Ancora poche settimane per ammirare le 70 fotografie di Guy Bourdin alla galleria Al Blu di Prussia di Napoli per presentare la moda fine anni ‘70

Guy Louis Banarès, nato a Parigi nel ’28 dove si è spento all’età di 63 anni, forse, negli anni della sua infanzia, abbandonato dalla madre ad appena un anno e adottato da Maurice Désiré Bourdin dalla quale prese il cognome e probabilmente gli interessi per le arti, mai avrebbe pensato di essere uno dei più influenti, per i colleghi che gli succederanno, ispiratori della nuova onda della fotografia di moda. Guy Bourdin, a detta di tanti, non aveva un carattere semplice, anzi, era considerato un burbero, un fotografo che trattava senza educazione e molti scrivono che tante erano le scenate delle quali erano oggetto le sue modelle. Si può pensare che questo atteggiamento fosse figlio dell’abbandono da parte della madre, certamente un atteggiamento non giustificabile, ma che aveva di contraltare una spietata e incredibile reputazione di perfezionismo per meticolosità, accuratezza, scrupolosità e attenzione che poneva nel suo lavoro, che esigeva enormi sacrifici e privazioni. Il soldato Guy Bourdin apprende i primi rudimenti sulla fotografia proprio durante il servizio militare a Dakar nelle forze aeree francesi. Una volta tornato in Patria, il cadetto è metaforicamente adottato dal grande Man Ray, che lo instrada nell’arte fotografica e dalla quale il giovane Bourdin impara, leggendo e studiando foto e quadri di famosi artisti visivi, che molte volte ha anche conosciuto come Weston, Magritte, Balthus, Buñuel, Bacon, Turner, Dalì, Delacroix, Ingres, Manet, Hitchcock dai quali si fa ispirare e diventa fonte di ispirazione per gran parte dei maggiori fotografi oggi contemporanei Mert Alas e Marcus Piggott, Jean Baptiste Mondino, Nick Knight e David LaChapelle. Guy Bourdin è stato uno dei più celebri fotografi di moda e pubblicità della seconda metà del ventesimo secolo. Condividendo con Helmut Newton l’appetito per la provocazione e la messa in scena, per la costruzione dell’immagine e la precisione nel realizzarla e proporla, Bourdin ha in più l’audacia formale e la forza narrativa che oltrepassa la fotografia pubblicitaria convenzionale incentrata esclusivamente sul capo, ma ci presenta in quasi tutte le sue opere, il contesto. Il capo d’abbigliamento, la donna, sono inseriti in forma compositiva in uno scenario ampio, sia esso naturale o architettonico. Bourdin ha lavorato per Vogue ed Harper’s Bazaar, e curato le campagne promozionali di Chanel, Issey Miyake, Emanuel Ungaro, Gianni Versace, Loewe, Pentax e Blomingdale’s.



Il grande fotografo non amava le mostre e la promozione di sé stesso, non conservava le proprie opere, ne fece nulla per preservarle. Disse no a diverse offerte di mostre, rifiutando, addirittura, allettanti proposte per la pubblicazione di libri, fermamente convinto che le sue opere fossero distrutte dopo la sua morte, non vi è riuscito, solo per il fatto che non mantenne quasi nulla del proprio lavoro per sé stesso, per cui la maggior parte è stata salvata. Il primo libro celebrativo su di lui fu Exhibit A, pubblicato dieci anni dopo la sua morte. Oggi una mostra ne celebra la figura GUY BOURDIN “A Message for you” a cura di Maria Savarese, presso la galleria Al Blu di Prussia in via Filangieri a Napoli fino al 29 Gennaio, che ci illustra un aspetto del fotografo scrivendo nella sua presentazione: “Con l’occhio di un pittore, Bourdin ha creato fotografie, con cui, raccontando affascinanti storie narranti, ha dimostrato quanto la dimensione del racconto fosse più importante del prodotto pubblicizzato, riducendolo ad un semplice “pretesto” per concentrare la sua attenzione altrove, infrangendo radicalmente le convenzioni della fotografia commerciale grazie ad un perfezionismo implacabile e un umorismo tagliente con cui metteva in scena drammi insoliti che si svolgevano in scene apparentemente quotidiane o in incontri ordinari che stimolavano l’immaginazione, sviluppando una tecnica innovativa basata sulla saturazione del colore, sull’iperrealismo e su composizioni ritagliate, su giochi di luci e ombre, e sul trucco particolare dei modelli.”
Niente era casuale, perfino l’utilizzo nel modo più fantasioso del formato della rivista a doppia diffusione, adattando le sue composizioni ai vincoli della pagina stampata sia concettualmente che graficamente:
“As always, he had the layout of his photos in mind and used the double-page spread of the magazine as yet another intriguing device; the reader opened or closed my legs with the turn of a page”.
Bourdin ha spazzato via irriverentemente tutti gli standard di bellezza, la morale convenzionale e le rappresentazioni dei prodotti in un colpo solo. Intorno al corpo femminile ha costruito interruzioni visive, l’oltraggioso, l’orribile, l’indiscreto, il brutto, il condannato, il frammentario, l’assente e la morte, tutto ciò che sta al di là dell’estetica e della morale.


In esposizione oltre 70 scatti, da ammirare anche perché stampe da diapositive, che oramai nell’era digitale, difficilmente si può rivedere, anche perché si è perso quel tipo di profondità e colore, che può apparire e sarà di sicuro anche vintage, ma è la storia della fotografia, dove per ottenere uno scatto, si doveva avere sotto controllo ogni parametro tecnico e non affidarsi alla postproduzione per correggere errori una volta irrecuperabili. Gli scatti della mostra sono selezionati tra quelli eseguiti nel periodo 1977-1980, per un excursus fra quelli realizzati per Charles Jourdan, quelli per “Vogue France”, altri per il calendario Pentax e Versace, ed infine un gruppo inedito selezionato dal suo archivio apposta per questo progetto. A completamento, una proiezione video pensata proprio per la sala cinema della galleria, costituita da undici film di moda unici, Compulsive Viewing: The Films Of Guy Bourdin, tratti da un film d’archivio registrato dal fotografo durante gli shooting nei suoi trentacinque anni di carriera, montati e presentati per la prima volta in occasione della grande retrospettiva al Victoria and Albert Museum di Londra del 2003; insieme ad altri cinque inediti, di cui uno collocabile fra il 1967 e 1981, girato per la campagna pubblicitaria per Charles Jourdan, un secondo, datato 1974, in Normandia per “Vogue France”, e altri tre, realizzati per strada a New York fra il 1957 e il 1966. A Message for You approda a Napoli, alla galleria Al Blu di Prussia su impulso della Fondazione Mannajuolo, ed alla collaborazione della Guy Bourdin Estate, dopo aver attraversato alcune fra le sedi espositive più importanti del mondo in diverse città fra New York, Pechino, Cannes, Dusseldorf, Parigi, Venezia, fino alle due più recenti italiane: nel 2009 alla Galleria Carla Sozzani di Milano, e nel 2013 a Firenze, al Museo Nazionale Alinari della Fotografia. Il progetto nato nel 2006 come una ricerca di Nicolle Meyer, sua modella e musa ispiratrice dal 1977 al 1981 e della curatrice Shelly Verthime, è divenuto in un secondo momento una pubblicazione ed una mostra.

Guy Bourdin
A Message for you
A cura di Maria Savarese
Fino al 29 gennaio 2022
Orari: martedì-venerdì 10.30-13/16-20; sabato 10.30-13
Ingresso libero contingentato in osservanza delle misure di prevenzione e controllo dell’epidemia da Covid 19 al fine di evitare gli assembramenti.

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