… creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove che siano utili…”.
(Henri Poincaré)
Nella mia continua ricerca di nuovi linguaggi fotografici, da un po di tempo mi sono approcciato allo studio del movimento.
Lo studio del movimento viene insegnato in tutte le Accademie di Arte, è uno studio propedeutico a ciò che sarà qualunque rappresentazione del vero. Nella fotografia, aldilà di esperimenti per “congelare” il movimento mostrandolo in sequenze, il movimento o più propriamente il mosso sono sempre stati visti con orrore, come uno degli errori da evitare assolutamente.
Non fotografate ciò che è, ma piuttosto cos’altro è – (Minor White)
Forse il fotografo più famoso tra tutti quelli che hanno applicato il movimento intenzionale della fotocamera alle loro fotografie è stato Michael Orton che è anche il creatore dell’effetto che prende il suo nome.
Ho iniziato ad applicare il mosso creativo, in una sua particolare forma non estrema, già nel 2018 in alcune mie foto subacquee in cui mixavo il movimento del soggetto con il movimento della fotocamera: non un panning, ma una combinazione di movimenti che andavano dalla rotazione al movimento in verticale piuttosto che orizzontale.
In una foto infatti: possiamo quindi congelare il movimento, ma anche comunicare il movimento di un soggetto rispetto a chi lo osserva (con il mosso); oppure, possiamo mostrare il movimento relativo di un soggetto rispetto all’ambiente che lo circonda (con il panning); oppure ancora, possiamo introdurre dinamismo in una scena di per sé statica, “inducendola” intenzionalmente a muoversi (rispetto al sensore, con l’ICM).
Il mosso non è più un errore da cui scappare, ma diventa un elemento attraverso il quale esprimere la nostra creatività.
“You don’t make a photograph just with a camera. You bring to the act of photography all the pictures you have seen, the books you have read, the music you have heard, the people you have loved”. (Ansel Adams)
Che, detto molto peggio, significa che l’immagine che produci rappresenta te stesso, non quello che fotografi. O meglio, fotografare vuol dire utilizzare la rappresentazione del soggetto che riprendi per raccontare qualcosa di te, di tuo.
Durante il lockdown ho deciso di oltrepassare quella sottile soglia e andare oltre: usare il mosso come un pittore userebbe il pennello sulla tela; la mia macchina fotografica è diventata il mio pennello e la luce la tavolozza da stendere sul sensore.
Attraverso il mosso possiamo creare atmosfere fiabesche o conferire un particolare dinamismo alle nostre foto e, perché no, usare la fotocamera come se fosse un pennello con cui stendere i colori su una tela.
La fotografia è una delle sette arti figurative e come tale non può e non deve essere solo documentazione. Il fotografo naturalista, o di paesaggio, ha il dovere di “creare” attraverso la fotografia emozioni e sensazioni che vadano aldilà del semplice soggetto fotografato.
“Beati coloro che vedono le cose belle in luoghi umili dove invece altre persone non vedono nulla.” Affermava Camille Pissarro, uno dei maggiori esponenti della corrente pittorica nota come Impressionismo. Il fotografo, in possesso del terzo occhio, va oltre la semplice visione di ciò che tutti possono vedere e propone una sua reinterpretazione di quello che, solo apparentemente, sarebbe scontato.
Ecco che l’acronimo ICM diventa Intentional Creative Movement
Muovere la fotocamera durante lo scatto in maniera intenzionale diventa creatività, attraverso la quale possiamo dare nuova vita a ciò che è sotto gli occhi di tutti, destrutturando totalmente o parzialmente una fotografia che altrimenti sarebbe banale.
La bellezza di questo tipo di fotografia non risiede nel mezzo che si utilizza ma solo nella capacità di trasformare un’idea in arte attraverso la fotocamera.
Molti sono i metodi per ottenere questo tipo di foto: il più semplice è sicuramente quello di utilizzare la fotocamera montata su un treppiedi ed effettuando dei movimenti sull’asse verticale o orizzontale.
Un altro metodo consiste nel muovere la fotocamera con una sola mano creando delle curve o dei cerchi. Insomma il movimento è connesso con ciò che la nostra mente sta elaborando davanti alla scena che vogliamo fotografare.
Personalmente utilizzo qualunque tipo di obiettivo, sia vintage come l’Helios 37, o obiettivi zoom come il Nikon 70-300 o il 18-55, o obiettivi fissi come il 50 e il 40 macro. Non uso filtri ND (salvo rarissime eccezioni), preferendo impostare sulla fotocamera il valore ISO più basso possibile (50ISO) abbinato al valore di diaframma più chiuso che l’obiettivo mi consente in modo da ottenere un tempo di scatto compreso tra 1/40 e 1/8.
Utilizzo la funzione della Esposizione Multipla, sulla fotocamera, con metodo di fusione ADD o AVG e sequenza da 2 a 7 fotogrammi durante i quali muovo la fotocamera per creare la mia visione di ciò che sto fotografando.
Sicuramente i risultati che si ottengono non sono mai banali e scontati aprendo nuovi punti di vista. Come la fotografia cambiò un certo modo di dipingere, così la pittura può cambiare un certo modo di fotografare.
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