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I fotografi dei Papi

di Paolo Ranzani

Storie di fotografi e di fotocamere donate.

Arturo Mari - fotografo dei Papi

Arturo Mari è conosciuto come il fotografo ad personam dei Papi e per conto de L’Osservatore Romano, con cinquantuno anni di attività, dal 1956 al 2007, ha fotografato la vita privata e pubblica di ben sei Pontefici, da Papa Pio XII a Papa Benedetto XVI.

All’arrivo di Papa Francesco è andato in pensione lasciando il posto al suo assistente Francesco Sforza che ha documenta il pontificato di Papa Francesco I.

Arturo Mari viene avviato alla carriera fotografica dal padre, che nei primi anni dell’adolescenza lo iscrive ad una scuola per fotografi e cine operatori. In questo contesto si distingue vincendo diversi concorsi interni tra allievi, attirando l’attenzione di Giuseppe Dalla Torre, direttore de L’Osservatore Romano, che nel 1956 lo integra nella redazione, mettendolo agli ordini di Francesco Giordani. Il 9 marzo 1956, per conto del quotidiano della Santa Sede, scatta le sue prime immagini a Pio XII. Uno dei momenti che Mari racconta con ancora un po’ di vergogna, ma anche di ironia, fu quando, il 28 ottobre 1958, desideroso di ritrarre l’appena eletto Giovanni XXIII, decise di forzare i sigilli del conclave (ancora formalmente non sciolto) e si spinse fino alla Sala Regia, dove viene fermato dal cardinale camerlengo Eugène Tisserant che lo minacciò di scomunica, salvo poi perdonarlo grazie all’intervento di Roncalli.

Il Papa che ricorda con maggior affetto è Giovanni Paolo II, con lui ha stretto un rapporto di personale amicizia. Il 13 maggio 1981, a seguito dell’attentato perpetrato da Ali Agca, su indicazione della Segreteria di Stato vaticana, cede gratuitamente i propri scatti alle agenzie di stampa.

E’ stato realizzato anche un film sulla vita professionale di Mari, con la regia di Davide Lemma: “Arturo Mari – Il fotografo dei Papi, disponibile in streaming su VatiVision. Mari racconta la sua esperienza con trasporto e passione, la stessa passione che gli ha fatto scattare quasi 6 milioni di immagini fotografiche, moltissime famose che più o meno tutti abbiamo visto e tra le più famose c’è la documentazione, attimo dopo attimo, dell’attentato di Papa Giovanni Paolo II, in piazza San Pietro il 13 maggio 1981. Di quei terribili momenti, restano immagini indelebili, attraverso foto passate alla storia, dall’esplosione del primo colpo per mano del terrorista turco Alì Agca che ferisce gravemente il Papa all’addome, fino alla folle corsa dell’ambulanza al Policlinico Gemelli di Roma, preceduta dai primi convulsi soccorsi al Pontefice tramortito fatti sulla Papamobile dal segretario don Stanislao Dziwisz e dagli uomini della scorta.

“Non so nemmeno io come ho fatto a fare quelle foto. Solo una manciata di minuti di frenetici scatti fotografici che mi hanno segnato nell’animo e che non ho mai più dimenticato”.

Con Papa Francesco inizia il lavoro di Francesco Sforza, anche lui completamente dedito a seguire la vita del Pontefice e attraverso le sue immagini ha raccontato tutti i dodici anni di Bergoglio.

Tempo fa si è distinto in un gesto molto bello che vorrei raccontare: senza che nessuno glielo suggerisse, ha deciso di donare la sua macchina fotografica, una preziosa Nikon, compresa di obiettivo, scheda di memoria e caricabatterie a Daniele Ciarlantini, un ex senzatetto, ritrovatosi in situazione di disagio per eventi esterni alla sua volontà e rifugiato nei centri di aiuto ai bisognosi, ma senza dimenticare il desiderio di rifarsi una vita cercando anche solo un appiglio. Oggi Daniele fa il fotografo, grazie a quell’inizio generoso e anche all’aiuto concreto di Sforza e nei suoi primi lavori ha documentato quello che conosceva, ovvero la vita di strada a Roma, e le attività della Ronda della Solidarietà, l’associazione dei volontari che assistono i clochard, dando loro cibo, vestiti, ma anche vicinanza e affetto.

Qualche tempo prima aveva ricevuto in dono due piccole fotocamere dalla stessa associazione che poi lo ha inserito in un progetto e gli ha chiesto di scattare foto di Roma durante i suoi quotidiani spostamenti alla ricerca di un pasto caldo, di una bevanda, di un luogo dove ripararsi dalla pioggia e dal freddo, di un amico con il quale scambiare due parole. Oggi Daniele ha di nuovo un tetto e le sue fotografie sono state protagoniste della mostra “Autobiografia di strada” ospitata dall’Idi.

    “La fotografia mi realizza – racconta Daniele Ciarlantini, quando ho la macchina fotografica la sento parte di me, del mio stile di vita, e quindi mi completa. Ho iniziato a fotografare quasi per gioco, e da lì è nata una passione. La mia è fotografia da strada, per raccontare ciò che vivo per strada. Prima ero una persona che non aveva un obiettivo, uno scopo, adesso il mio obiettivo sono le fotografie che faccio vivendo la strada, comunicando ciò che è realmente la strada. E quindi mi fa sentire quasi un raccontastorie”.

    “A Roma trovare cibo non è così difficile – dice Marzia Giglioli, presidente della Ronda della Solidarietà – anche se la situazione è molto grave. Per fortuna c’è molta solidarietà, quello che manca è la vicinanza con queste persone, il loro esistere. Girarsi dall’altra parte è la nostra colpa. Quelli che vivono sulla strada hanno bisogno di diventare reali, perché sono invisibili”.

Per Daniele, ad esempio, era importante riuscire ad esprimersi, ad esistere, attraverso la fotografia, e adesso grazie a questo dono, realizza proprio questo percorso.

“Con uno scatto, da’ luce a realtà e a ciò che non vediamo. Il fotografo è un artigiano che mette le mani, mette gli occhi, ma soprattutto mette il cuore”  spiega Francesco Sforza, “Quindi per Daniele, usare la mia fotocamera  sarà un’opportunità in più. Perché chi vive la strada come la vive lui, e sa cosa significa, con un solo scatto ci può far conoscere realtà che a volte non vediamo o non vogliamo vedere. Sono convinto che farà delle ottime cose”.

Francesco Sforza e Daniele Ciarlantini

La Ronda della Solidarietà, accanto agli invisibili di Roma

La Ronda della Solidarietà è sulla strada da otto anni, e collabora con la Comunità di Sant’Egidio, Romaltruista e altre onlus romane. Ora è in contatto anche con l’Elemosineria Apostolica. Opera nel “quadrilatero d’oro” della città Eterna, tra piazza Venezia, il Pantheon, Piazza di Spagna, Fontana di Trevi e il Quirinale, tra gli invisibili, i senza fissa dimora, i clochard. Le cuoche della Ronda cucinano in casa dei primi caldi, e poi corrono con i pentoloni alla Colonna Antonina del Foro Traiano, dove dalle 20 di ogni lunedì e giovedì 70 volontari fissi, e poi altri che si aggiungono di volta in volta, distribuiscono dai 100 a i 150 pasti a sera e una quarantina di capi d’abbigliamento, su ordinazione. Ma soprattutto donano affetto e vicinanza, a chi è stato ferito dalla vita e fatica a rialzarsi.

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