora che appare la figura, tendenzialmente mossa o sfocata, della fotografa che pare sforzarsi, con un estremo gesto di volontà, di rianimare quei luoghi, pur essendo perfettamente cosciente dell’impossibilità del risultato se non su un piano che si potrebbe definire quasi di autocoscienza, psicoanalitico.
Scrive al proposito Alberta: «[…] il percorso diviene un inquietante progressivo incedere nel vuoto. La casa cessa di essere rifugio per divenire il luogo dello sperdimento, rischioso labirinto. Le foto che seguono intendono testimoniare questa speranza e sperdimento. […] Qui tutto comincia quando la storia è già finita, conclusa. La si può solo immaginare e così sperdersi dentro fino all’annullamento, perché il senso delle esistenze che l’hanno abitato, se pure l’hanno avuto, è per sempre perduto». In fin dei conti siamo pur sempre nella patria di Proust.
Alberta Zallone
También se muere el mar – (Muore anche il mare)
Galleria Museo Nuova Era, Strada dei Gesuiti, 14, Bari
In mostra dal 14 maggio al 5 giugno; dalle 17 alle 20; chiuso domenica, lunedì e festivi.
Catalogo: pagine 40, formato cm 23×29, disponibile in galleria.
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Nato nel 1950 nel Salento, Pio Tarantini ha compiuto studi classici a Lecce e poi Scienze Politiche all’Università Statale di Milano, dove vive dal 1973. Esponente della fotografia italiana contemporanea in quanto autore e studioso ha realizzato in quasi cinquanta anni un corpus molto ricco di lavori fotografici esposti in molte sedi italiane pubbliche e private.
La sua ricerca di fotografo eclettico si è estesa in diversi ambiti, superando i vecchi schemi dei generi fotografici a partire dal reportage, al paesaggio, al concettuale… Leggi tutto
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